Le nozze di Figaro: riassunto e trama
Le nozze di Figaro, ossia la folle giornata è il titolo di una delle più note opere di Wolfgang Amadeus Mozart, composta dal genio austriaco all’età di soli 29 anni. La prima rappresentazione andò in scena presso il Burgtheater di Vienna, il 1° maggio 1786.
Si tratta di un’opera buffa in quattro atti – classificata come K 492 – il cui libretto fu scritto da Lorenzo da Ponte il quale si ispirò alla commedia La folle journèe ou le mariage de Figaro, dell’autore francese Pierre Caron de Beaumarchais (che compose la trilogia di Figaro: Il barbiere di Siviglia, Le nozze di Figaro e La madre colpevole).
La prolusione che segue è stata redatta dal Maestro Pietro Busolini.
Approfondimento
La genesi
Il genio musicale Mozartiano partorì quest’opera il 20 aprile del 1786 e fu messa in scena a Vienna il 1 maggio, cioè solamente dopo quattro giorni, al Burghteater ottenendo un successo fantastico tanto che, lo stesso Imperatore dovette firmare un decreto che l’opera non poteva avere infiniti “bis”, dopo che vide e sentì la “premiere”; questo per non prolungare oltre il limite dell’orario fissato la presentazione teatrale. Voglio ricordare che a Praga il successo fu ancor maggiore rispetto a Vienna, dove per ammissione dello stesso Mozart non si cantava altra musica che la sua.
La collaborazione tra Da Ponte e Mozart è stata un’intesa estremamente fruttuosa coronata da successi e da consensi eccezionali per l’”Europa di ieri” e “Mondiali per oggi”. Ricordiamo anche Don Giovanni e Così fan tutte, la trilogia dei due musicisti scritti tutti in lingua italiana. Possiamo capire quindi anche i loro caratteri riformisti e liberali in un un periodo storico molto difficile; il loro lavoro tramite la musica era molto vicino ad una rivoluzione artistico-letteraria quindi possiamo affermare che erano paralleli a quelli della rivoluzione francese, simbolo di un rinnovamento totale anche nelle arti come nelle scienze.
La vicenda biografica di Lorenzo Da Ponte contiene innumerevoli enigmi. Quello che maggiormente interessa in questo contesto è la sua assunzione a poeta dei Teatri imperiali da parte di Giuseppe II intorno al 1783, un onore del tutto inadeguato alle capacità fino ad allora espresse dal letterato di Ceneda.
Dunque, presentando la commedia, ricordiamo che il Conte di Almaviva e’ il cervello ed il motore di quest’opera buffa rappresentata in 4 atti; dove i padroni della scena sono la cameriera della Contessa, la Contessa, Cherubino e Barbarina, Figaro e Susanna, don Bartolo e Marcellina. Rappresentando un ventaglio di situazioni amorose e drammatiche che non son altro che la storia in commedia, della quotidianita’ della vita.
Atto primo
La scena si svolge in una apparente stanza da letto ancora da finire di sistemare. Figaro sta prendendo le misure per il letto, mentre la sua promessa sposa Susanna prova allo specchio un cappello per la festa di nozze, prevista in quello stesso giorno: “Cinque, dieci, venti”. Susanna capisce che quella è la camera che il conte ha destinato loro ed ha un improvviso moto di stizza. Figaro le spiega la fortuna ed i vantaggi d’essere attaccati alle camere dell’aristocratica coppia: “Se a caso Madama”.
Susanna spiega allora a Figaro quale sia il rischio, rischio non capito dal futuro consorte; il conte, stanco ormai del solito ménage propinatagli dalla moglie – a corteggiar proprio Susanna, la sua cameriera. Basilio che gli fa da mezzano cerca in gran segreto di recuperare quello “ius primae noctis” al quale aveva ha rinunciato come un vero “illuminato” seguendo una sua giustizia interiore. Quella camera però e molto adatta alle necessità del conte che escogiterà un suo piano per trovare una maniera opportuna a spostar le nozze, e quindi, per goder per primo le grazie della verginale fanciulla, al “ius primae noctis”.
