Alla luna: analisi della poesia di Leopardi
“Alla luna” è uno dei piccoli idilli di Giacomo Leopardi. Scritto probabilmente nel 1819, in origine si intitolava “La ricordanza”, utilizzata poi al plurale per intitolare uno dei grandi idilli: “Le ricordanze”.
Analisi del testo
Dopo un anno il poeta guarda di nuovo la luna, che rischiara la selva del monte Tabor o colle dell’Infinito. Come un anno prima la luna compariva velata e tremula agli occhi di lui, pieni di lacrime, così gli compare anche adesso, perché nulla è cambiato nella sua vita, che continua ad essere travagliata e che gli riempie ancora gli occhi di lacrime.
Quando si è nell’età giovanile, dice il poeta, la memoria ha poco spazio dietro di sé e la speranza, invece, ha davanti a sé un lungo cammino, questo perché le illusioni sono ancora vive e vere, quindi è piacevole il ricordo del passato, anche se esso fu triste e se il presente è doloroso. Il tema dell’idillio è la dolcezza, che si prova rievocando il passato, anche se è doloroso, perché se ne evocano tutte le illusioni.
In “Alla luna” troviamo realizzata la poetica della memoria, già utilizzata ed elaborata dal Leopardi attraverso i pensieri sparsi dello “Zibaldone”. Nella poesia “Alla luna” troviamo il tema del ricordo. Il presente dà il via al ricordo del tempo passato. Tra i due momenti non c’è frattura: è passato un anno ma non è cambiato niente, il dolore è sempre lo stesso. Tutto questo è espresso nel v. 9, che esprime questo rapporto passato/presente con i due verbi “era” ed “è“. Il poeta affida ad una “graziosa luna” le essenze del suo animo.
Il Leopardi dei piccoli idilli, ed in questo caso di “Alla Luna”, si rifugia sul monte Tabor, che gli dà la percezione dell’Infinito, per lasciarsi andare al ricordo del tempo nel quale era convinto che il domani sarebbe stato migliore. Nell’immaginario del poeta, la luna è una donna graziosa che allevia il pianto umano, compare per rischiarare la selva, e per ridare agli occhi del poeta, che sono velati dal pianto, nuovo vigore. Non è solo una predilezione per i notturni lunari, ma un desiderio di affetto. Nell’opera leopardiana c’è un’immagine di donna che vuole essere madre, simboleggiata dalla luna.
Alla luna
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, né cangia stile,
0 mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri.