Il Massacro di Monaco

La strage di Monaco fu un atto terroristico fra i più efferati della storia recente. Avvenne durante le Olimpiadi di Monaco del 1972 e portò alla morte di 17 persone. Ebbe, inoltre, conseguenze politiche e militari che coinvolsero uomini e mezzi del governo palestinese e del governo israeliano. In particolare i servizi segreti israeliani vennero coinvolti in diverse operazioni segrete per vendicare la morte di 11 atleti di origine ebraica che persero la vita durante l’attacco terroristico. Questa operazione fu raccontata anche nel film di Steven Spielberg, “Munich” (2006).

Il massacro di Monaco alle Olimpiadi del 1972 - atto terroristico ad opera di palestinesi

L’idea dell’attentato avvenne durante l’incontro di tre palestinesi: due alti dirigenti di Al Fatah, Abu Dawud e Salah Khalaf, e un esponente importante dell’organizzazione Settembre Nero, Abu Muhammad, a Roma. Era il 15 luglio 1972 e le Olimpiadi dovevano iniziare il 26 agosto 1972 quindi non c’era molto tempo. Decisero in fretta come reclutare la squadra che avrebbe portato a compimento un’azione militare il cui scopo principale era attirare l’attenzione sulla causa palestinese.

Una parte dei componenti il commando provenivano da Chatila, un campo profughi palestinese tristemente famoso perché fu oggetto nel 1982  di un attacco da parte delle milizie cristiano-libanesi con il permesso dell’esercito israeliano e che provocò la morte di diverse centinaia di persone. Altri due componenti avevano lavorato nella cittadella olimpica svolgendo mansioni di cuoco e di ingegnere.

I componenti erano:

1 ) Luttif Afif , leader del gruppo e suo portavoce, fu lui ad aver lavorato come ingegnere nel villaggio olimpico.

2 ) Yusuf Nazzal, fu lui a lavorare come cuoco nel villaggio.

3 ) Afif Ahmed Hamid.

4 ) Khalid Jawad “Salah”.

5 ) Ahmed Chic Thaa.

6 ) Mohammed Safady.

7 ) Adnan al-Gashey.

8 ) Jamal al-Gashey.

Nessuno conosceva lo scopo della missione. Furono tutti addestrati in Libia e poi si ritrovarono in Germania, dopo aver viaggiato a coppie e da località di provenienza diverse. La sera dell’operazione vennero a conoscenza dei dettagli.

Gli esponenti dell’OLP pare sapessero che ci sarebbe stato un attentato alle olimpiadi di monaco e approverono la scelta ma non è stato mai chiarito fino in fondo il loro ruolo  e in particolare quale fu la posizione di Arafat. Fu Abu Dawud a fare la prima ricognizione nel villaggio olimpico il 17 luglio, dove poté stimare l’operatività logistica e le possibili strategie alternative nel caso in cui il piano non si fosse realizzato in prima battuta.

Ritornò il 7 agosto accompagnato da Nazzal e poi il 24 agosto riuscì ad entrare superando i controlli della sicurezza con una certa facilità e si diresse verso gli appartamenti delle delegazioni del Sudan e dell’Arabia Saudita. Siccome le planimetrie degli appartamenti olimpionici erano tutte uguali, poté facilmente orientarsi e strutturare meglio il piano d’attacco. Il 26 agosto riuscì, ancora con Nazzal e una donna siriana loro complice, a  penetrare nella palazzina israeliana e a compiere un sopralluogo definitivo sulla posizione degli appartamenti e delle stanze che ospitavano gli atleti che rappresentavano lo Stato di Israele.

Il 4 settembre, dopo una breve riunione nel ristorante della stazione centrale di Monaco, il commando era formalmente pronto per un’azione che avrebbe dovuto consistere in  un rapimento degli atleti israeliani e non, come purtroppo avvenne, in un massacro assurdo e indiscriminato.

Alle 4,00 del mattino il comando si dirige verso la palazzina degli atleti israeliani e senza troppe difficoltà, anzi con l’aiuto involontario di alcuni atleti statunitensi, riesce ad entrare nel villaggio e a raggiungere gli alloggi degli atleti. Verso le 4 e 30 il gruppo terrorista apre una delle porte dell’alloggio comune ma viene bloccato da Yossef Gutfreund, un arbitro di lotta greco romana, che appena vede le armi si avventa contro la porta per trattenere i palestinesi e ci riesce per pochi secondi, poi i terroristi sfondano la porta e cominciano a rastrellare gli appartamenti. In breve prendono prigionieri:

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Amitzur Shapira,  un allenatore di atletica leggera.