Rimasto solo, anche perché la sposa è corsa dal conte chiamata dal suo campanello, Figaro medita sul da farsi e promette al conte di combatterlo e contrastarlo con la sua prontezza e vivacità d’ingegno-cavatina: “Se vuol ballare, signor contino”. Uscito Figaro, entra Marcellina, la vecchia governante di palazzo, in compagnia del dottor Bartolo. Marcellina espone al medico le sue rivendicazioni alle nozze di Figaro, in quanto egli, avendo firmato in cambio di denaro una cambiale di matrimonio, ella ora pretende di risolvere il contratto rivolgendosi al conte per aver giustizia. Bartolo alla fine la rassicura che si prenderà cura del suo tormento, offrendosi di farle da avvocato.
Rimasta sola, Marcellina s’imbatte proprio in Susanna e la provoca a distanza. Fra le due nasce un comicissimo scambio d’insinuazioni, ma Marcellina stizzita, è costretta infine ad abbandonare la stanza: ”Via resti servita, Madama brillante”. A questo punto entra in scena il paggio Cherubino che molto concitatamente che si consulta con Susanna in quanto molto preoccupato dalla decisione presa dal conte di cacciarlo dal castello, questo dopo averlo sorpreso in atteggiamento equivoco con Barbarina cugina di Figaro. Susanna scherza sentendo questa storia e lo schernisce per queste sue follie d’adolescenziali, egli è costantemente in cerca di gentil fanciulle d’amare. Cherubino confessa il suo smarrimento di fronte a questo nuovo sentimento d’amore: “Non so più cosa son, cosa faccio”. Ora provenienti dalla porta si sentono dei rumori e Cherubino, udendo la voce del conte, si nasconde dietro un antico scànno, per non esser sorpreso anche con Susanna. Entra quindi il conte che, inconsapevole della presenza di Cherubino, il quale vedendo Susanna ripropone le sue profferte amorose, cercando di convincerla per poterla incontrare in giardino.
All’interno della stanza si sente la voce di Basilio arrivare; il conte consapevole di essere in flagranza, và a nascondersi anche lui dietro il vecchio scanno, mentre Cherubino scivola lesto dal lato opposto e vi si pone sopra, coperto da un lenzuolo. La povera Susanna, inconsapevole vittima di questa vicenda, ora deve ascoltare le prediche di Basilio, che la invita a concedersi al conte, redarguendola anche per la troppa libertà ed amicizia accorata al paggio, il quale sempre a sentir Basilio avrebbe avuto anche delle particolari attenzioni per la contessa, facendosi maldestramente notare. Infuriato per la malignità udita, il conte alzandosi immediatamente dal suo nascondiglio, promette un’immediata punizione a Cherubino, mentre questi vien difeso da Susanna. Il conte allora racconta di aver visto che con i propri occhi aveva sorpreso il giorno prima il paggio sotto un tavolo in casa di Barbarina: nel mimare la scena dello scoprimento, solleva distrattamente il lenzuolo dal seggiolone, e si trova così davanti, ancora una volta, lo spaurito Cherubino.
Il conte è costretto a trattenere la propria ira perché in quel mentre giunge Figaro con una brigata di paesani a pregarlo di porre il velo candido sul capo dell’amata sposina, simbolo della sua rinunzia al “ius primae noctis”. Il conte d’Almaviva però non sopporta questa cosa ed ordina segretamente a Basilio di rintracciare Marcellina al fine di bloccare le nozze. Quindi, implorato da Figaro e Susanna di perdonare il paggio, il conte muta l’espulsione dal castello in una promozione militare, e lo nomina ufficiale. Figaro si congeda allora da Cherubino canzonandolo e dicendogli che così anche per lui era finita la sua vita di cicisbeo; cominciava ora la sua dura vita di soldato. Figaro a questo punto intona la famosa romanza: ”Non più andrai, farfallone amoroso”, chiudendo così il primo atto dell’opera.
Atto secondo
L’atto inizia con un lamento: “Porgi amor”, che la contessa sconsolata e sola, intona nella sua camera da letto, la sua condizione di sposa è veramente precaria dal punto di vista coniugale. Susanna entra nella sua camera e le racconta dei tentativi di seduzione del conte nei suoi confronti. Entra nella stanza anche Figaro che comincia a ordire la trama per smascherare il conte, infatti assieme alle altre due donne si decide insieme d’inviare al conte un biglietto che lo faccia ingelosire riguardo alla contessa, e contemporaneamente un’incursione notturna di Cherubino travestito da donna sarà nel giardino al posto di Susanna ad attendere il conte, dopo che egli avrà ricevuto il biglietto con l’appuntamento promessogli da Susanna; cosi la contessa possa sorprendere il marito infedele davanti a tutti.
