Battaglia di Midway
Approfondimento
I fatti, i protagonisti, lo scenario storico della Battaglia delle Midway
Midway: l’atollo
Midway è un atollo costituito da due isolette, Eastern e Sand. La sua unica importanza, nel 1942, risiedeva nella posizione strategica. Costituiva un avamposto della marina americana verso le Isole Filippine che, secondo tutti i piani prebellici, avrebbero dovuto costituire l’obiettivo principale dell’avanzata americana nel Pacifico. L’atollo di trova infatti a circa 2.300 km dalla più vicina base aeronavale americana, nelle Hawaii; e a oltre 5.000 km dalle coste Californiane; mentre è a circa 4.000 km da Tokyo. Queste enormi distanze devono essere sempre tenute presenti nel considerare lo svolgimento della Battaglia di Midway e, in genere, dell’intera guerra nel Pacifico. Tra il 4 e il 7 giugno 1942, Midway fu il teatro della più conosciuta battaglia aeronavale della storia.
Battaglia di Midway: la situazione alla vigilia
I giapponesi
Dopo il devastante attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), i giapponesi inanellarono una serie quasi ininterrotta di successi. Successi che li portarono, a fine aprile 1942, ad aver conseguito tutti i loro obiettivi strategici. Si erano infatti impadroniti di Singapore e della Malesia, di tutte le Filippine e delle Indie Orientali Olandesi, con i loro ricchi giacimenti petroliferi.
In questa situazione, lo stato maggiore nipponico aveva deciso di attuare una strategia più cauta. Perfezionarono così un perimetro difensivo costituito dalle isole del Pacifico sud-occidentale e centrale, allo scopo di opporre un’autentica barriera alla prevedibile controffensiva americana.
Rientravano in quest’ottica gli eventi che portarono alla cosiddetta Battaglia del Mar dei Coralli (4-8 maggio 1942); essa fu la prima mai combattuta tra 2 flotte che non si avvistarono e si colpirono solo per il tramite degli aerei imbarcati; ma fu anche la prima battuta di arresto per la Marina Imperiale che non riuscì a conseguire il controllo della Nuova Guinea e delle Isole Solomone.
Anzi, le 2 portaerei di squadra impegnate nel Mar dei Coralli furono danneggiate, soprattutto nella componente aerea. Furono compromesse al punto da non poter partecipare allo scontro a Midway. E questa assenza risultò probabilmente decisiva per la sconfitta.
Gli americani
Il disastro di Pearl Harbor aveva pesantemente condizionato la strategia americana fino a metà del 1942. Di fatto, le poche navi da battaglia superstiti avevano lasciato Pearl Harbor ed erano state ritirate verso la più sicura costa californiana.
La US Navy poteva schierare solo le portaerei, per coprire l’immensa vastità del Pacifico. Di queste, la Lexington era stata affondata proprio nel Mar dei Coralli; la Saratoga era in riparazione dopo essere stata silurata dal sottomarino giapponese I-6 e poté salpare da San Diego solo l’1 giugno: troppo tardi per partecipare alla battaglia.
Rimanevano le portaerei di squadra Enterprise, Hornet e Yorktown; quest’ultima riparata in fretta e furia dopo essere stata danneggiata nel Mar dei Coralli. Con le portaerei, l’ammiraglio Chester W. Nimitz, nominato comandante supremo della flotta del Pacifico dopo Pearl Harbor, aveva effettuato qualche operazione offensiva di secondaria rilevanza, allo scopo di non lasciare l’iniziativa totalmente nelle mani del nemico.
In questo quadro rientrava il famoso raid Doolittle, dal nome del Tenente Colonnello James H. Doolittle che il 18 aprile aveva guidato 16 B-25B Mitchell, per l’occasione imbarcati proprio sulla Hornet, in una missione – più dimostrativa che efficace – di bombardamento di Tokyo e altre città giapponesi.
Secondo alcuni storici, il vero successo di questo raid fu soprattutto psicologico: spinse cioè lo stato maggiore nipponico e cercare di annientare le portaerei nemiche per prevenire ulteriori operazioni di questo tipo.
