Colazione sull’erba (quadro di Monet)
“Colazione sull’erba” fu dipinto da Claude Monet fra il 1865 e il 1866. La tela, in origine, era molto grande, sei metri per quattro, e avrebbe dovuto essere esposta al Salon del 1866. Monet non riuscì a completarla e quindi non la presentò mai. Il tema del quadro era stato pensato e realizzato come risposta a “Colazione sull’erba” di Edouard Manet, che tanto scalpore aveva suscitato al Salon de Refugés del 1863.
Colazione sull’erba: breve storia del quadro
Il dipinto, in seguito, fu diviso in tre parti, due delle quali sopravvissero al pittore; questa che vediamo è una delle tre parti, la seconda è esposta al Museo D’Orsay, mentre la terza, invece, non è stata mai esposta e se ne sono perse le tracce. Probabilmente è stata distrutta. Monet diede il quadro, nella sua interezza, al suo padrone di casa, perché non aveva i soldi per pagare l’affitto.
Il pittore, infatti, viveva, come molti sui colleghi, in forti ristrettezze economiche. Quando nel 1884 riesce a recuperare la tela, lo stato del dipinto è compromesso. Il padrone di casa aveva depositato la tela in cantina, arrotolata, per cui dopo diversi anni non poteva che essere deperita e rovinata. E’ a questo punto che Monet decide di dividerlo in tre parti.
Colazione sull’erba: analisi del quadro
Il tema del quadro fu preparato con una serie di schizzi, più piccoli in origine e, in seguito, uno più grande e dettagliato, che fece comprendere a Monet le difficoltà di riportare su una tela così grande il disegno in progetto.
Accentuando i colori e lavorando sulla luce, Monet ottiene un risultato, sebbene parziale, straordinario, in piena sintonia con le idee dell’Impressionismo. E questo risultato è diverso da quello di Manet, perché quest’ultimo non riesce ad ottenere la luce reale, mentre Monet sì.
Dipinge un’opera che mostra la luce nell’attimo stesso in cui si pone sugli abiti, sui volti e sulla natura che circonda le persone protagoniste del dipinto. Purtroppo, però, la tela non fu mai vista nella sua interezza e possiamo solo immaginare come la terza parte avrebbe completato l’opera.