Figaro invia quindi nella camera Cherubino, non ancora partito per Siviglia, in modo che provi gli abiti femminili. Coperto di rossore il paggio viene poi obbligato dalla contessa a cantarle la canzonetta che ha scritto: “Voi che sapete”; Susanna comincia a vestirlo, notando fra l’altro la premura con cui era stato redatto il suo brevetto d’ufficiale, al quale manca il necessario sigillo. Mentre la cameriera è andata a prendere un nastro in una camera contigua, il conte bussa alla porta, gettando la contessa e Cherubino nella più grande agitazione. Cherubino si rifugia allora nel guardaroba, chiudendosi a chiave. La contessa apre al marito, visibilmente imbarazzata, e mentre cerca di giustificare la chiusura della porta dal guardaroba si sentono cader degli oggetti.
Il conte, già allarmato per il biglietto anonimo ricevuto, s’insospettisce ancor di più e la moglie è costretta allora a mentire dicendogli che nel guardaroba c’è Susanna che sta provandosi l’abito di nozze; a seguire il terzetto: “Susanna, or via sortite”. Costei è nel frattempo rientrata nella stanza e osserva la scena nascosta dietro il letto. Il conte decide di sfondare la porta e invita allora la consorte a uscir con lui per prendere gli attrezzi necessari. Rimasta sola e chiusa in stanza, Susanna bussa al guardaroba, chiama Cherubino che esce tremando e pieno di paura. Non c’è per lui altra via di scampo che quello di calarsi dalla finestra nel giardino, mentre Susanna prenderà il suo posto nel guardaroba.
Rientra il conte e la moglie decide di svelargli l’arcano: nel guardaroba non c’è Susanna, ma il paggio seminudo, là convocato per una burla innocente. L’ira del conte perde allora ogni controllo, tanto che questi s’avventa alla porta del guardaroba per uccidere il paggio: “Esci ormai, garzon malnato”. Invece, con sbigottimento d’entrambi, dallo stanzino ecco uscire Susanna. Il conte chiede perdono alla sposa per i sospetti manifestati e le parole grevi che son uscite dalla sua bocca chiedendole perdono, felice la contessa oltre il sentirsi sollevata, gli concede il suo perdono.
Giunge Figaro che li invita alla alla festa. Il conte gli sottopone allora il biglietto anonimo, che le due donne gli hanno rivelato esser stato scritto dal cameriere. Figaro da principio nega, ma di fronte all’evidenza dei fatti deve confessare. Le sorprese non sono però finite: sul più bello entra il giardiniere Antonio con un vaso di garofani in pezzi, denunciando la mala creanza di qualcuno che si è buttato dalla finestra sui suoi fiori. Tutta l’architettura d’imbrogli e menzogne sta per crollare: Figaro si autoaccusa allora d’esser saltato egli stesso per paura del conte, e Antonio fa allora per dargli un foglio caduto al saltatore, ma il conte lo intercetta e chiede a Figaro cosa sia quel pezzo di carta che ha perduto. Figaro, disperato, cerca d’inventarsi qualcosa: gli vengono in soccorso le due donne, che riconoscono in quel foglio il brevetto d’ufficiale di Cherubino.
Il conte chiede allora perché proprio Figaro ne sia stato in possesso, e di nuovo Susanna e la contessa lo traggono d’imbarazzo suggerendogli che il paggio glielo avrebbe dato perché mancante dell’indispensabile sigillo. Per l’ennesima volta il conte si sente beffato dalla mala sorte ed in scena entrano infatti Marcellina, Bartolo e Basilio a reclamar giustizia per la vecchia governante, che pretende, cambiale alla mano, di sposare Figaro. Il conte gongolante e soddisfatto promette quindi una condanna esemplare, da soddisfare i forti torti subiti.
