Golconda, opera di Magritte: descrizione, analisi e significato
Golconda è stato dipinto nel 1953 da René Magritte. Nel quadro sono raffigurati numerosi uomini in bombetta che cadono fra i palazzi di una città.
Approfondimento
Golconda: descrizione
Potrebbe essere un sobborgo di Bruxelles, dove il pittore ha vissuto. Il cielo è terso e gli uomini, diversi fra loro solo nel volto, perché indossano tutti gli stessi abiti:
- bombetta,
- cappotto nero,
- ombrello,
- scarpe nere.
È la divisa comune di banchieri e uomini d’affari. A volte sono dipinti di fronte altre volte di lato e cadono in posizione retta e composta.
E’ in realtà difficile stabilire se stanno cadendo o se si stanno alzando da terra diretti verso il cielo.
Storia, analisi e intepretazione
Il nome del quadro fu suggerito a Magritte dal suo amico Louis Scutenaire. Il nome Golconda probabilmente si riferisce all’omonima città indiana, dove hanno avuto sede due regni molto ricchi che hanno esercitato il loro potere dal quattordicesimo al diciassettesimo secolo (ne abbiamo parlato in un articolo sul Koh-i-Noor).
Magritte era un esponente del Surrealismo la cui ricerca pittorica cercava di produrre effetti visivi sconcertanti. La tecnica utilizzata era quella di inserire oggetti comuni all’interno di contesti inusuali.
La ricerca del significato del quadro ha avuto diverse correnti di pensiero, spesso respinte dallo stesso autore. Ad esempio c’è quella che considerava gli uomini in bombetta una metafora dei banchieri e la scelta del titolo Golconda, città ricca e opulenta, una indiretta critica al capitalismo.
Legandoli fra loro, questi due elementi, diventavano un manifesto politico. Caduta questa interpretazione ce ne sono altre che lavorano anche sull’inconscio; ma il vero significato rimane un mistero, lasciando, come è giusto che sia, una pura esperienza visiva a chi guarda il dipinto.
Il simbolo della bombetta ricorre in diversi quadri di René Magritte; si veda anche ad esempio l’articolo di approfondimento sul spinto Le Grande Siècle.
Una curiosità: Golconda di Dylan Dog
L’albo mensile N. 41 del noto fumetto Dylan Dog, pubblicato la prima volta nel febbraio del 1990, è intitolato “Golconda!” e la sua copertina è un chiaro richiamo alla famosa opera di Magritte.
Un’altra analisi
Si tratta di uno dei quadri più conosciuti di Magritte è Golconda. È un’opera meravigliosamente impersonale che non dimostra nulla. Proprio per questo ha suscitato tantissime interpretazioni.
Tutto nel dipinto è neutrale e standardizzato: il cielo, le case, e gli uomini in bombetta che sembrano collocati in uno spazio preciso, come pezzi di una scacchiera; le loro posizioni ricordano una carta da parati che viene sospesa su una parete invisibile.
Gli elementi del dipinto non suscitano alcuna emozione e la loro impersonalità potrebbe rappresentare un incubo o un sogno.
Alcuni hanno visto nel quadro una critica alle utopie che vorrebbero rendere le persone uguali in un contesto di uguaglianza standardizzato; un’utopia che è stata realizzata nei modi più perversi, ma proprio questa mancanza di unicità rende il dipinto ricco di suggestioni.
Altri hanno ragionato sull’impersonalità degli elementi e sul fatto però che gli uomini, benché uguali, hanno dei volti differenti e dunque che la loro uguaglianza abbia anche un’imperfezione di unicità. Altri ancora hanno speculato sugli elementi che lo compongono.
Di fatto sono interpretazioni infinite che dimostrano come Magritte sia un maestro di quel Surrealismo minimalista che dietro a qualcosa potrebbe nascondere qualcos’altro, oppure nulla.
Sicuramente l’idea che ci sia una critica alla ripetitività e ad un’apparente uguaglianza utopistica potrebbe avere senso, benché il dipinto sembri anche un trucco proprio per ragionare su questo concetto.
Il dipinto Golconda è, però, anche un esempio di quella semplicità inquietante che non lascia spazio a speranze o a inutili certezze.
È, insomma, un mondo o un universo su cui riflettere.
D’altra parte, da quando il dipinto è stato reso pubblico è stato anche utilizzato in molte copertine (come quella citata di Dylan Dog), proprio per raccontare ciò che il dipinto non racconta e all’infinito la ricerca di una sua interpretazione che non si trova. Un bandolo della matassa che Magritte per tutta la sua carriera ha costruito per i suoi critici e i suoi delatori.
Dati tecnici
Titolo: Golconda Anno: 1953
Tecnica: Olio su tela
Misure: 80,7 x 100,6 cm
Ubicazione: The Menil Collection, Houston (Texas, USA)