Kehat Shorr, allenatore di tiro a segno.

Yakov Springer, giudice di sollevamento pesi.

André Spitzer, allenatore di scherma.

Uno dei terroristi entra nella stanza di Moshe Weinberg, un allenatore di lotta greco-romana, il quale afferra un coltello da cucina per ferirlo ma non ci riesce e un altro terrorista gli spara in faccia colpendogli entrambe le guance. E’ ferito ma vivo.

Alcuni terroristi si spostano in velocità verso il secondo gruppo di appartamenti e  conducono con loro Weinberg.  Riescono a catturarli quasi tutti:

David Berger, pesista

Yossef  Romano, specializzato nel sollevamento pesi

Mark Slavin, lottatore

Ze’ev Friedman, pesista

Eliezer Halfin, lottatore.

Un altro pesista, Gad Tsobari, riesce a fuggire dalla finestra del suo alloggio e ad evitare la scarica di un mitragliatore prima di mettersi in salvo. A questo punto alla polizia sono state già segnalate le effrazioni e i colpi di arma da fuoco e diverse pattuglie si sono dirette al villaggio.

Weinberg allora tenta il tutto per tutto e spacca la bocca a uno dei palestinesi, Badran, e per questo viene ucciso all’istante. Anche Romano tenta  un’azione individuale prendendo un fucile ma muore all’istante trapassato da una raffica di mitra.

Alle 5,00 di mattina iniziano le trattative. I terroristi fanno sapere le loro richieste attraverso due fogli di carta: chiedono la liberazione di 234 detenuti nelle carceri israeliani e due terroristi tedeschi, Andreas Baader e Ulrike Meinhof. L’ultimatum scade alle 9,00 del mattino.

Nel frattempo il cancelliere tedesco Willy Brandt si era messo in comunicazione con il primo ministro israeliano Golda Meir, la quale si oppone a qualsiasi tipo di trattativa e offre solo l’invio di una squadra speciale per effettuare un blitz. La Germania rifiuta e inizia una trattativa con i terroristi che rimandano l’ultimatum di ora in ora senza uccidere nessuno ma al solo scopo di prolungare l’attenzione dei mass media sul loro gesto.

Dopo un tentativo, annullato, della polizia tedesca di penetrare negli alloggi israeliani i terroristi chiedono un aereo per trasferirsi al Cairo. Un pulmino e due elicotteri li avrebbero dovuti trasportare all’aeroporto. L’Egitto rifiuta in segreto di accoglierli e i tedeschi sono costretti a tentare un blitz in totale autonomia. Trasportano terroristi e ostaggi all’aeroporto e tentano un attacco che non ha alcun senso. Mancavano, infatti, i cecchini dotati di attrezzatura adeguata, un numero sufficiente di uomini addestrati capaci di intervenire in modo chirurgico per colpire solo i terroristi e preservare le vite degli ostaggi, e una professionalità da parte delle forze di sicurezza sufficiente a colpire e ad eseguire un piano che poteva incontrare imprevisti e ostacoli.

E, infatti, il risultato è una catastrofe quando i terroristi si accorgono che l’aereo è una trappola. Uccidono tutti gli ostaggi che si trovano nei due elicotteri. La polizia risponde al fuoco e uccide quasi tutti i palestinesi; ne rimangono vivi solo tre che in seguito sono catturati e arrestati. Tutto si è svolto in meno di 24 ore e all’ 1,00 di notte del giorno successivo è tutto finito.

La mattina dopo viene organizzata una cerimonia commemorativa all’interno dello Stadio Olimpico. Iniziano da subito le polemiche contro il sistema di sicurezza organizzato dalla polizia e l’impreparazione delle squadre speciali tedesche nel contrastare un attacco di questo tipo. In seguito i tre terroristi riescono ad ottenere la libertà grazie ad uno scambio con dei cittadini tedeschi rapiti su un volo Lufthansa dirottato il 29 ottobre fra Beirut e Ankara. A questo punto, in totale segretezza, il Governo israeliano decide di organizzare una squadra di militari e agenti del Mossad con lo scopo di trovare e uccidere sia i mandanti, sia coloro che avevano partecipato al massacro di Monaco.

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Fulvio Caporale

Fulvio Caporale è nato a Padova e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche svolge la professione di consulente editoriale e pubblicitario. Collabora con case editrici e giornali cartacei e online occupandosi di libri, arte ed eventi culturali. Ha tradotto testi letterari e tecnici dallo spagnolo, dal portoghese, dall'inglese e dal catalano.

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