Betsabea con la lettera di David, opera di Rembrandt
Betsabea, la “gloriosissima regnatrice”, compì le sorti del futuro d’Israele nell’inenarrabile dolore dell’infedeltà. Nell’adultero desiderio di compiacere il proprio sovrano e nell’amaro destino di doppiezza che conduce al tradimento mortale, si consuma il fulcro della biblica narrazione di cui Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 – 1669) ci rende partecipi. Il dipinto della “Betsabea con la lettera di David” (1654) volge alle estreme conseguenze le profetiche note dell’antico testamento, coagulando l’esito narrativo all’intima ricerca psichica, nell’avvolgente sentimento che smuove, nell’immobilità del viso crucciato, impulsi dominanti, inconfessabili.
L’eccelsa nudità della giovane Betsabea, quella di un corpo sensualmente opalescente e inconfutabilmente fecondo, fu il pregio e la condanna, il peccato e la redenzione. Il mistero avvolge il dipinto del maestro olandese ostacolando, difatti, la ricostruzione di un’esistenza segreta.
Il celebre quadro “Betsabea con la lettera di David“ ritraente la moglie del re Davide comparve per la prima volta sul mercato antiquario nel primo decennio del XIX secolo, raggiungendo il Louvre circa sessanta anni dopo.
Approfondimento
Betsabea con la lettera di David: genesi del dipinto
La storia del dipinto di Rembrandt è imperscrutabile, incerta. Fu realizzato nel 1654 per una committenza tuttora sconosciuta, portando in sé i segreti dell’intima realtà creativa di un Rembrandt maturo.
Le morbide fattezze della venere olandese sono mistiche, permeate di una religiosità biblicamente immortale, nella didascalica convinzione di un fatto che muta e che si tramuta nel suo significato, adattandosi alle necessità espressive di ogni epoca.
Betsabea, la “figlia del giuramento”, fu concepita e obliata nei fitti gineprai del tempo, tra dipinti sperduti e capolavori che attendono la rinascita, il ritorno agli attesi onori.
Nei primi decenni del XIX secolo, il dipinto noto come la “Betsabea con la lettera di David“, riconquistò la propria gloria, giungendo finalmente al cospetto dell’umanità, quella colta e nutrita di arte e sapere aristocratico. Sopraggiunse e infine s’insediò, la Betsabea parigina, tra le facoltose e risplendenti collezioni museali francesi, nell’ampio firmamento del patrimonio antiquario, forgiando e infine rilucendo di quell’antica e quasi perduta esistenza.
Nella completa assenza di notizie attestanti il passato del tutto oscuro di questo capolavoro, la Betsabea di Rembrandt, vagò silenziosa e viva, come l’ispirazione che la originò, in un passato impenetrabile, ricomparendo improvvisamente e miracolosamente nella sua fulgida bellezza lattea solo nel 1810.
Il dipinto, grazie al lascito di un privato, giunse al Louvre nel 1869, facendosi effige del volto nobile e spietatamente evocativo dell’espressività artistica del maestro nordico.
La Bethsabée di La Caze
La “Bethsabée” raggiunse il Louvre grazie alla consistente ed eccezionale donazione del medico, filantropo e collezionista francese Luis La Caze (1798 – 1869), che facendo dell’arte la sua seconda vocazione asserì:
Esistono tre categorie di collezionisti: quelli che acquistano un dipinto per il piacere di possederlo e di rallegrarsene in solitudine, coloro che si appropriano di una tela per il gusto di esibirla, e infine i collezionisti che fanno del capolavoro procacciato lo strumento ideale per gioirne e far gioire. Se non avessi una vista così debilitata, avrei già donato i miei dipinti al Louvre, ma purtroppo quest’ostacolo m’impedisce di ottemperare alla mia volontà, che sarà esaudita solo dopo la mia morte.
Il filantropismo di La Caze si estese ben oltre la fervente e quanto mai appassionata attività medica, toccando gli esiti di un’anima ampia, votata alla cura del corpo martoriato di un paziente colerico e all’antidoto dell’arte contro i mali interiori.
