Il deserto dei Tartari: riassunto
Il deserto dei Tartari è il romanzo più famoso di Dino Buzzati. Fu pubblicato nel 1940 in una collana diretta da Leo Longanesi, che per la casa editrice Mondadori si proponeva di raccogliere, in una serie di pubblicazioni, le opere più originali della letteratura italiana e straniera, biografie e memorie di uomini che avevano fatto la storia e libri di storia che raccontassero fatti e illusioni del passato e del presente.
Quando Buzzati consegna il romanzo all’editore è il 1939: è giovane e da poco ha compiuto i 33 anni ma è già matura in lui la capacità di raccontare una storia esemplare per linguaggio e tessitura stilistica. Dal 1928 lavora al Corriere della Sera come giornalista e lì sviluppa l’idea del protagonista del romanzo, Giovanni Drogo, che passa i suoi anni migliori in una fortezza isolata nel deserto. Così gli appariva la ripetitiva vita da giornalista di cronaca fra le mura del quotidiano milanese, mentre i suoi colleghi invecchiavano nella speranza di fare carriera o di trovare uno scoop che cambiasse il percorso già tracciato della loro carriera.
Il deserto dei Tartari ebbe una notevole fortuna e fu tradotto in diverse lingue straniere, anche se in Italia, Buzzati, malgrado il successo di pubblico, incontrò una certa ostilità da parte dei critici che ne rivalutarono la figura solo dopo la morte.
Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di settembre dalla città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione.
Si fece svegliare ch’era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa di tenente. Come ebbe finito, al lume di una lampada a petrolio si guardò allo specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato.
Approfondimento
Trama
Giovanni Drogo, protagonista del romanzo, dopo l’accademia militare e con il grado di tenente viene assegnato alla Fortezza Bastiani: una caserma fortificata nel mezzo del deserto dei Tartari. Luogo questo di invenzione narrativa ma che ricorda ambienti isolati tipici di alcuni quadri surrealisti e metafisici. Durante il viaggio di alcuni giorni verso la fortezza, Drogo incontra il capitano Ortiz, con il quale prosegue il viaggio.
Drogo viene istruito dal capitano sul fatto che molti cercano di andarsene dalla fortezza e che comunque di solito il servizio dura due anni e serve a molti per fare carriera. Drogo però non sa per quanto tempo dovrà rimanere in servizio alla Bastiani e quando vede la fortezza e la desolazione che la circonda, spera di andarsene al più presto. Viene, però, convinto dal maggiore Matti a fermarsi per almeno quattro mesi. In questo periodo Drogo scopre tutta l’amarezza del vivere in un luogo isolato, sperimenta una quotidianità ripetitiva dove nulla accade di nuovo.
I nemici, i Tartari, non appaiono mai all’orizzonte e quindi diventano una speranza di riscatto e gloria che col tempo tende ad assopirsi. Passati i quattro mesi, Drogo potrebbe andarsene ma è trattenuto dal farlo; oscure presenze, racconta Buzzati, gli impediscono di partire, parte di queste albergano nel suo animo. Cosa è successo?
Si sta abituando ad un’esistenza diversa da quella che aveva immaginato. La vita militare nella fortezza è cadenzata dallo stesso ritmo quotidiano, dagli stessi volti, dalle stesse ripetute ritualità e questo, malgrado tutto, ha un suo piccolo fascino. Un giorno per sbaglio viene ucciso da una sentinella il soldato Lazzari, perché non risponde alla sentinella, identificandosi con la parola d’ordine. Il soldato era andato a recuperare un cavallo.
In seguito avviene un altro lutto, il tenente Angustina muore di freddo durante una missione amministrativa. Missione che doveva incontrare una delegazione nemica mandata a stabilire i confini. Dopo molti mesi di servizio Drogo ottiene una licenza e ritorna nella sua città natale. La distanza fra lui, la madre e i suoi amici si fa più ampia, perché tutto gli sembra un po’ sbiadito. Gli amici hanno altre vite, la ragazza di cui si era invaghito nel passato, ha intrapreso un’altra strada e la madre è invecchiata. Non gli resta che tornare alla fortezza nella speranza che qualcosa di nuovo possa accadere.
In realtà molti suoi amici partono e a Giovanni rimane solo l’amicizia con Simeoni, il quale un giorno avvista movimenti all’orizzonte ed entrambi immaginano, eccitati, l’approssimarsi della battaglia. Ma non è così, i nemici stanno solo costruendo una strada.
Finale
Un giorno, dopo anni, i nemici si apprestano ad attaccare. La fortezza è tutto un brulicare di uomini in armi, arrivano rinforzi dalla città e finalmente tutti si preparano alla guerra, ma Giovanni è invecchiato e si è ammalato. Non lo possono quindi tenere lì mentre fervono i preparativi per la battaglia. In una carrozza, solo, viene portato in una stanza d’albergo e lì comprende che la sua vita non è stata vana e che l’ultima missione, la prima e ultima battaglia della sua vita, dovrà combatterla con la morte. Mantenendo quella dignità che lo ha contraddistinto per tutta la vita.
Altre considerazioni
Punti fondamentali del romanzo sono lo stile narrativo, lirico e preciso, in cui ogni parola evoca non solo un’immagine ma uno stato d’animo. E la trama, un racconto con spunti autobiografici ma soprattutto una storia che rappresenta con straordinaria profondità la parabola di un’esistenza.
Spesso il libro trascina il lettore in uno stato d’animo annichilito dalle vicende del protagonista, in cui si riflette un’esistenza comune, legata soprattutto alla monotonia del lavoro e degli impegni sociali. Ma a ben guardare “Il deserto dei Tartari” racconta l’animo umano e il suo adattarsi alle circostanze, oltre a rappresentare la trasformazione delle aspettative e delle ambizioni dell’uomo di fronte alla realtà della vita quotidiana, la cui bellezza si esprime in piccoli gesti e in piccoli atti che con dignità il protagonista svolge fino alla fine.