I piani delle due parti
I giapponesi avevano in animo di impadronirsi dell’atollo di Midway da utilizzare come base aerea e di attirare in battaglia il nemico per distruggerne le ultime 2 portaerei: erano infatti convinti che la Yorktown fosse affondata nel Mar dei Coralli.
Come era loro abitudine, avevano quindi concepito un piano complesso, articolato sulla loro tanto enorme quanto supposta superiorità qualitativa e quantitativa in campo navale.
La flotta giapponese
La flotta Imperiale era coinvolta quasi nella sua interezza ed era ripartita in numerosi gruppi operativi; alla prova dei fatti, essi si troveranno troppo lontani gli uni dagli altri per aiutarsi reciprocamente.
I giapponesi avevano inoltre concepito una contemporanea manovra nelle Aleutine che aveva lo scopo di occupare alcune località di questa nebbiosa catena insulare, contemporaneamente fungendo da esca per confondere gli americani.
La punta di diamante del loro schieramento era costituita dalla Forza d’attacco del viceammiraglio Chuichi Nagumo, composta dalle 4 portaerei Akagi, Kaga, Hiryu e Soryu, da 2 incrociatori da battaglia, 2 incrociatori pesanti, uno leggero e 8 cacciatorpediniere. Sarà proprio questa squadra a subire quasi tutto l’impeto del contrattacco statunitense.
La flotta americana
La flotta statunitense aveva ricevuto importanti informazioni dalla sezione destinata alla decodifica dei messaggi radio del nemico circa una probabile missione nel Pacifico Centrale e, con uno stratagemma, era riuscita a stabilire che l’obiettivo sarebbe stato l’atollo di Midway.
L’ammiraglio Nimitz decise di impiegare qui le sue ultime tre portaerei, lasciando quasi indifeso il fianco delle Aleutine, al quale vennero destinati pochi incrociatori e cacciatorpediniere. A supporto erano schierati anche 19 sommergibili, con il compito di attaccare il nemico durante il suo avvicinamento, non senza averne preventivamente comunicato l’avvistamento, e un assortimento di aerei dell’esercito e della marina schierati sulle piste di Midway.
La flotta in mare era affidata al contrammiraglio Frank J. Fletcher, comandante supremo in mare e della Task Force 17, che schierava la Yorktown, 2 incrociatori e 6 cacciatorpediniere, e al subordinato contrammiraglio Raymond A. Sprunce, con la Enterprise, la Hornet, 6 incrociatori e 9 cacciatorpediniere. La missione di Fletcher e Spruance era di colpire i giapponesi con attacchi aerei fin dalle primissime fasi della battaglia.
Il primo attacco giapponese
Gli aerei nipponici cominciarono a decollare dai ponti di volo di Akagi, Kaga, Hiryu e Soryu ancor prima dell’alba del 4 giugno. Obiettivo: Midway, e in particolar modo le piste di volo che, secondo i piani e secondo la dottrina bellica dell’epoca, dovevano essere messe fuori servizio prima che le truppe cominciassero l’assalto.
L’incursione non incontrò un’opposizione particolarmente efficace. Gli arei da caccia americani levatisi in volo erano quantitativamente inferiori (20 F2A Buffalo e 7 F4F Wildcat). I giapponesi invece schieravano 36 A6M Zero, che in questa fase della guerra erano di gran lunga superiori a qualsiasi apparecchio americano.
Tuttavia il comandante dell’incursione, tenente di vascello Joichi Tomonaga, segnalò all’Akagi, ammiraglia di Nagumo, la necessità di eseguire un secondo attacco, poiché le difese di Midway erano state sì duramente colpite ma non annientate: per le truppe di fanteria sarebbe stato troppo pericoloso lo sbarco.
Nagumo, che come misura precauzionale aveva trattenuto a bordo molti aerei, alle 07:15 diede ordine di prepararli per un secondo attacco su Midway. Alle 07:40 cominciarono però ad arrivare i primi rapporti dei ricognitori giapponesi sull’avvistamento di navi nemiche.
