Maria Grazia Cutuli

Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera, uccisa in Afghanistan il 19 novembre 2001, descriveva così Kabul: “Città di spie, Kabul, messe alle costole di ogni straniero. Capitale di macerie, di mendicanti che stazionano a ogni incrocio, di bambini laceri e affamati”. Maria Grazia Cutuli si trovava lì per seguire le operazioni militari dopo la caduta del regime dei talebani in Afghanistan. Con lei c’erano anche altri tre giornalisti: l’australiano Harry Burton, l’afghano Azizullah Haidari, entrambi corrispondenti della «Reuters» e lo spagnolo Julio Fuentes del «Mundo». Due dei sospetti assassini vengono poi arrestati.

Maria Grazia Cutuli
Maria Grazia Cutuli

Maria Grazia Cutuli

Maria Grazia Cutuli nasce a Catania il 26 ottobre 1962. Capelli rossi lunghi, un fisico minuto, sofisticata, coraggiosa, testarda. Si laurea con 110/110 e lode all’Università di Catania con una tesi su Spazio e potere di Michel Foucault. La sua carriera di giornalista comincia nel 1986, nel principale quotidiano della Sicilia orientale, “La Sicilia” e conduce l’edizione serale del telegiornale dell’emittente televisiva regionale Telecolor International. Si trasferisce poi a Milano, dove inizia a lavorare per il mensile “Marie Claire”. Ottiene contratti a termine dal mensile “Centocose” e dal settimanale “Epoca”. Dopo quattro contratti a termine, nel 1999 viene assunta a tempo indeterminato alla redazione esteri del “Corriere della Sera”.

L’agguato

È il 19 novembre, sono le 5.30 del mattino. Venti giornalisti sono a bordo di otto veicoli. Il convoglio parte da Jalalabad e si dirige verso la capitale afgana. Ad aprire il convoglio, c’è una Toyota Corolla con a bordo Maria Grazia Cutuli, lo spagnolo Julio Fuentes, l’autista afgano e il traduttore. Il secondo mezzo trasporta l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari, entrambi corrispondenti della “Reters”, l’autista e l’interprete. Seguono le altre auto. Il convoglio, ad un certo punto, si frammenta, poi si spezza. Divisione che favorisce i piani degli assassini.

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Mancano tre ore di macchina da Kabul. Siamo nei pressi della città di Surobi, a circa settanta chilometri a est della capitale afgana. Poco prima di un piccolo ponte in cemento e pietra, otto uomini armati bloccano le due automobili che trasportano Fuentes, Cutuli, Burton e Haidari. I giornalisti vengono fatti scendere dalle auto e vengono obbligati ad allontanarsi dal cammino, sino nell’angolo della montagna. Maria Grazia cade a terra, colpita probabilmente da una pietra lanciata da un attentatore. Poi il commando uccide i quattro giornalisti a colpi di kalashnikov. Tutto è avvenuto in meno di cinque minuti. Uno degli assassini ruba alcuni oggetti personali della giornalista: la borsa, un paio di scarponi, un computer portatile, una radio e una macchina fotografica. Nessuna organizzazione rivendica quell’attentato.

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Il racconto di Ashuqullah, l’autista che accompagna Maria Grazia e Julio Fuentes

“Durante il viaggio l’atmosfera è rilassata. Julio dormicchia. Maria fuma e mangia pistacchi. Ci fermiamo solo una volta: lei fotografa i cammelli. Ci sono altre auto di giornalisti davanti e dietro. Ma non è una colonna organizzata, ognuno va alla velocità che preferisce. Viaggiamo circa a quaranta chilometri all’ora nella zona di Surobi. Alle 11.30, veniamo fermati da otto uomini armati. Prima sparano a Julio dal davanti, non una raffica, ma colpi singoli. Poi a Maria Grazia, infine sparano in tanti, almeno quattro mitra contro tutti…[…].”

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Serena Marotta

Serena Marotta è nata a Palermo il 25 marzo 1976. "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" è il suo primo libro. È giornalista pubblicista, laureata in Giornalismo. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia e con La Repubblica, ha curato vari uffici stampa, tra cui quello di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l'altra di musica, scrive per diversi quotidiani online ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

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