Don Abbondio: analisi del personaggio dei Promessi Sposi
Tra i principali protagonisti dei “Promessi Sposi” Don Abbondio è descritto da Alessandro Manzoni nelle sue peculiarità caratteriali, mentre i particolari fisici vengono quasi del tutto trascurati. A tale personaggio possono essere attribuiti, in sintesi, tre aggettivi: egoista, codardo e schiavo delle abitudini.
Sfogliando le pagine del romanzo, Don Abbondio è uno dei primi personaggi che si incontrano, intento a passeggiare con il suo breviario in mano. Nell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi, Manzoni racconta la storia di quest’uomo, che non emerge certo per il suo coraggio o l’intraprendenza: la sua carriera ecclesiastica è frutto di una scelta di comodo, più che la conseguenza di una vocazione.
Tra le caratteristiche di Don Abbondio spiccano un forte egocentrismo, unito ad un bieco egoismo che lo porta a diventare addirittura uno strozzino. Sempre dalla parte dei potenti, questo religioso sui generis è descritto anche nei suoi lati più comici: basta leggere il colloquio tra lui e Renzo nel giorno del tanto atteso matrimonio, quando si mette a parlare in latino pronunciando misteriose frasi incomprensibili al suo interlocutore.
A Don Abbondio il Manzoni attribuisce una battuta, poi diventata proverbiale (siamo all’inizio del capitolo VIII del romanzo), mentre se ne sta a rimuginare seduto in poltrona ed esclama: “Carneade. Chi era costui?”. L’età del curato non viene precisata, e neppure a quale casato appartenga. Don Abbondio non è un uomo cattivo, piuttosto è un vile che ha paura di tutto e di tutti, teme di assumere una posizione su qualsiasi vicenda, perché non vuole perdere la tanto amata tranquillità.
Don Abbondio è stato incaricato di sposare Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, ma verrà distolto in questo dall’incontro con due Bravi, mandati dal signorotto Don Rodrigo, che lo impauriscono intimandogli di non celebrare le nozze. Data la sua remissività, il curato accondiscende alla richiesta dei due ceffi.
Dopo di che scompare dal romanzo per poi ritornare negli ultimi capitoli, quando la vicenda è al suo epilogo e finalmente deciderà di sposare i due giovani solo quando viene a sapere che il prepotente Don Rodrigo è morto. Attraverso la figura di Don Abbondio il Manzoni avanza un giudizio velato nei confronti di quella parte del clero che si mostra più vicina agli interessi dei potenti che degli umili.
Di fronte al rifiuto di Don Abbondio di celebrare le nozze, Renzo e Lucia decidono di organizzare a sorpresa le nozze, prendendo alla sprovvista Don Abbondio. Il curato, però, si accorge di tutto e fugge prima di pronunciare la formula che unirebbe i due giovani in matrimonio. Il cardinale Federigo Borromeo chiede poi l’aiuto di Don Abbondio per riportare a casa Lucia, che intanto è stata rapita dall’Innominato.
Nonostante non si fidi della conversione di quest’ultimo, Don Abbondio obbedisce sempre motivato dalla paura. Don Abbondio rappresenta, con i suoi difetti, la corruzione ecclesiastica del Seicento.
Il personaggio che in qualche modo si contrappone a don Abbondio per le sue doti morali è Fra Cristoforo, che è il difensore della povera gente e degli svantaggiati. Neppure la tragica esperienza della peste, vissuta in prima persona sulla propria pelle, riesce a far uscire don Abbondio dall’egoismo in cui vive e a farlo evolvere verso un’esistenza più dignitosa. Il suo è un personaggio che non cambia, che il Manzoni ha voluto far restare fermo nelle sue convinzioni e rintanato nelle sue abitudini dall’inizio sino alla fine del romanzo.