Bacio rubato (o Bacio furtivo), quadro di Fragonard: storia e descrizione

Amore e voluttà sono le didascaliche parole che facilmente lo spettatore può udire accostando l’orecchio a questa pregevole tela francese. Si intitola “Il bacio furtivo” (o bacio rubato). È un dipinto illustre capace di accostarsi serenamente alla scene d’amore di “Annette al suo amato” o ad una nuvola di stucco dell’oratorio di Santa Cita.

Lui le prese teneramente la mano. / Si guardarono fissi negli occhi, poi / guardarono in giro, che non vegliassero genitori; /e poiché non videro nessuno, /svelti – ma bene – /fecero come facciamo noi.

(“Annette al suo amato”, Johann Wolfgang Goethe, 1767).

Il bacio furtivo - dettaglio
Il bacio furtivo (o bacio rubato): dettaglio centrale del quadro

Realizzato da Jean-Honoré Fragonard negli ultimi decenni del XVIII secolo, il “Bacio rubato” si distinse per l’inusuale leggerezza del motivo rappresentato, subendo di fatti gli onori e al contempo le sfavorite sorti di pittore viziato dall’immorale futilità.

Figlia prediletta dello stile rococò, l’opera di Fragonard divenne capolavoro di pregio presso il palazzo reale di Stanislao Augusto Poniatowski, per poi raggiungere le sale dell’Ermitage nel 1895.

Il bacio furtivo: genesi del dipinto

Della bellezza dell’arte tardo settecentesca, apparve sovente l’arte sublime e teneramente romantica di Jean Honoré Fragonard, “l’essenza profumata del Settecento”.

Allievo di Chardin e di Watteau, fu il meritevole destinatario del Prix de Rome nel 1776, brillante periodo quello della permanenza italiana, che ne favori l’ispirazione grazie agli eccelsi esempi della pittura barocca, di cui si fece insigne maestro Pietro da Cortona, “intensificando la vivacità della propria visione e acquisendo in breve una scioltezza sorprendente” (FREGOLENT), procedendo di fatti “su un sentiero seminato di rose“.

La tela de “Il bacio rubato“, appartenuta a Stanislao Augusto Poniatowski, ultimo re di Polonia, è una delle opere più incredibili dell’artista, che grazie al benefico influsso della pittura di genere del Seicento olandese, raffigurò una galante scena di vita quotidiana, rischiarando, grazie ad un’attenta rappresentazione, le abitudini del “terzo stato”.
Il dipinto fu acquistato dall’Ermitage nel 1895.

Il bacio furtivo - Stolen Kiss - bacio rubato - Fragonard
Il bacio furtivo (Stolen Kiss, 1786) • Olio su tela, 168.5 cm × 168.5 cm

Bacio rubato: note tecniche e descrittive

Nella “Guida pittorica, ossia analisi intorno lo stile e degli artisti italiani e stranieri antichi e moderni del barone Alessandro Petti” (1855):

“Fragonard (Nicola) 1732 1806. Grasse in Provenza – Allievo di Francesco Boucher che mostrò soverchia affettazione nelle sue figure, e nella maniera di aggrupparle, ed ebbe composizione più nobile, più ragionata, e più poetica, di quella del suo maestro, non che pennello pieno di grazia, e di magia, tocco alquanto quanto indeciso, stile piacevole, senza carattere determinato, e colorito fattizio, e poco vigoroso”.

Quello che oggi colpisce per l’incredibile bellezza, non fu, come spesso accade, apprezzato dai contemporanei a causa dell’amaro gusto di ciò che si effigia di novità o dell’abietto tentativo di abbeverarsi presso una fonte irrorata dalle nuove mode e dai sentimenti cangianti di una società in perpetuo mutamento, e per tale motivo, turpe e lontana della stella maestra dei tempi passati.

L’ingegno dell’estro umano, la maestria nel tentar nuove strade nacquero in ogni modo da radici consolidate, da scuole supreme e di superba comprovazione, quali furono gli insegnanti di Fragonard, allievo di Chardin e Watteau.

Consacrandosi al culto della moda, venne ben volentieri accolto da coloro che fecero dell’omologazione il vanto del gusto moderno, tant’è che “I suoi quadretti ed i suoi disegni all’acquerella sì osservabili per pensieri nuovi ed ingegnosi, comparati venivano appena vedevano la luce“.

L’ingegno e la creatività dischiusero le porte ad una pittura che fu definita dissoluta, viziata di vuotezza e scarso senso d’elevazione spirituale.

L’opera di Fragonard

Lontana da un’arte, dunque, che fino a quel momento si era legittimata ad altissimo mezzo piuttosto che a semplice esternazione da stipare nel mero fine espositivo, come uno specchio che guarda assiduamente al presente, non allontanandosi mai nel grandezza del passato, ma scrutando in se stesso, tra il lusso dei ricchi salotti e la vacuità dei giochi borghesi.

Nella notevole raccolta dal titolo “Biografia universale antica e moderna“, l’opera del genio francese fu così giudicata licenziosa, macchiata d’immoralità:

“Sotto tale aspetto si dirà: Fragonard è colpevole; e non si troverebbe modo, anche ammirando il pittore, d’ approvare l’ingegno, di cui il risultamento accende passioni pericolose e tende alla depravazione dei costumi. Gli epigrammi d’un pittore valgono alle volte quanto quelli d un poeta”.

Seta, visi incipriati e passi leggeri accompagnano l’intera opera compositiva e artistica di Jean – Honoré Fragonard, nell’esibizione del vanteria, e dell’erotismo aristocratico snocciolato nella pratica romantica delle lettere d’amore, dei baci rubati e dei corteggiamenti all’aperto, tra cespugli odorosi e altalene appese agli alberi che tanto avevano “sgomentato il timore”.

