Guerra di Crimea, riassunto e storia

La Guerra di Crimea si combatté dal 1853 al 1856 sul Mar Nero. Schierati l’un contro l’altro ci furono la Russia e l’Impero Ottomano, appoggiato da Francia e Gran Bretagna. Motivo del contendere fu il controllo dei luoghi santi della cristianità nel sultanato, in particolare in Palestina.

Guerra di Crimea - Battaglia di Sinope - 30 novembre 1853
Guerra di Crimea, Battaglia di Sinope (30 novembre 1853): le navi turche (a sinistra) sono attaccate dalla flotta russa. Quadro dell’artista russo Ajvazovskij 1853

Prima della guerra di Crimea: il quadro storico

Il biennio 1848-1849 fu costellato da grandi rivoluzioni in tutta Europa e oltre. Mentre il 1851 fu l’anno dell’esposizione internazionale a Londra, il successivo, il 1852, fu quello in cui Luigi Napoleone in Francia revocò la Costituzione autoincoronandosi Napoleone III.

Analoga la situazione che sconvolse l’Austria e il suo impero. Quando la Russia dichiarò guerra al Sultano, nel marzo del 1854, i veri protagonisti del contendere divennero Napoleone III da una parte e lo zar Nicola I dall’altro.

Religione e geografia politico-economica

La difesa della cristianità, cattolica per uno e ortodossa per l’altro, nascondeva infatti l’accesso e la supremazia sul Mediterraneo. Inoltre, insieme alla garanzia del favore dei cattolici all’interno del proprio regno, i due governanti ambivano ad espandersi territorialmente in Turchia per avere il controllo su Bosforo e Dardanelli.

Due schieramenti: occidente contro oriente

Nello schieramento alleato vi erano così, accanto al Sultano, la Francia e la Gran Bretagna. Presto si unì a loro anche il Regno di Sardegna. Nel maggio del 1855, infatti, il conte Camillo Benso, in cerca dell’appoggio della Francia per la sua espansione in pianura padana, mandò i suoi bersaglieri a Oriente. Lo fece nonostante una fortissima opposizione dell’opinione pubblica che lamentava un conflitto al di fuori dei propri interessi.

Alfonso La Marmora
Il corpo di spedizione piemontese partì da Genova il 25 aprile 1855 comandato dal generale Alfonso La Marmora.

Gli alleati, così costituiti, vantarono un equipaggiamento più moderno dotato di navi a vapore e corazzate.

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La Russia, invece, una volta invase Moldavia e Valacchia, tenendo sotto minaccia la Bulgaria settentrionale, entrò nel conflitto con armi già obsolete.

Velieri, cannoni e vecchi fucili furono a disposizione dei soldati del fronte orientale. Combattenti che oltre tutto incontrarono ulteriore ostilità sul territorio di guerra: vasto e quasi privo di infrastrutture per il trasporto, gli spostamenti e la comunicazione.

Pertanto, la Russia scese in campo attuando soprattutto una guerra di posizione ovvero di resistenza all’avanzata degli alleati sulla Crimea. L’attacco fu fortemente depotenziato da un’ondata di colera che portò via il 30 per cento dei soldati provenienti da Occidente.

Dalla caduta di Sebastopoli alla fine del conflitto

Resistendo e avanzando, contando numerose perdite su entrambi gli schieramenti, si giunse alla caduta di Sebastopoli al 389° giorno di assedio.

Da qui lo stallo: gli alleati erano decimati dalla malattia e stanchi; i russi non avevano la spinta di andare al contrattacco.

Intanto l’Austria, fino a questo momento altalenante nella sua posizione, lanciò un ultimatum per la discesa in guerra con gli alleati. Ma la guerra ormai era agli sgoccioli.

In Russia si accesero decine di rivolte contadine. In breve tempo, il nuovo zar Alessandro II si arrese decretando la fine del conflitto il cui esito, poi, fu definito con i Trattati di Pace di Parigi del 1856.

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Stefano Moraschini

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