Queste notizie contraddittorie finirono per determinare l’esito della battaglia. Lo stato maggiore nipponico decise prima di riarmare gli arei in preparazione per l’attacco a Midway in modo che potessero danneggiare le navi nemiche. Ricevuta poi l’informazione, errata, che il nemico non disponeva di portaerei, si decise di tornare a concentrarsi sull’attacco a Midway, con conseguente contrordine e nuova preparazione degli aerei a bordo.
A tutta questa serie di ordini contraddittori, si aggiungeva la necessità per i giapponesi di sgombrare i ponti di volo per accogliere i velivoli di ritorno dall’incursione sull’atollo.
La reazione statunitense
Nel frattempo, la marina americana non se n’era certo stata con le mani in mano. Alle 05:34, un idrovolante PBY Catalina decollato da Midway aveva avvistato i giapponesi. Le TF16 e -17 virarono quindi per accorciare la distanza; dato che il raggio d’azione degli aerei imbarcati a quell’epoca era inferiore a quello dei giapponesi.
Alle 07:50 Spruance fece decollare la sua forza di attacco, seguito alle 09:06 da Fletcher. Il raggio estremo al quale gli aerei vennero inviati, con l’intento di colpire le portaerei nemiche prima che queste avessero la possibilità di fare altrettanto nei confronti delle ultime, preziosissime portaerei della U.S. Navy, fece sì che le varie squadriglie americane raggiungessero i loro obiettivi in varie ondate, impossibilitate a eseguire un attacco coordinato. Paradossalmente, questa si rivelò una fortuna.
Gli aerei da caccia del Sol Levante che proteggevano le navi amiche erano stati parecchi impegnati a respingere numerosi attacchi scagliati nelle prime ore del mattino da aerei basati a Midway e decollati prima che l’atollo venisse danneggiato dagli aerei di Tomonaga.
Ora, si trovarono a respingere i primi apparecchi decollati dalle portaerei, i lenti e vulnerabili aerosiluranti TBD Devastator che volavano a bassa quota per sganciare i loro letali siluri.
Fu una strage: solo uno riuscì a sganciare poco prima di essere abbattuto, ma il suo ordigno non andò a segno. 34 dei 41 aerosiluranti non fecero ritorno e la flotta giapponese era ancora intatta.
La battaglia di Midway si decide
La fortuna, più che il calcolo, aveva guidato le squadriglie di bombardieri in picchiata SBD Dauntless decollate da Enterprise e Yorktown, a convergere sulla squadra d’attacco di Nagumo da direzioni differenti. Con gli Zero giapponesi impegnati a bassa quota per contrastare lo sfortunato e già ricordato attacco degli aerosiluranti, gli aerei dei comandanti C. Wade McClusky e Max Leslie poterono sfruttare condizioni quasi ideali per l’attacco. Anche perché sui ponti di volo le squadre di marinai nipponiche erano impegnate a rifornire e riarmare gli aerei.
Ciò comportava la presenza sul ponte di grandi quantità di bombe e carburante, condizione pericolosissima per una portaerei.
Tra le 10:25 e le 10:28 i Dauntless colpirono e incendiarono 3 delle portaerei di Nagumo. Benché queste impiegassero ancora diverse ore ad affondare, la battaglia era decisa. Ai giapponesi rimaneva una sola portaerei operativa, la Hiryu.
La Yorktown e la Hiryu affondano
Furono proprio bombardieri in picchiata Aichi D3A Val, fatti decollare dalla portaerei superstite, a colpire una prima volta con 3 bombe la Yorktown poco dopo mezzogiorno.
I marinai statunitensi, lavorando con grande alacrità, riuscirono però a riparare i danni, e quando gli aerosiluranti Nakajima B5N Kate colpirono nuovamente l’ammiraglia di Fletcher, circa 2 ore più tardi, riferirono che si trattava di un’altra portaerei, non quella già danneggiata in precedenza.
