Fra Cristoforo: carattere, storia e breve analisi del personaggio
Fra Cristoforo è uno dei personaggi importanti de I promessi sposi, di Alessandro Manzoni. In questo articolo riassumiamo brevemente le caratteristiche con un’analisi del personaggio.
Approfondimento
Fra Cristoforo: chi è
È un frate cappuccino che, all’inizio della storia, vive presso il convento di Pescarenico. È il confessore di Lucia Mondella, è al contempo il suo riferimento morale.
Dal punto di vista narrativo è il principale aiutante dei protagonisti Renzo e Lucia.
È figlio di un commerciante. Prima di ricevere la vocazione e diventare frate cappuccino, si chiamava Lodovico. Manzoni non ci fornisce alcun cognome.
Grazie alla fortuna paterna Lodovico cerca di introdursi negli ambienti della nobiltà ma viene rifiutato, perché inferiore per nascita. Si immedesima così nel ruolo di paladino dei più poveri.
Nella storia che ci racconta Manzoni, Lodovico si scontra – per cause banali – con un nobile: i due si affrontano in un duello e Lodovico uccide il suo avversario.
Il nobile arrogante con cui ha duellato, negli ultimi istanti di vita si pente amaramente e perdona Lodovico tramite il cappuccino accorso ad assisterlo.
Nello stesso scontro rimane ucciso il fedele servitore di Lodovico, di nome Cristoforo.
Lodovico si rifugia nel convento di Cappuccini della sua città.
Le due tragiche morti danno il via a un processo di conversione che porta il nostro personaggio a un cambiamento di vita per il quale era già predisposto. Diventato religioso assumerà il nome di Padre Cristoforo in memoria del suo servitore.
Le similitudini di carattere tra padre Cristoforo e Renzo
Alcuni tratti del carattere del frate lo avvicinano al giovane Renzo Tramaglino, soprattutto:
- l’impulsività;
- l’indignazione di fronte all’ingiustizia.
Fra Cristoforo però riesce a controllare queste sue caratteristiche grazie a una pratica di umiltà acquisita negli anni. Sono pochi i momenti in cui troviamo Cristoforo esplodere. Lo fa in un’invettiva di fronte al provocatorio atteggiamento di don Rodrigo, e poi alla fine, contro lo stesso Renzo, ammonendolo di dover praticare il perdono proprio verso don Rodrigo, malato di peste e prossimo alla morte.
Per sottolineare questa ambivalenza tra Cristoforo e Renzo, Manzoni delinea la personalità di padre Cristoforo attraverso una serie di antitesi che ne mettono in risalto la ferrea autodisciplina. Questa è proprio la qualità che Renzo dovrà guadagnarsi durante il lungo percorso di formazione che lo porterà fisicamente da Milano a Bergamo, e – in ultima analisi – spiritualmente a essere un uomo nuovo.
L’ispirazione di Manzoni
Padre Cristoforo è un personaggio di fantasia, anche se i critici pensano che Manzoni si sia ispirato, nel tratteggiarlo, a un certo fra Cristoforo Picenardi da Cremona. Egli si distinse nell’assistenza ai malati durante la peste del 1630.
In ogni caso, l’autore dedica ampio spazio a ricostruire le tappe della vita del sant’uomo.
Nessun si pensi che quel Cristoforo fosse un frate di dozzina, una cosa da strapazzo. Era anzi uomo di molta autorità, presso i suoi, e in tutto il contorno; ma tale era la condizione de’ cappuccini, che nulla pareva per loro troppo basso, né troppo elevato. Servir gl’infimi, ed esser servito da’ potenti, entrar ne’ palazzi e ne’ tuguri, con lo stesso contegno d’umiltà e di sicurezza, esser talvolta, nella stessa casa, un soggetto di passatempo, e un personaggio senza il quale non si decideva nulla, chieder l’elemosina per tutto, e farla a tutti quelli che la chiedevano al convento, a tutto era avvezzo un cappuccino.
I promessi sposi, Capitolo 3
Breve analisi del personaggio
La gioventù di Cristoforo è scapestrata: dopo l’uccisione del nobile, segue la vocazione e la scelta di espiare il peccato attraverso il servizio ai deboli, ai poveri e agli oppressi. Ciò lo spinge a sacrificare la vita con gioia nell’opera di conforto e cura degli appestati al lazzeretto (o lazzaretto: l’ospedale per l’isolamento degli ammalati incurabili o affetti da peste).
A Manzoni sta particolarmente a cuore la figura del frate cappuccino, perché rappresenta quella parte di Chiesa che, in una società corrotta e mondana come quella del Seicento, interpreta correttamente il messaggio evangelico e porta aiuto e sostegno a quanti ne hanno bisogno. Ciò anche a costo di sfidare l’autorità secolare e la sua prepotenza.
Il personaggio di Padre Cristoforo è inoltre costruito in contrapposizione con quello di don Abbondio, che si è rifugiato nell’abito talare solo per proprio tornaconto. La coppia di religiosi Fra Cristoforo/don Abbondio si affianca così a quella costituita dalla monaca di Monza (Gertrude) e dal cardinale Federigo Borromeo, ai livelli più alti della gerarchia ecclesiastica.
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