Le Brigate Rosse e gli anni di piombo
L’episodio cardine nella storia delle Brigate Rosse risale al 16 marzo 1978, quando l’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, venne sequestrato e gli uomini della sua scorta furono uccisi. Aldo Moro, politico pugliese, stava lavorando alla costituzione del Governo stringendo alleanza con il Partito Comunista.
L’intero Paese entrò in un vortice di tensione nei giorni che seguirono il sequestro. Nonostante le accurate ricerche, non si riuscì mai a trovare il covo dei brigatisti nel quale Moro era rinchiuso. Intanto il prigioniero, tramite appelli inviati ai giornali, chiedeva al Partito e allo Stato di trattare con i brigatisti per il suo rilascio.
Lo Stato Italiano però non volle scendere a compromessi, quindi rifiutò categoricamente qualsiasi trattativa (solo il Partito socialista si mostrò disposto a trattare con i brigatisti per salvare lo statista democristiano). Nei suoi scritti dalla prigionia Aldo Moro lanciò pesanti accuse ai dirigenti del Partito, agli ex amici, alla Santa Sede, per aver scelto la strada della fermezza e dell’intransigenza, piuttosto che attivarsi per la sua liberazione. Le BR inviarono un comunicato il 18 aprile, nel quale invitavano gli inquirenti a cercare il corpo senza vita di Aldo Moro nel lago Duchessa, ma le ricerche non portarono alcun risultato.
Il 9 maggio, invece, le BR comunicarono per telefono all’amico di Aldo Moro, il professor Franco Tritto, che il cadavere del politico era rinchiuso nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, in via Caetani a Roma. Purtroppo tale avvertimento fu vero. Le immagini del corpo massacrato di Moro entrarono nelle case degli italiani tramite le edizioni straordinarie del Tg, suscitando orrore e sconcerto. Il barbaro assassinio di Aldo Moro dimostrò che la violenza dei brigatisti non conosceva limiti, e che bisognava fare qualcosa per impedire che prendesse il sopravvento.
Le Brigate Rosse: chi sono?
Le BR erano composte da persone per lo più appartenenti alle categorie di studenti ed operai. Pare che a fondare questo “partito armato” sia stato un giovane studente di Sociologia, chiamato Renato Curcio, insieme ad Enrico Franceschini, un ex militante del Partito Comunista.
Obiettivo principale delle Brigate Rosse era quello di organizzare la Rivoluzione contro il SIM (Stato Imperialistico delle Multinazionali). Per questo le BR trovarono terreno fertile per lo sviluppo della loro ideologia nei movimenti operai (come “Autonomia Operaia”) e in quelli extra parlamentari (come “Lotta continua”).
Le BR rappresentano un gruppo composito, formato da diverse soggettività, che ad un certo punto diventano portavoce di un modo alternativo di vivere rispetto all’ordine borghese precostituito. Comunque il fenomeno “Brigate Rosse”, diffusosi negli anni Settanta, resta ancora un mistero non del tutto chiarito a livello ideologico. Pur essendo una realtà per lo più nata nel nostro Paese, non è esclusa la partecipazione di nazioni straniere nella preparazione ed esecuzione degli atti terroristici. Secondo alcuni studiosi, l’ideologo della “rivoluziona armata” propugnata dalle BR è il professor Toni Negri, che si è anche distinto come uno dei maggiori teorici dei movimenti giovanili.
Il panorama politico-sociale italiano degli anni Settanta era così confuso e variegato che le BR riuscirono a conquistare una fetta minoritaria di consenso sociale, che poi venne meno del tutto con l’assassinio di Aldo Moro. Ancora oggi il “brigatismo rosso” non manca di farsi sentire, anche se il clima politico è ormai cambiato e non gode più del consenso sociale sul quale aveva costruito il suo potere negli anni passati.
Gli anni di Piombo
Gli anni Settanta vengono definiti “anni di piombo” a causa dell’irrequietezza e il clima rivoluzionario che coinvolgevano soprattutto le classi sociali più “deboli”. Le Brigate Rosse approfittarono di tale periodo alquanto instabile per mettere a punto una serie di attacchi di diversa entità nei confronti di personalità che rappresentavano lo Stato e le istituzioni: politici, sindacalisti, giornalisti, magistrati, imprenditori, poliziotti, docenti. Fu un momento alquanto difficile per l’Italia, in cui già imperversava il terrore per le stragi degli estremisti di Destra che diffusero una vera e propria “strategia della tensione”.
Ad aggravare la situazione nazionale già compromessa si aggiunse anche la dilagante corruzione politica, che solo alcuni esponenti politici ebbero il coraggio di denunciare pubblicamente (come Enrico Berlinguer, che sollevò la “questione morale” nel 1981). In quegli stessi anni turbolenti, caratterizzati da un profondo anelito al cambiamento in ogni settore del Paese, si venne a costituire una sorta di “setta occulta”, la Loggia Massonica P2, costituita da uomini influenti nell’abito della politica e dell’economia, che si unirono per ristabilire l’originario “ordine” attraverso l’uso dell’autorità e degli affari illeciti. A capo di questo gruppo vi era Licio Gelli.
Tra gli eventi criminosi che caratterizzarono il periodo che va dagli anni Sessanta agli inizi degli anni Ottanta ricordiamo la strage di Piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969) e la strage della Stazione centrale di Bologna (2 agosto 1980), nella quale morirono ben ottantacinque persone.
Gli omicidi politici messi in atto dalle BR sono stati parecchi il primo in assoluto fu quello risalente all’8 giugno 1976 quando venne ucciso, insieme alla sua scorta, il Procuratore della Repubblica di Genova, Francesco Coco. Pare che questa azione criminosa sia stata pianificata dalle BR per dare una forte dimostrazione della loro forza nei confronti della politica.