I giapponesi si convinsero così di aver affondato 2 portaerei nemiche. Viceversa, erano tutte e tre ancora a galla: 2 totalmente intatte e la Yorktown gravemente danneggiata, che finirà per affondare alle 05:30 del 7 giugno, dopo essere stata silurata anche dal sommergibile I-168.
La squadra di Spruance, dopo l’atterraggio degli aerei reduci dal vittorioso attacco contro le portaerei, era ben decisa a non lasciarsi sfuggire la superstite portaerei nemica. Una nuova ondata di attacco colpì la Hiryu poco dopo le 17:00 e anche questa nave seguì la sorte delle altre portaerei: divorata dagli incendi finì per affondare.
Fu nel corso della successiva notte che i giapponesi valutarono la situazione; decisero di abbandonare l’operazione e di ritirarsi: anche se si ebbe qualche ulteriore scontro che portò all’affondamento dell’incrociatore Mikuma e al danneggiamento del gemello Mogami, la battaglia di Midway si era conclusa con un decisivo successo americano.
Il dopo Midway e l’analisi della battaglia
Perché gli americani riuscirono a ottenere una vittoria così clamorosa, in condizioni di netta inferiorità come quelle in cui cominciarono la battaglia di Midway? I principali motivi sono:
- lo straordinario lavoro dell’intelligence, che mise nelle mani di Nimitz una ricostruzione sufficientemente accurata del piano nemico;
- le lacune del piano giapponese, in particolare l’eccessiva frammentazione delle forze;
- la vulnerabilità delle portaerei giapponesi: gli scafi erano protetti meno di quelli delle equivalenti americani; e gli equipaggi erano meno addestrati nel controllo del danno;
- la fortuna, che portò i Dauntless di McClusky e Leslie ad attaccare il nemico in condizioni ideali;
- le indecisioni del viceammiraglio Nagumo il mattino del 4 giugno;
- l’assenza delle portaerei Shokaku e Zuikaku, danneggiate nel Mar dei Coralli.
I numeri a confronto
Inoltre, secondo alcuni storici, H. P. Willmott su tutti, la superiorità numerica giapponese era solo presunta. A causa dell’errato piano d’attacco nemico, le flotte che effettivamente si scontrarono a Midway erano sostanzialmente di pari forza in quello che sarebbe diventato il decisivo “punto di incontro”: 4 portaerei giapponesi contro 3 americane.
A ciò si aggiungeva la stessa Midway, che fungeva da portaerei immobile ma inaffondabile; si aggiungeva inoltre un numero di aerei che varia in base alle fonti; anche se variabile esso può essere considerato sostanzialmente equivalente, tra i 260 e i 270 per parte.
Alcuni storici ritengono che la Battaglia di Midway costituisca il “turning point” della guerra nel Pacifico. Senza addentrarsi nella diatriba, è indubbio che l’affondamento delle 4 migliori portaerei nemiche, insieme ai loro addestratissimi equipaggi e aviatori, costituì un colpo durissimo per una nazione dalle limitate capacità industriali, qual era allora il Giappone.
Di fatto, mentre a partire dal 1943 gli americani mettevano in servizio enormi quantità di navi tecnicamente all’avanguardia, i giapponesi non si risollevarono più dalla perdita. Combatterono ancora per tutto il 1942 nell’intento di mantenere l’iniziativa strategica nel Pacifico. Con la sconfitta nella campagna di Guadalcanal, furono costretti sulla difensiva e, infine, alla resa incondizionata il 15 agosto 1945.
Film sulla battaglia di Midway
Sono stati prodotti alcuni film sull’evento storico della Battaglia di Midway. I più celebri sono quello del 1976 intitolato “La battaglia di Midway” (Midway), diretto da Jack Smight, con Charlton Heston, Henry Fonda, Robert Mitchum e Glenn Ford; e quello più recente del 2019 intitolato semplicemente “Midway“, diretto da Roland Emmerich, con Ed Skrein, Patrick Wilson, Luke Evans, Aaron Eckhart, Nick Jonas, Mandy Moore, Dennis Quaid e Woody Harrelson.