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Leggerezza, animosa vitalità e luminosità contraddistinguono il sentimento di riconquista, di rivincita rispetto all’opulenza soffocante del Barocco, di contro a quella ridondanza di forme complesse e vorticose, di bellezza incommensurabile e di maestria inqualificabile di cui si fecero precettori il Bernini, il Borromini e Pietro da Cortona.

L’evoluzione di un’arte elevata

L’evoluzione colse nuovamente i frutti di un’arte elevatissima, quella barocca, liberandoli e tramutandoli nelle forme nuove, se pur ereditate, del secolo precedente, nelle linearità sinuose, nei temi edonistici di leggiadra e luminosa spensieratezza tra rovine incantate e vedute sconfinate.

Ombre e sciabolate di colore si cristallizzano nelle scene di femminile vanità, di borioso luccicare di stoffe, ornamenti e imbelletti pesanti e candidi, dalla quale sembra emergere un profumo antico, il tempo d’impiego dei ferri ardenti per le acconciature, la cremosità delle cere profumate, l’ esalazione floreale degli oli inebrianti.

L’amore appare fuggevole, veloce e passionale, inseguito dalla gioventù aristocratica nei campi, tra i ruscelli, lontano dall’ipocrita disapprovazione dell’autorità famigliare, e quando quest’ultima manca del proprio controllo, la passione trova in ogni modo sfogo nella clandestinità di luoghi appartati e asfissiati dalla mobilia e dai panneggi pesanti.
L’arte di cui si fece promotore Fragonard e le conseguenze di un gusto così frivolmente moderno sono facilmente identificabili in quello che fu lo spirito del secolo:

“[…] in mezzo a tanti baci ed abbracciamenti che diamo al proletariato, s’alza una vampolina insensibile e sottile in sulle prime, come la calunnia di Don Basilio, la quale ci penetra le ossa e ci dà alla testa, e ne riempie le cavità coi fumi inebbrianti dell’orgoglio […]”(SELVATICO).

Fragonard e il Rococò

Fragonard fu uno dei massimi esponenti del Rococò francese, incoronandosi a immagine stessa del Settecento, o meglio al “essenza profumata del Settecento”.

Bellezza, attesa e futile innamoramento divengono protagonisti della tela di Fragonard, immenso ed inestimabile rappresentante delle ricerche pittoriche stanche delle storiche rappresentazione e delle spirituali icone, vivide di messaggi didascalici, ammonimenti religiosi e orgogliosi passati.

Quello che la critica accusò è tuttora causa di grande orgoglio per il merito di quell’arte che nascendo per gli arredi intrise ogni rappresentazione, ogni interessante frutto caduto dall’albero dell’intuizione artistica

La scena

La scena del bacio rubato si immobilizza, si colma di emozioni, che per quanto ricche di passione possano essere, trasudano in ogni caso la superficialità di un atto effimero, nato dal vizio, dall’impeto di un istante, dal tumulto della partecipazione, senza che si lasci intravedere l’impegno, il momento onorevole dell’atto amoroso, non oltre i fatui confini del corteggiamento, dell’adulazione, dei tempi gioiosi che anticipano l’impegno matrimoniale, famigliare: oltre la porta, tre personaggi di età matura sono seduti al tavolo da gioco.

La vigilanza che essi dovrebbero effettuare sui giovani appartati è convenientemente ostacolata dalle carte e dalla colloquio, in altre parole le attività favorite nei salotti borghesi e aristocratici del XVIII secolo.

I quadri da cavalletto sono una costante, un chiaro riflesso d’un “arte arredatrice“, minuta nelle forme e consacrata al fantasioso interesse per paesaggi bucolici, realistici ma al contempo immaginati, in quell’estro ricco, estroverso e alleggerito da ogni mira tenacemente avvolta dagli alti scopi.

L’intimo spazio si fa scrigno di tessuti e mobilia, aprendosi alle spalle, nelle vicinanza di una sedia e di un tavolino, ai margini di un angolo illuminato e contiguo invece al buio che caratterizza i panneggi e lo spazio che fa da sfondo alla giovane fanciulla protesa verso il bacio; una porta semichiusa si apre su un’altra stanza, mostrando chiaramente la nobile eredità dei maestri fiamminghi, dei modelli olandesi.

Jean-Honoré Fragonard (autoritratto)
Jean-Honoré Fragonard (autoritratto o “L’ispirazione”)

L’abilità di Fragonard risulta sorprendente nella resa dei panneggi, morbidi e lucenti, e in genere nella rappresentazione delle superfici materiche oscillanti dai riflessi cangianti della seta di cui è fatto l’abito della dama al centro della scena, alla sottile trasparenza del velo, dal legno lucido del tavolino alla trama velluta del tappeto a decorazioni floreali adornante il pavimento, anche questa volta frutto della tradizione mimetica della tradizione olandese.

Note Bibliografiche

P. Daverio, “Louvre”, Scala, Firenze, 2016
“Biografia universale e moderna, ossia storia per l’alfabeto della vita pubblica e privata di tutte le persone che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti.”, vol. 22, Gio. Battista Missiaglia, Venezia, 1825
P. Selvatico, “I motori dell’arte italiana nel passato e nel presente”, “Rivista universale. Annali cattolici”, vol. 5, Uffizio della rivista universale, Genova – Firenze, 1867

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Simona Corciulo

Simona Corciulo nasce a Gallipoli il 5 maggio del 1992. Appassionata di arte e antiquariato, ha conseguito la laurea in ''Tecnologie per conservazione e il restauro'' nel 2014. Fervida lettrice, ama scovare e collezionare libri di arte, storia, narrativa - italiani e stranieri - desueti o rari.

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