Lo Sposalizio della Vergine: opera di Raffaello

Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio è la prima opera datata e firmata, della quale il pittore, poco più che ventenne, ha riconosciuto la paternità. La composizione nasce da un’idea del Perugino: un gruppo di personaggi, divisi in due schiere, davanti a un vasto spiazzo chiuso sul fondo da un vasto tempio a pianta centrale.

Lo Sposalizio della Vergine
Lo Sposalizio della Vergine: un dettaglio della celebre opera di Raffaello (1504; olio su tavola, metri 1,70×1,17. Milano, Pinacoteca di Brera)

Il precedente perugino più noto è la Consegna delle chiavi della Cappella Sistina (1482).

Perugino: Consegna delle chiavi
Consegna delle chiavi (affresco, 335 cm x 550 cm; Cappella Sistina, Città del Vaticano) : opera di Pietro Perugino

Ma i rapporti, più che con questo affresco – che Raffaello non poteva aver visto direttamente, non essendo ancora andato a Roma, ma che conosceva solo attraverso i disegni del maestro – devono essere stabiliti con il meno noto “Sposalizio della Vergine”, che il Perugino aveva dipinto poco prima per il capoluogo umbro e che per questo motivo il giovane allievo e collaboratore doveva avere visto nascere giorno per giorno.

Analisi e confronto tra le opere di Raffaello e Perugino

Sposalizio della Vergine, di Raffaello Sanzio
Lo Sposalizio della Vergine, di Raffaello Sanzio: foto del quadro intero, verticale.
Lo Sposalizio della Vergine - Perugino
Lo Sposalizio della Vergine, del Perugino (1501-1504, olio su tavola: 234 cm x 186 cm; Musée des Beaux-Arts, Caen)

Le somiglianze sono indubbie a cominciare dalla forma della tavola, verticale e arcuata. In ambedue i casi il sacerdote, al centro, sostiene i polsi degli sposi mentre Giuseppe infila l’anello al dito di Maria.

Dal lato del primo ci sono gli uomini, uno dei quali spezza la bacchetta non fiorita, dall’altro le donne. La piazza è pavimentata a scacchi, in modo da indicare, con esattezza geometrica, la prospettiva, secondo la tradizione fiorentina. Al tempio poligonale si sale attraverso una scalinata e si accede da una porta, mentre, al di là, un’altra porta lascia vedere una porzione di cielo e di paesaggio. In realtà i due quadri sono profondamente diversi.

Raffaello interpreta e trasforma il modello creando un’opera non soltanto originale, ma molto più moderna di quella del Perugino, e, soprattutto, di maggior valore artistico, perché l’opera d’arte nasce non dalla scelta di un certo soggetto, ma dal modo in cui esso è reso a seconda della personalità dell’autore.

LEGGI ANCHE  Madonna del Granduca: opera di Raffaello

L’elemento determinante è il tempio, che Perugino immagina ottagono, con un prònao su quattro lati, e del quale taglia la cupola con il limite della tavola, un tempio massiccio, statico, che chiude lo spazio come un fondale scenico. In Raffaello il tempio ha sedici lati, così da equipararsi quasi a una pianta circolare, ha una perìstasi di archi sostenuti da colonne e la cupola, libera, riprende coerentemente la forma della cornice. Il tempio si alleggerisce inalzandosi sugli scalini e articolandosi perimetralmente con il porticato raccordato al nucleo principale con eleganti volute.

YouTube video

La sua forma, stagliandosi contro il cielo terso e trasparente, fa sì che lo sentiamo non come fondale, ma come centro di uno spazio che gli si estende egualmente intorno. A ciò contribuisce in gran parte la pavimentazione della piazza, le cui linee prospettiche coincidono, sul davanti, con ciascuno spigolo della base poligonale formata dai gradini. La convergenza ottica, dovuta alla prospettiva, fa sì che queste direttrici fondamentali sembrino non parallele fra loro, come sono nella realtà immaginata dal pittore, ma disposte a raggiera in concomitanza con i lati del tempio, che ne ricava centralità.

Con questa disposizione sono coerenti anche le figure in primo piano, le quali, facendo perno sul sacerdote, si dispongono secondo due semicerchi, uno aperto verso lo spettatore, l’altro verso il tempio. Sono figure sciolte negli atteggiamenti, dominate dalla luce chiara, che conferisce alla tavola un senso di serena meditazione sul fatto sacro.

Ci siamo impegnati per scrivere questo articolo. Speriamo ti sia piaciuto. Se ti è stato utile, lascia un messaggio in fondo.

Avatar photo

Serena Marotta

Serena Marotta è nata a Palermo il 25 marzo 1976. "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" è il suo primo libro. È giornalista pubblicista, laureata in Giornalismo. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia e con La Repubblica, ha curato vari uffici stampa, tra cui quello di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l'altra di musica, scrive per diversi quotidiani online ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

Speriamo questo articolo ti sia servito. Noi ci siamo impegnati. Lascia un commento, per favore: