La crisi Ucraina del 2013: cause e sviluppi
La crisi ucraina è iniziata il 21 novembre del 2013 quando il governo, con a capo il presidente Viktor Yanukovich, ha deciso di non firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Questa decisione, presa dopo un incontro a Mosca con il presidente Vladimir Putin, ha di fatto riportato l’Ucraina sotto l’influenza della Russia, scatenando le proteste dei cittadini ucraini favorevoli all’entrata del loro paese nell’Unione Europea.
I cittadini contrari alla decisione del loro governo si sono riversati nelle strade della capitale Kiev, manifestando con vigore e determinazione il loro dissenso. Le proteste, all’inizio pacifiche, si sono ben presto trasformate in atti di reiterata violenza. Le forze dell’ordine si sono scontrate con i manifestanti in più occasioni, attirando l’attenzione dei media e delle diplomazie internazionali.
Il primo scontro è avvenuto il 30 novembre e ha provocato l’arresto di 35 persone. Di fronte ad un intervento così massiccio delle forze dell’ordine, i manifestanti si sono moltiplicati e il 1° dicembre centinaia di persone si sono riversate per le strade di Kiev, dando inizio ad una crisi senza precedenti per l’Ucraina.
Il ricordo va al 2004, quando la rivoluzione arancione stravolse il paese. La Russia, oggetto di critiche e preoccupazioni da parte delle opposizioni, che ritenevano che solo un aiuto da parte dell’Unione europea avrebbe salvato il paese da un default economico, decise di proporre un accordo di carattere economico all’Ucraina, grazie al quale avrebbe comprato titoli di stato ucraini per un valore di 15 miliardi di dollari; inoltre dal 2014 avrebbe venduto il gas russo allo stato ucraino con uno sconto pari al 30% del prezzo abituale.
L’aiuto economico offerto dalla Russia di Putin è giunto al governo e al presidente ucraino perché apparentemente, avrebbe potuto placare le proteste. Ma la pace è durata poco; dopo la decisione del governo di introdurre una serie di misure che avrebbero limitato la libertà di manifestare liberamente, la piazza si è infiammata di nuovo.
Il 22 gennaio 2014 sono sorte molte proteste a Kiev e in altre città dell’Ucraina. Il governo ha reagito con il pugno duro: sono morte quattro persone e si sono contate decine di feriti. Il presidente Yanukovich ha compreso la gravità della situazione e ha considerato l’opposizione politica meglio organizzata e determinata di quello che si poteva pensare all’inizio delle proteste. Il 23 gennaio i leader dell’opposizione (Vitali Klitschko sostenitore della UE, Arseniy Yatsenyuk ex ministro degli esteri e uomo molto vicino a Yulia Tymoshenko, ex presidente dell’Ucraina, Oleh Tiahnybok leader dell’estrema destra) hanno incontrato il presidente e deciso di accettare una tregua.
La tregua tuttavia dura poco e malgrado il presidente Yanukovich decida di conferire l’incarico di premier ad un membro dell’opposizione, gli scontri continuano. A questo punto il primo ministro Mikola Azarov si dimette e insieme a lui tutto il governo lascia il potere nelle mani degli oppositori.
Il Parlamento approva un’amnistia per gli oppositori che si trovano in carcere ma gli scontri proseguono fino a raggiungere un punto di non ritorno, che costringe la UE ad intervenire duramente: il 18, 19 e 20 febbraio 2014 la polizia spara sui manifestanti e il bilancio dei morti è terribile, si parla di 148 morti e centinaia di feriti.
Kiev sembra travolta da una rivoluzione: edifici in fiamme, cadaveri per le strade, manifestanti e poliziotti che si scontrano in assetto di guerra. Il presidente Yanukovich lascia Kiev e viene destituito dal Parlamento.
Yulia Timoshenko viene scarcerata e presidente dell’organo legislativo viene nominato Oleksandr Turcinov, braccio destro della Timoshenko. La crisi Ucraina sembra così volgere al termine: il paese torna alla normalità e si apre un nuovo capitolo della sua storia. Il primo atto democratico della nuova fase storica e politica sono proprio le nuove elezioni che vengono subito indette.