Il giornalismo nell’età del Risorgimento
Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, le potenze vincitrici (Inghilterra, Austria, Prussia e Russia) si riuniscono a Vienna per stabilire il nuovo assetto politico dell’Europa. Il Congresso di Vienna si apre il 4 ottobre 1814 e termina il 9 giugno 1815. L’Austria ottiene i territori della ex Repubblica di Venezia e l’egemonia su tutta l’Italia centro-settentrionale, mentre il Regno di Sardegna viene incorporato con la Savoia e Genova.
Durante il periodo della Restaurazione, sino alla promulgazione degli editti del 1847-48, in Italia non esiste un giornalismo politico. Nelle capitali e nei maggiori centri urbani di ogni Stato, i sovrani e i governi restaurati fanno uscire un foglio ufficiale “privilegiato”, intitolato “Gazzetta”, dove vengono pubblicate le leggi e gli altri atti di governo, un notiziario arido e manipolato. Se escono altri periodici non possono occuparsi di politica.
Milano conferma il suo ruolo di capitale culturale e giornalistica, anche se il panorama giornalistico si presenta pieno di ombre. Le cose vanno meglio per i periodici di varietà (Corriere delle Dame), agevolati dalle illustrazioni. Il foglio ufficiale del Lombardo-Veneto è la “Gazzetta di Milano” compilata da Francesco Pezzi. È un foglio arido ma diffuso, perché tutti i comuni devono abbonarsi. La più interessante novità milanese è un mensile promosso dagli austriaci nel 1816 “La Biblioteca italiana”, d’impronta classicista: lo scopo degli austriaci è quello di accattivarsi simpatie nel mondo intellettuale.
Nel 1818 nasce il “Conciliatore” promosso da una cerchia di giovani romantici tra cui Silvio Pellico e Giovanni Berchet, d’impronta liberale. Il foglio azzurro suscita la reazione della “Biblioteca italiana” e, dopo un’intimazione a Pellico, la società del “Conciliatore” decide di chiudere.
Peggiore è la situazione nello Stato Sardo, che include Genova, e in quello Pontificio, dove domina la censura ecclesiastica. Tuttavia, la situazione cambia con i moti carbonari del 1820-21. I nuclei carbonari delle Romagne e del Napoletano riescono a fare circolare dei fogli clandestini, stampati artigianalmente o addirittura manoscritti, in cui proclamano guerra ai preti e al potere temporale del papa e chiedono libertà e unità sotto una monarchia costituzionale.
A Firenze, nel 1821, nasce “L’Antologia”, giornale di scienze, lettere ed arti. Il suo fondatore è Gian Pietro Vieusseaux, ricco mercante e uomo colto, a cui collabora Mazzini. Anche a Genova si manifesta un certo risveglio con il “Corriere mercantile” fondato dal commerciante Luigi Pellas. Si tratta di un bisettimanale di notizie sui mercati e sul movimento del porto. Sul piano politico un’autentica novità è “L’Indicatore genovese”, nato nel 1828, al quale Mazzini e i suoi amici conferiscono accenti polemici verso i conservatori e i reazionari. Succede però che, dopo un anno, il foglio viene interdetto dalle autorità, così Mazzini collabora con “L’Indicatore livornese”, fondato nel 1829 da Guerrazzi.
Si verifica una nuova stretta di freni in vari Stati italiani per la stampa. Tra le vittime di questa nuova situazione c’è “L’Antologia”, che il granduca di Toscana fa sopprimere. Nel regno sardo, dove nel 1831 è salito al trono Carlo Alberto, aumentano le censure. Mazzini, che nel 1830 aderisce alla Carboneria, nel novembre del 1830 viene arrestato e costretto all’esilio, a Marsiglia, nel 1831 fonda “La Giovane Italia”, un’organizzazione rivoluzionaria segreta dotata di un programma unitario e repubblicano, nonché una rivista con lo stesso nome, con la quale egli vuole educare il popolo agli ideali di unità, indipendenza e repubblica.
A Torino, lo stesso Carlo Alberto decide la trasformazione della “Gazzetta piemontese” da trisettimanale a quotidiano, il direttore è Felice Romani, ma la vera novità è quella del tipografo-editore Giuseppe Pomba, che chiede al sovrano di poter introdurre a Torino la macchina da stampa a doppio cilindro mossa dal vapore. Il periodico di Pomba più significativo è il “Teatro Universale”, una raccolta enciclopedica e scenografica ed ogni fascicolo è composto da 16 pagine di un formato simile al tabloid.
Nel 1847, Pio IX emana un editto che apre soltanto uno spiraglio, perché si limita a semplificare le procedure censorie, affidandole a uomini più tolleranti. Dopo quasi due mesi, anche il granduca di Toscana promulga un editto analogo e nel frattempo Carlo Alberto accoglie le richieste dei riformatori e allenta le maglie della censura civile, abolisce quella ecclesiastica sulla pubblicistica che non riguarda la religione. Il risultato di questa nuova apertura è la nascita di due quotidiani: “Il Risorgimento”, d’impronta moderata, organizzato da Cavour e l’altro è la “Concordia” (democratico), creato da Valerio.
I moti e le agitazioni che scuotono il regno delle Due Sicilie costringono Ferdinando II a concedere la costituzione. Sull’esempio del re Ferdinando II, il granduca di Toscana, il re di Sardegna e il Papa concedono gli statuti ai loro sudditi. Nel 1848 viene promulgato Lo Statuto Albertino e L’Editto sulla Stampa, norme che hanno un’importanza basilare nelle vicende della stampa, in quanto resteranno in vigore, con lievi modifiche, anche dopo l’unità d’Italia.
Nel clima della guerra d’Indipendenza (il 23 marzo 1848, Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria) compare a Torino “La Gazzetta del Popolo”, creata da Giovan Battista Bottero; d’impronta liberale, contiene le principali notizie del mattino e viene distribuita tutti i giorni a un’ora precisa, rivolgendosi a un pubblico popolare.
Napoli e Palermo battono il primato per il numero di testate apparse nel biennio rivoluzionario, con più di 130 a Napoli e 140 a Palermo.
Dopo la sconfitta di Novara, che vede i piemontesi sconfitti dagli austriaci, l’assolutismo ricade su tutti gli Stati italiani, ad eccezione del regno sardo. A Torino e a Genova resta una libertà di stampa abbastanza ampia. Molti patrioti di ogni parte d’Italia si rifugiano a Torino, dove si sta affermando l’egemonia liberale di Cavour. E ancora a Torino, nel corso del 1854, escono 13 quotidiani. Tra questi, i più diffusi sono: la “Gazzetta del Popolo” e “L’Opinione”, entrambi di sostegno a Cavour.
Nel 1852 Cavour, dopo le dimissioni del ministero D’Azeglio, diventa presidente del Consiglio dei Ministri. Alla fine del 1852, viene attivato il collegamento fra Torino e Parigi col telegrafo elettrico (Samuel Morse), che permette di ricevere rapidamente le informazioni parigine e quelle delle altre capitali collegate con Parigi. L’idea di dotare la capitale del regno sardo di un’agenzia moderna è di Cavour. Viene scelto come direttore della “Gazzetta piemontese” il giornalista Guglielmo Stefani. L’impresa nasce il 25 gennaio 1853.
La politica repressiva dell’Austria nel Lombardo-Veneto diventa particolarmente severa. Esce regolarmente la “Gazzetta di Milano”, quotidiano ufficiale del governo. Ci sono anche alcune novità milanesi, quali il settimanale “Nuovo Emporio”, basato soltanto su notizie di cronaca, e settimanali umoristico-letterari: “L’uomo di pietra”, il “Pungolo” di Fortis e il “Crepuscolo” di Tenca.
In questo periodo il giornalismo si è sviluppato con una forte connotazione politica ed è praticato soprattutto come un’attività politica. La figura del giornalista ha cominciato ad assumere lineamenti propri, tuttavia l’impegno politico ha il sopravvento su quello professionale.