Sant’Agostino, analisi dell’opera di Antonello da Messina

Il dipinto Sant’Agostino faceva parte di una “magna icona” come era stata definita nei documenti che attestavano l’incarico ad Antonello da Messina. Siamo nel 1472 e Antonello dopo aver accettato il lavoro per una somma cospicua, si appresta a realizzare probabilmente un polittico, definito appunto “magna icona” di cui questo ritratto di Sant’Agostino faceva parte.

Sant’Agostino - opera del 1472 di Antonello da Messina
Sant’Agostino (1472, Antonello da Messina) – Tempera grassa su tavola su tela, 46,5 x 35,5 cm. Palazzo Abatellis. Palermo.

Gli altri santi arrivati fino ai giorni nostri, e attualmente esposti a Palazzo Abatellis a Palermo, sono San Girolamo e San Gregorio Magno. Il resto purtroppo si è perso.

Sant’Agostino e la disposizione degli altri santi

Nella disposizione originale Agostino doveva essere posto in alto e a destra, mentre gli altri due santi dovevano stare a sinistra, sempre in posizione rialzata.

Infatti, se si osserva lo sguardo del santo filosofo, si vede che egli guarda verso il basso, sia perché sta leggendo il libro sacro che tiene in mano, sia perché avrebbe dovuto osservare dall’alto i fedeli.

Lo sfondo

Lo sfondo d’oro ha un sapore arcaico; questo era dovuto alle richieste dei committenti che spesso dimostravano di avere un’idea della pittura e dei suoi simboli diversa da quello di Antonello, il quale era molto avanti rispetto alla cultura siciliana del tempo.

L’innovazione e il compromesso

Il maestro, infatti, si era confrontato con i pittori del continente, amava i pittori fiamminghi, aveva collaborato con Giovanni Bellini a Venezia. L’artista siciliano aveva introdotto importanti innovazioni nella tecnica del ritratto, nell’utilizzo della prospettiva, della profondità e nell’uso della luce.

Mentre in altri ritratti (trattati in diversi altri articoli sulle opere di Antonello da Messina) si dimostra molto più audace, nell’opera qui analizzata probabilmente dovette accettare le richieste dei committenti.

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Sant'Agostino portrait
Sant’Agostino: i dettagli

Inoltre, la mano di Antonello si vede nel volto del santo, nei dettagli della barba, nello sguardo profondo e penetrante, nel gioco di luci e ombre della veste; in altre parti del dipinto si vedono invece interventi di altre mani.

I dettagli

Ad esempio, le mani di Sant’Agostino sembrano realizzate da una mano inesperta; le gemme sul copricapo di Agostino sono approssimative e opache; non hanno nulla a che vedere se confrontate con le pietre preziose presenti nel ritratto Madonna Salting, dove i preziosi appaiono in tutta la loro lucentezza e splendore.

E’ probabile dunque che un suo collaboratore, oppure il figlio Jacobello, abbiano messo mano al dipinto e lo abbiano completato.

Ciò è ancora più probabile se si pensa che Antonello in quegli anni era un pittore molto famoso e conteso: aveva molte opere in cantiere, commissionate, da terminare.

Analisi dell’opera e commento video

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Fulvio Caporale

Fulvio Caporale è nato a Padova e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche svolge la professione di consulente editoriale e pubblicitario. Collabora con case editrici e giornali cartacei e online occupandosi di libri, arte ed eventi culturali. Ha tradotto testi letterari e tecnici dallo spagnolo, dal portoghese, dall'inglese e dal catalano.

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