Inno di Mameli, storia del canto degli italiani
Il suo titolo è Canto degli Italiani, ma è conosciuto da tutti come Inno di Mameli. L’inno nazionale d’Italia deve la sua nascita ad uno studente ed entusiasta patriota appena ventenne di Genova, Goffredo Mameli. Il testo venne composto nel 1847 con il titolo “Fratelli d’Italia“. Fratelli d’Italia sono proprio le prime parole del testo.
Successivamente a Torino Michele Novaro, anche lui genovese, trasformò in musica le parole scritte, componendo la melodia che oggi tutti conosciamo. L’Inno di Mameli è stato realizzato in pieno clima rinascimentale, in perfetto stile patriottico.
Fu composto l’otto settembre del quarantasette, all’occasione di un primo moto di Genova per le riforme e la guardia civica; e fu ben presto l’inno d’Italia, l’inno dell’unione e dell’indipendenza, che risonò per tutte le terre e in tutti i campi di battaglia della penisola nel 1848 e 49. (Giosuè Carducci)
Approfondimento
Il contesto storico
L’Italia cominciava la dura battaglia che di lì a poco l’avrebbe condotta alla definitiva unificazione. Anche l’autore dell’Inno, Goffredo Mameli, era un giovane e fervente patriota che aveva combattuto a fianco di Garibaldi. Mameli, in uno scontro con i francesi, morì per la ferita ad una gamba, a 22 anni non ancora compiuti.
Goffredo Mameli aveva scritto la poesia che poi sarebbe diventata Inno nazionale in maniera spontanea, appassionata, ed infatti il suo componimento fu subito considerato il più adatto a rappresentare l’Italia del Rinascimento. Fervente e avida di libertà.
Una versione poco convincente
Proprio perché scritta di getto, la poesia “Fratelli d’Italia” del giovane Mameli presentava però alcune lacune stilistiche e dei limiti “artistici”. Per questo il patriota Giuseppe Mazzini, nel 1848, chiese a Mameli di scrivere una nuova composizione, che sarebbe stata completata con la musica di Giuseppe Verdi. Il risultato, però, fu davvero poco convincente, sia nel testo che nella musica. Così si ritornò alla versione originaria, che da allora non fu più modificata.
L’Inno di Mameli durante il Fascismo
Negli anni del Fascismo Il canto degli italiani fu messo un po’ da parte. Esso simboleggiava l’Italia risorgimentale, ed i fascisti preferivano che si intonassero le marce da loro realizzate.
L’ufficialità dell’Inno d’Italia
Il 12 ottobre 1946 l’inno di Mameli fu dichiarato ufficialmente Inno nazionale della Repubblica italiana. Da allora, curiosamente, per quanto la melodia sia ormai famosa e apprezzata in tutto il mondo, l’inno “Fratelli d’Italia” è considerato provvisorio.
Da quel giorno sono stati tanti i tentativi di trovare un altro inno che sostituisse quello di Mameli, poiché molti ritenevano che la musica non fosse granché e che il testo avrebbe potuto infastidire il Pontefice (sembra infatti che l’autore non nutrisse molta simpatia per il Vaticano).
Mentre durante il fascismo l’inno di Mameli era stato snobbato, i partiti di destra cominciarono ad apprezzarlo e a considerarlo un simbolo della Patria, quelli di sinistra invece non lo consideravano con favore.
“Fratelli d’Italia” negli anni ’90
Quando negli anni Novanta sulla scena politica italiana fece irruzione il partito della Lega Nord, capeggiato da Umberto Bossi, qualcuno propose di eliminare l’inno nazionale e metterci al suo posto il coro “Va, pensiero“, del “Nabucco” di Giuseppe Verdi. La sinistra, per tutta risposta, cominciò a rivalutare l’Inno di Mameli (forse per fare un dispetto a Bossi e compagni) e a cantarlo durante le manifestazioni sindacali e politiche.
Per rendere l’inno più piacevole dal punto di vista musicale, intervenne l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che affidò l’inno ad alcuni insigni musicisti, che lo diressero in modo a dir poco magistrale.
Nel 2000, quando Silvio Berlusconi era al potere, un consigliere appartenente a Forza Italia ebbe addirittura la geniale idea di proporre l’eliminazione dell’inno nazionale per farne uno personale a Berlusconi!
L’inno nazionale e gli italiani
La storia dell’inno nazionale è stata sempre alquanto controversa, tra chi ravvisa la necessità di cambiarlo e chi sostiene che gli stessi italiani non lo conoscono come dovrebbero. Ad esempio, ha fatto scalpore che, in occasione di competizioni importanti nel 1994 (quando l’Italia giocò la finale mondiale di calcio contro il Brasile), ma anche più tardi, nel 2002, i giocatori della Nazionale italiana non hanno cantato l’inno di Mameli (forse perché non era di loro gradimento, oppure perché non conoscevano il testo).
Proprio per far sì che l’inno diventasse conosciuto da tutti, tempo fa è stata presentata la proposta di rendere obbligatorio il suo insegnamento nelle ore scolastiche di educazione musicale.
Una cosa è certa: se anche l’inno nazionale non è musicalmente perfetto e il testo presenta qualche difetto stilistico, è innegabile che l’autore Goffredo Mameli fosse giovane e appassionato. Una buona ragione per apprezzarlo e cantarlo nelle varie occasioni in nome di un’Italia che, non dimentichiamolo, ha lottato per raggiungere l’unità.
Canto degli italiani
Testo completo dell’Inno nazionale d’Italia, composto da Goffredo Mameli:
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!
Noi fummo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popoli, perché siam divisi. Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!
Uniamoci, uniamoci, l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore. Giuriamo far libero il suolo natio: uniti, per Dio, chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!
Dall’Alpe a Sicilia, Dovunque è Legnano; Ogn’uom di Ferruccio ha il core e la mano; i bimbi d’Italia si chiaman Balilla; Il suon d’ogni squilla I vespri suonò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!
Son giunchi che piegano le spade vendute; già l’Aquila d’Austria le Penne ha perdute. Il sangue d’Italia e il Sangue Polacco bevè col Cosacco, ma il Cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!