Atto terzo
Figaro e Susanna si trovano nella sala della festa preparata in onore del loro matrimonio, mentre il conte stà meditando sugli avvenimenti succedutigli, senza riuscire a trovarne una giusta soluzione. Entra Susanna che d’accordo con la contessa, ma ad insaputa di Figaro, dà un appuntamento al conte per quella sera, riaccendendo le sue voglie: “Crudel! Perché finora farmi languir così?”. In realtà la contessa ha deliberato di recarsi ella stessa all’appuntamento con gli abiti di Susanna.
Uscendo dalla stanza, Susanna incontra Figaro e l’avverte che ha già vinto la causa con Marcellina. Il conte coglie però quest’ultima frase e giura di vendicarsi. “Vedrò mentr’io sospiro”. Segue quindi la scena del giudizio, nella quale il magistrato Don Curzio intima a Figaro di pagare Marcellina o di sposarla. Figaro tenta allora in extremis di bloccare la sentenza adducendo l’assenza dei suoi genitori per il consenso. Racconta d’esser stato raccolto infante abbandonato, ma d’essere di nascita illustre come testimoniano i panni ricamati trovati nella culla e soprattutto il tatuaggio impresso al braccio destro.
Marcellina a quel punto trasalisce e riconosce in Figaro il suo Raffaello, figlio avuto in segreto da Don Bartolo e quindi esposto. Nello sbigottimento generale, Don Curzio sentenzia che il matrimonio non può aver luogo, mentre il conte abbandona la scena scornato per l’ennesima volta. Sestetto: “Riconosci in questo amplesso”. Sopraggiunge Susanna, pronta a pagare Marcellina con la dote ricevuta dalla contessa, ma con sua gran meraviglia vede Figaro abbracciato teneramente alla vecchia madre. La promessa sposa ha un moto d’ira e schiaffeggia Figaro, ma Marcellina l’informa dei nuovi sviluppi e dell’insperato riconoscimento. Anch’ella e Bartolo decidono di regolarizzare l’unione e di rendere così doppia la festa di nozze.
Frattanto, Cherubino non è ancor partito per il suo reggimento e viene condotto da Barbarina a travestirsi da donna per confondersi con l’altre contadine. La contessa, sola in attesa di notizie da Susanna, rievoca le dolcezze perdute del suo matrimonio e spera di riconquistare il cuore del marito: “Dove sono i bei momenti”. Raggiunta poi da Susanna, le detta un biglietto da consegnare al conte durante la festa, nel quale si conferma il luogo dell’appuntamento per quella sera. Duettino: “Che soave zeffiretto”. Inoltre, fa scrivere a Susanna sul rovescio del foglio, di restituire la spilla che serverà da sigillo, in segno d’accettazione.
Arrivano le ragazze del contado e fra queste c’è anche Cherubino travestito. In breve, però, costui viene smascherato da Antonio che lo denuncia al conte. Figaro arriva per chiamar tutti alla cerimonia e si scontra col conte, che può finalmente accusarlo per tutte le menzogne inventate in camera della contessa. La tensione è al massimo, ma è tempo di celebrare le nozze: entra il corteo dei doppi sposi, al quale segue la danza del fandango. Durante questa, Susanna lascia scivolare in mano al conte il bigliettino. Costui si punge con la spilla e poi si mette a cercarla goffamente per terra. Figaro lo scorge e crede che sia un biglietto amoroso di qualche contadina. Ritrovato il sigillo il conte congeda tutti i presenti e invita gli sposi alla cena che terrà nel suo palazzo.
Atto quarto
La scena si svolge di notte nel giardino del castello. Barbarina è alla ricerca della spilla che il conte le ha dato da recare a Susanna: “L’ho perduta”. S’incontra con Figaro, che dalle sue labbra viene così a sapere che la mittente del biglietto altri non era che la sua sposa. Annientato dalla gelosia, chiede conforto alla madre Marcellina, che cerca di placarne i bollenti spiriti: ”Il capro e la capretta”. Figaro tuttavia s’allontana per poter organizzare e scoprire dove i due amanti si incontreranno. Basilio e Bartolo, convocati da Figaro, riflettono sui pericoli di scontrarsi coi potenti. Rimasto solo, Figaro si lascia andare a considerazioni amare sul suo stato di marito tradito nel giorno stesso delle nozze e accusa le donne d’essere la rovina dell’umanità: ”Aprite un po’ quegli occhi”. Giunge in giardino Susanna con la contessa, e comincia la recita degli inganni. Fingendo di restar sola – a prendere il fresco – Susanna eccita la gelosia di Figaro: ”Deh vieni non tardar”.
