A Silvia: analisi della poesia di Leopardi
“A Silvia” è una delle poesie più belle e note di Giacomo Leopardi. È uno dei grandi idilli, quindi fa parte del terzo tempo della lirica leopardiana (1828-1830). I grandi idilli sono differenti dai piccoli idilli per il fatto che, mentre i piccoli idilli hanno un contenuto soggettivo, ovvero contengono la meditazione del poeta sulle vicende personali, i grandi idilli hanno un contenuto oggettivo, contengono cioè la meditazione del poeta sulla condizione umana di miseria e di dolore.
Approfondimento
Come un dialogo
A Silvia (a Selva/natura) è per Leopardi l’inizio di una nuova stagione poetica, tra il 1828 e il 1830. Questo canto, composto a Pisa nel 1828, è dedicato a una ragazza che il poeta conobbe realmente, Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi nel 1818. Nella fantasia leopardiana Silvia è soprattutto il simbolo della speranza della giovinezza, fatta di attese, illusioni e delusioni. “A Silvia” non rappresenta una commemorazione funebre, e non è una canzone per Silvia. Si tratta in realtà di una confessione del poeta. È costruita come un dialogo con Silvia.
Il canto si divide in due parti: la prima parte ha carattere rievocativo, incentrato sulla poetica della memoria, la seconda parte ha carattere riflessivo.
Si veda anche: testo completo della poesia A Silvia.
Prima parte
Nella prima parte, Leopardi domanda a Silvia se, dopo tanti anni, ricorda ancora i giorni felici nei quali si affacciava alla giovinezza.
Quando anche il poeta aveva nel cuore la fiducia nella vita e, come Silvia, aveva pensieri piacevoli, speranze e belli gli apparivano il fato e la vita.
Tuttavia questo è destinato a finire per colpa della natura, che promette negli anni della giovinezza e dell’adolescenza, ma poi non mantiene ciò che ha promesso.
Seconda parte
Nella seconda parte il poeta fa un paragone tra il destino della ragazza e il suo.
Silvia moriva senza veder fiorire la sua giovinezza, senza poter parlare di amore con le compagne e senza godere delle lodi della propria bellezza.
Con la sua morte, tramontava anche la speranza di felicità di Leopardi.
A lui, infatti, come a Silvia, i fati negarono le gioie della giovinezza, dove sogni e speranze dovrebbero diventare realtà.
Svaniti dunque i sogni con l’apparire della realtà dolorosa, non resta altro che la morte per liberarci dalla miseria e dalle amarezze della vita.
grazie !