Suprematismo
L’arte astratta sarebbe superiore a quella figurativa: questo è il concetto che sta alla base del Suprematismo, il movimento artistico russo creato nel 1913 dal pittore Kazimir Malevich che fu poi da lui stesso teorizzato – insieme al poeta Vladimir Majakovskij – in un Manifesto, due anni più tardi.
L’ineffabilità del cambiamento coinvolse e strattonò l’incontestabile, rinnovando e portando al livello della coscienza gli aspetti camaleontici della concezione artistica, in quel mordente di essenzialità e assoluto che rese l’artista cultore di un mezzo artistico nuovo, consapevole e lontano dai filtri del virtuosismo estetico. Riconoscere il valore delle avanguardie, individuare nell’innovazione i precedenti di un pensiero antico, rende il progresso estremamente difficile da apprezzare, soprattutto nell’ottica di una visione spoglia di artefatti e che si priva delle sinuose forme del corpo umano, delle sfumature evocative di un paesaggio per lasciare spazio alla sostanzialità del quadrato o del cerchio.
“Il quadrato nero sullo sfondo bianco è stato la prima forma di espressione della sensibilità non oggettiva: quadrato = sensibilità, fondo bianco = il Nulla, ciò che è fuori dalla sensibilità.
Eppure la grande maggioranza della gente ha considerato l’assenza di oggetti come la fine dell’arte e non ha riconosciuto il fatto immediato della sensibilità divenuta forma.”
Le avanguardie portarono in sé il seme di un sentimento nuovo, spoglio di ogni superflua visione raffigurativa: si scoprì la preziosità di un’arte senza compromessi, di un’arte fine a se stessa.
I punti cardine del movimento artistico russo, guidato dal pittore Kazimir Malevič (1878 – 1935), furono teorizzati e pubblicati sul “Manifesto del suprematismo“, cui seguì la stesura del saggio “Il suprematismo, ovvero il mondo della non rappresentazione” (1915), redatto in collaborazione con il poeta e drammaturgo sovietico Vladímir Vladímirovič Majakóvskij (1893 – 1930).
Il suprematismo valicò i confini di un’arte oggettiva, rappresentativa e legata al nesso fittizio quanto illusorio che attribuisce all’arte uno scopo, sia questo politico o religioso.
Il “Manifesto del suprematismo”: le idee
Il “Manifesto del suprematismo” di Kazimir Malevič, risalente al 1915, deve la sua forma letteraria alla collaborazione con Vladímir Vladímirovič Majakóvskij, la cui unione di menti e intenti corroborò la forza suprematista con la pubblicazione a Pietroburgo del saggio “Il suprematismo, ovvero il mondo della non rappresentazione” (1920).
Il suprematista riconosce il primato della sensibilità nelle arti figurative: la rappresentazione figurata di un fenomeno, per quanto oggettiva e affine a ciò che i sensi producono, non è arte, poiché la sensibilità è del tutto svincolata dall’ambiente da cui ha origine.
La “concretizzazione della sensibilità”, ovvero la resa figurata e concreta di un moto sensibile e insito nell’ispirazione, non esiste e nella tangibilità si traduce in una “concretizzazione del riflesso della sensibilità mediate una rappresentazione naturale”, fittizia e fallace.
Il rifiuto della “non – arte”, dell’oggettività del mezzo rappresentativo, si traduce nell’egemonia di una predilezione verso la “non – oggettività”, fruibile grazie all’uso di uno strumento espressivo capace di dar piena voce alla sensibilità, e come tale alieno all’oggettività concreta: “l’artista ha gettato via le idee, i concetti e le rappresentazioni, per dare ascolto solo alla sensibilità“, quale adesione indispensabile per approdare alla forma massima di suprematismo, abbandonando,dunque, la zavorra dell’amatissima realtà.
Malevich attribuisce esclusivamente un merito dialettico al consacrato naturalismo accademico, al naturalismo degli impressionisti, al cezannismo e, infine, al cubismo, che al di la dell’alto valore artistico non contribuirono affatto alla definizione di un “valore specifico dell’opera d’arte“.
L’intuizione suprematista, nella complessità delle sue innumerevoli rinunce, ospitò la grandezza di una necessità nuova, attenta all’intima naturale dell’arte e a quel riconoscimento quasi sacro e puramente ideale di una natura sensibile che si esprime con l’uso delle forme geometrica assolute, con l’uso di colori accesi e netti.
Curiosa appare l’osservazione del Malevič sul virtuosismo quale arma invincibile per sedurre lo spettatore, che del tutto inconsapevole della sensibilità ispiratrice insita nell’opera d’arte si limita ad osservarne la riproduzione emulatrice delle “innumerevoli cose”.
La rinascita, l’approdo verso un’arte libera dai contorni opprimenti della rappresentazione figurativa risultò difficoltosa, complessa nell’ordine di un cammino che partendo dallo spirito deve con dolore dirigersi dal pennello alla tela.
La rinuncia, la sottomissione alla pura sensibilità furono mal criticate dai contemporanei, riconoscendo nella scelta suprematista il successo nichilista, lo smembramento di un complesso sistema che nella storia dell’arte si era evoluto verso forme di maggior complessità, sfidando la natura mediante l’emulazione e grazie all’uso di tecniche complesse e nel continuo esercizio pratico, fino al raggiungimento di una maturità orientata verso figure articolate e numerosissime.
Lo spirito dell’arte, quello puro e nativo di ogni fervore interiore,rinnega – nell’assolutismo suprematista – ogni volontà d’asservimento: l’arte non è più riconosciuta come strumento narrante costumi, storia e miracolose vicende religiose; la purezza dello strumento artistico rinnega la “cosa”, affermandosi “in sé per sé”, ribellandosi alla “dittatura” della rappresentazione storica, priva di sensibilità e ridondante di concetti.
“L’invenzione dell’aeroplano ha origine dalla sensazione della velocità, del volo, che ha cercato di assumere una forma,una figura: l’aeroplano infatti non è stato costruito per il trasporto di lettere commerciali tra Berlino e Mosca, ma per obbedire all’impulso della percezione della velocità.”
Il tentativo di diffondere una nuova sensibilità spinse Malevič ad intraprendere incarichi di riguardo presso varie accademie e istituti di cultura russa,in quella pressante convinzione di rimodernare in senso suprematista lo Stato sovietico.
Il turbine avanguardista condusse il pittore russo al carcere in epoca staliniana, ma le sue intuizioni intellettuali influenzarono consistentemente le principali avanguardie europee degli anni Venti, come avvenne per la Bauhaus e il Der Stijl.
Note Bibliografiche
M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del ‘900, Feltrinelli, Milano, 2005