In realtà è la contessa che si appresta a ricevere le avances del conte, ma mentre lo sta aspettando sopraggiunge Cherubino, che scorgendo colei che egli crede esser Susanna decide di importunarla a sua volta con piccanti proposte: ”Piano pianino”, “ le andrò più presso, Figaro osserva tutto nascosto dietro una siepe e commenta velenosamente, senza accorgersi che anche Susanna è lì a due passi in sentinella. Arriva il conte che s’adira nel vedere il suo oggetto del desiderio in compagnia d’un altro uomo. Tira allora un ceffone a Cherubino, ma questi si scosta ed è Figaro a buscarsi la sberla.
Rimasto finalmente solo con la finta Susanna, il conte le regala un brillante e l’invita ad appartarsi con lui in un luogo buio. Figaro non si regge più e passa facendo baccano: la contessa allora si ritira in un padiglione a destra, mentre il conte perlustra il giardino per non trovarsi tra i piedi ulteriori scocciatori. Amareggiatissimo, Figaro s’imbatte allora in Susanna, che è vestita col mantello della contessa e simula la sua voce. La sposa lo mette alla prova e offre a Figaro l’occasione di vendicarsi seduta stante dei due consorti infedeli. Figaro dopo poche battute l’ha riconosciuta, ma continua a stare al gioco, finché la situazione si chiarisce e i due si riconciliano felici.
Si tratta allora di concludere la commedia ai danni del conte: vedendolo arrivare, Figaro e Susanna continuano perciò la loro scena di seduzione. Il conte, furibondo, vedendo quella ch’egli crede sua moglie corteggiata da Figaro in giardino, chiama tutti a smascherare i due reprobi; frattanto, Susanna si nasconde nel padiglione a sinistra. Davanti ad Antonio, Basilio e Bartolo, il conte accusa Figaro e comincia a tirar fuori dal padiglione una vera processione di personaggi: Cherubino, Barbarina, Marcellina e infine Susanna, che tutti credono la contessa e che si copre il volto per la vergogna. L’ira del conte è implacabile e oppone un diniego dopo l’altro ad ogni supplica di perdono da parte di Figaro e della falsa contessa.
A questo punto, dall’altro padiglione esce la vera contessa e tutti si rendono conto dell’imbroglio. Ella scambia il mantello con Susanna e si rivolge al marito dicendogli: “Almeno io per loro perdono otterrò”. Il conte umiliato e consapevole d’aver fatto la corte a sua moglie, si inginocchia e chiede il suo perdono ottenendolo. Figaro e Susanna, dopo aver commentato con i presenti quella pazza, pazza giornata di divertenti e drammatiche situazioni, invitano amici e conoscenti, genitori ed amanti ad unirsi a loro per dar inizio alla tanto sospirata festa delle nozze.
Le nozze di Figaro: analisi musicale
Mozart comprende che l’amore non è un capriccio, bensì quel bisogno infinito d’amare che l’uomo ha, nel suo continuo cercar la donna giusta, creandosi però anche il proprio destino. Si comprende quindi il taglio particolare dell’opera Le nozze di Figaro, centrato sull’irrequietezza della ricerca; si spiegano anche i ricorrenti ripiegamenti sulla nostalgia, alternanza animale fra lo stimolo amoroso e la morte, in cui il musicista coglie l’incongruenza della natura umana. Egli va oltre e supera il concetto del dramma sociale additando la vanità della rivoluzione borghese; esso si presenta nella remissività del tutto mozartiana, alla volontà del destino, celebrata dal maestro con molto talento dall’infinito esoterismo musicale; quel “Contessa perdono”, del finale, si legge come scena portatrice di pace e superamento di tensioni ed incomprensioni, correndo sino a chiuderla. C’è poi la complicità voluta del musicista e del letterato di scrivere in musica il senso storico del momento sociale.
