L’aquilone, poesia di Pascoli: commento
Una lirica straziante, colma di dolore, quella che Giovanni Pascoli intitolò “L’aquilone” e ricomprese nella seconda edizione della raccolta di poesie “I poemetti“. Questa è una delle raccolte più importanti delle opere di Pascoli. La poesia, datata 1897, si focalizza sul ricordo del passato. In particolare il Pascoli rievoca due momenti della sua infanzia: l’allegro volo degli aquiloni durante una giornata ventosa e la morte prematura di un suo compagno di collegio.
Approfondimento
La metrica
Lo schema metrico utilizzato dal poeta è lo stesso che Dante Alighieri aveva usato nella “Divina Commedia“, ma in questa lirica manca il tono aulico e solenne che troviamo in quella dantesca.
Una riflessione
Diventato ormai adulto, il poeta si lascia andare ad una riflessione sull’esistenza alquanto mesta e malinconica. Da giovane, Giovanni Pascoli aveva studiato presso il Collegio degli Scolopi di Urbino, e proprio a questo periodo della sua vita sono legati i due momenti riportati nella poesia. Le corse spensierate con i compagni facendo volare in cielo gli aquiloni e la morte prematura di un compagno, che nella lirica viene descritto pallido e malaticcio.
La morte, che in quel momento aveva strappato il ragazzino alla vita e che gli era sembrata così ingiusta, ora gli appare in un modo diverso. Segnato ormai dal dolore, il Pascoli ritiene che il suo giovane amico morto prematuramente sia stato più fortunato di lui, perché almeno nella sua breve vita e al momento della morte ha avuto vicino la sua mamma. La mancanza della madre aveva evidentemente lasciato un vuoto incolmabile nella vita del poeta.
Analisi della poesia
Per introdurre la dimensione del ricordo, Giovanni Pascoli utilizza uno stimolo olfattivo, l’odore delle viole che ritorna a farsi sentire in primavera. Ad un certo punto, durante la poesia, il poeta si rivede mentre rincorre gli aquiloni in una giornata spensierata senza scuola.
Maneggiando l’aquilone i ragazzi assaporano la libertà e avvertono la sensazione di volare con questi nel cielo terso. Le grida eccitate dei ragazzi rompono il silenzio e le loro voci si rincorrono con gli aquiloni. Proprio queste voci, che ad un certo punto si riempiono di delusione per la caduta degli aquiloni a causa del forte vento, riportano alla memoria di Pascoli uno dei compagni di collegio, quello per cui aveva pianto e al quale aveva indirizzato le sue preghiere.
Essendo morto così giovane, il compagno di studi non aveva provato grande sofferenza, né conosciuto le delusioni della vita. L’unico dolore provato era stato quello di aver visto gli aquiloni schiantarsi rovinosamente al suolo.
Commento alla poesia L’aquilone
Nella lirica “L’aquilone” del Pascoli si contrappongono in maniera netta due sentimenti. 1) Quelli di felicità e spensieratezza legati alla gioventù e al volo degli aquiloni nel cielo azzurro. 2) Quello di tristezza e malinconia per la morte prematura dello sfortunato compagno di studi e di gioco. Di lui il poeta ricorda le ginocchia rosse per le continue preghiere sul pavimento. E ricorda il volto pallido per la malattia.
Pascoli sente che sta per arrivare alla fine della sua vita. Per questo nella lirica dice al suo amico che presto lo raggiungerà. E aggiunge che questi è stato fortunato a morire giovane. Anche e soprattutto perché ad accarezzargli i capelli per l’ultima volta c’era sua madre.
L’immagine della povera mamma che pettina i capelli del figlio morente è legata ad un grande rimpianto del poeta. Quello di non poter godere dello stesso amorevole gesto da parte di sua madre.
Il pessimismo pascoliano della poetica di Giovanni Pascoli, qui è molto forte, e la lirica in questione è una chiara sintesi della sua poetica. Nelle immagini delle “bianche ali sospese” (gli aquiloni) e del vocio dei fanciulli, riemerge il male di vivere del Pascoli. L’autore fu segnato nella vita da gravi lutti come la scomparsa e della sua amata mamma.