Il passo che segue riporta parte del testamento, vergato prima della sua morte, nel 1865, rende nuovamente valore alla figura di un uomo che dedicò la propria vita alla cura delle umane afflizioni, sia fisiche che interiori:
Desidero donare al Museo di Parigi [Louvre], quando sopraggiungerà il momento del mio decesso, tutta la mia collezione di dipinti. Mi auguro che sia allestito uno spazio adeguato per accoglierli e ad essi dedicato. Nel caso in cui il museo non accettasse, i dipinti potranno essere distribuiti presso i diversi musei provinciali. Sono esclusi dal lascito i ritratti di famiglia e altri dipinti realizzati per mio conto; i miei eredi saranno liberi di stabilirne le sorti.
Note tecniche e descrittive
“Un pomeriggio Davide alzandosi dal letto, passeggiava sulla terrazza della reggia, quando vide dall’alto della terrazza una donna che si lavava. La donna aveva un aspetto molto bello.”
(Samuele due, 11 – 2)
Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Uria l’Hittita, viene così condotta al cospetto del re Davide, commettendo adulterio e concependo un figlio. L’infedeltà punisce il re d’Israele, che dopo aver causato la morte di Uria sotto i colpi degli Ammoniti, paga il peccato con la morte del figlio primogenito, generato con Betsabea.
Il pentimento condurrà Davide e Betsabea sulla strada della redenzione e alla nascita di Salomone, il futuro re d’Israele.
Il racconto biblico, di cui il dipinto si fa strumento espressivo, porta in primo piano il senso della dinamica psicologica, quale chiave di lettura per comprendere la storia e allo stesso tempo il tormento interiore di una donna, Betsabea.
L’immagine realizzata da Rembrandt nel quadro “Betsabea con la lettera di David” apre le porte di una comunicazione che meglio chiarisce i sentimenti, più di quanto possa fare – tenendo ovviamente conto delle divergenze legate ai due mezzi comunicativi – la lettura di un passo del secondo libro del profeta Samuele.
“Davide mandò messaggeri per prenderla. Ella andò da lui ed egli dormì con lei, che si era appena purificata dalla sua immondezza”
(Samuele, due, 11 – 5)
L’emotività è emergente, come se ogni parola di ogni pensiero venisse trascritta, resa caparbiamente leggibile e decifrabile su di un foglio.
La fisionomia di Betsabea è definita tramite le tracce su di una tela, mentre il suo corpo prende il volume e conquista lo spazio grazie al colore; eppure essa risulta reale, concreta quanto il dramma che si impiglia nell’indecisione, nel momento complesso della scelta: la chiave del dipinto, difatti, risiede nella centralità della missiva, quale simbolo del dissidio interiore della giovane donna, visibilmente addolorata, combattuta tra l’esprimere la fedeltà al proprio sovrano senza violare il sacro vincolo che la lega al proprio sposo.
Il capolavoro olandese si libera dagli elementi narrativi accessori e dall’icnografia tradizionale – che prevedeva la rappresentazione dei messaggeri o del re – focalizzandosi sull’invito rivolto a David alla giovane donna.
Betsabea è raffigurata nuda, a grandezza naturale e sul bordo di una vasca, mentre un’ancella le asciuga i piedi. Il nudo, meravigliosamente centrale, fu plausibilmente ispirato da un bassorilievo che Rembrandt potrebbe aver conosciuto attraverso l’incisione di François Perrier, pubblicata a Parigi nel 1645.
Note Bibliografiche
K. Baedeker, Paris and Its Environs: With Routes from London to Paris, Paris to the Rhine and switzerland handbook for travellers, Leipsic: K. Baedeker, 1874
La collection La Caze: chefs-d’œuvre des peintures des XVIIe et XVIIIe siècles, Haza, 2007
P. Daverio, Louvre, Scala, Milano, 2016