Se poi andiamo oltre all’evento del secolo, la “folle journèe” si erge a simbolo dell’umana avventura in tutte quelle sequenze che si rincorrono nelle 24 ore e che trovano nel climax mozartiano luoghi comuni settecenteschi, come i suoi giardini e gli ospitali padiglioni per incontri amorosi, libertini, capricciosi, secondo la visione mozartiana dell’amore; ricordiamo nell’estasi lunare dell’aria di Susanna, indi troviamo nell’amarezza di Figaro, quella voglia di vendetta. Entrano ora i suoni dei corni e clarinetti a placar il livore ed a portar tranquillità per poter constatare: “tutto è tranquillo e placido”, invocazione che segna la pace con Susanna; godiamo così di accordi in sordina di arpeggi discendenti degli archi: “Ah! Tutti contenti saremo così”.
Mozart nelle sue “Nozze” inserisce le facce di quel razionalismo libertino che si riteneva l’alfiere nel pugnare in nome della mente. Inoltre egli introspettivamente coglie l’essenza della liricità della “Folle journèe”. La trasporta musicalmente e la si sente sin dall’ouverture incalzare con un ritmo intrigante e variegato fantasticamente superlativo nella sua regolarità metrica musicale. Mozart poi unisce la sua morale, ossia l’inutilità dell’esperienza, in quanto il destino lo si vive giorno dopo giorno, facendo spesso gli identici errori; dinamico e vitale è l’associare questo con l’eros, inteso come destino, spalmato su tutti i personaggi della sua opera. Per cui troviamo Cherubino nelle sue arie con “Travesti”, esempio della pubertà, seguita dalla sensualità canuta del conte che contemporaneamente ha un vorace appetito per Barbarina e per altre fanciulle compiacenti prima, e per Susanna poi.
Dilatando poi la scena troviamo le femmine con i loro desideri ed i loro innocenti vizietti – ovviamente ci son tutti, dall’età della ragione – rispettando il senso del libertinaggio settecentesco, riconoscendo in se stesse le portatrici di questa forza, consce anche della forza della loro femminilità; cominciamo con Barbarina che dai dodici anni come dice anche l’autore, “dodici ne avea anche la prima interprete”; Susanna che sa di potersi proporre in duplice gioco sia al conte d’Almaniva sia a Figaro, Marcellina che nonostante l’età non più giovane nutre speranze e voglie ancor mai sopite, la contessa morsa dal dolore e dal tormento della solitudine, persegue la via del perdono e della pietà, ora si odono – incunearsi in questo ristretto intervallar del secondo atto – i clarinetti con il loro dolcissimo e malinconico suono che fanno capire a lei, alla contessa, l’ineluttabilità delle cose terrene.
Cominciando il gran finale, udiamo sin dall’attacco quell’indicazione dinamica che accentua la nota sul tempo di battuta dei quattro sforzati, contenendo l’azione del conte: “Esci orami, garzon malnato”, come l’arpeggio armonico rovesciato da ascendente in discendente, la dinamica mutata, da forte a piano, i primi violini insistono su di un pedale di Si-bemolle, con piccole oscillazioni di tempo – agogiche per l’appunto – nella sua ricaduta e discesa d’ottava, proseguendo ancor per quattro battute, aprendo alla contessa: “Ah Signore, quel furore”, altre due battute dove le duine accompagnate da semplici armonie danno più valenza alle parole della contessa: “Per lui il cor tremar”.
La sua lirica è un fiore delicato che si schiude al sole della poesia, per cui la pantomima degli equivoci si apre alle domande. Le domande di Antonio e del conte infiorano la malizia racchiusa nella chiusura delle due parti in cui un verso risulta chiuso da una cesura. La rituale modulazione verso la dominante vede l’elevarsi del livello dinamico nel differente apostrofarsi tra Figaro ed Antonio. Ripresa dell’interrogatorio e breve ripresa del tema alla dominante, il rimembrare di Figaro: “Ah! che testa!”, accompagnata con un cadenzato in terza inferiore. Ora il conte vuole tutta la verità, Figaro va un po’ in confusione e le complici sussurrano; il tema si ripropone, il suo appello in 6/8 passa di tonalità in tonalità, fin quando Figaro appoggia sull’accordo di apertura: “E’ l’usanza di porvi un suggello”. Dopo, la tensione comincia a diminuire ed i legni su un pedale molto penetrante, alleggeriscono il climax della scena, mentre il tema continua ad interpretare l’apoteosi dell’intrigante commedia Le nozze di Figaro.
-_-
Ah,aspetta,questo sarebbe il fottutissimo riassunto?