Neorealismo (letteratura)
Il Neorealismo è una corrente letteraria e artistica che si sviluppò a partire dagli anni Trenta. In modo particolare successivamente al secondo dopoguerra del Novecento. Il Neorealismo nacque come reazione alla passività che gli intellettuali italiani avevano dimostrato durante gli anni del Fascismo. Essi, fatte le dovute eccezioni, non erano stati in grado di denunciare gli orrori del regime e avevano preferito ritirarsi nella propria intimità per raccontare la guerra da un punto di vista interno.
Il Neorealismo si pose così come punto di rottura rispetto al passato con l’obiettivo di formare una nuova mentalità. Dopo l’esperienza durissima della Seconda Guerra Mondiale, si sentì il bisogno di formare le coscienze per rendere i cittadini partecipi. Soprattutto serviva spronare gli intellettuali verso la partecipazione attiva alla vita politica e culturale del paese.
Approfondimento
I modelli
Il movimento neorealista ebbe l’ambizione di voler creare una nuova figura di intellettuale che potesse essere attento ai problemi della società. E che fosse impegnato nella risoluzione di quelli che riguardavano i ceti più poveri.
Due furono i modelli fondamentali per lo sviluppo di questa nuova esperienza letteraria: Jean-Paul Sartre che nella rivista “Les temps modernes” teorizzò l’impegno intellettuale; Antonio Gramsci, che pubblicò nel 1948 le Lettere dal carcere nelle quali sostenne attivamente l’importanza di un contatto tra gli intellettuali e la società.
Questa esigenza neorealista di impegno civile trovò espressione nella rivista “Il Politecnico“, fondata da Elio Vittorini nel 1945. Essa divenne punto di riferimento per il movimento che stava nascendo.
I Neorealisti
I maggiori esponenti del Neorealismo furono: Elio Vittorini, Cesare Pavese, Italo Calvino (solo nel primo periodo), Carlo Levi, Alberto Moravia, Vasco Pratolini, Primo Levi, Ignazio Silone.
Essi si posero come continuatori del Realismo ottocentesco, polemizzando con la narrativa già esistente in Italia. La loro volontà era quella di rappresentare su carta la realtà e le problematiche vissute dalla gente per comunicare un messaggio positivo di rinnovamento.
Il Verismo e il Neorealismo
Il modello per eccellenza dei neorealisti fu Giovanni Verga, massimo esponente del Verismo italiano. Con le sue opere in prosa, Verga si occupò delle classi più povere della popolazione, denunciando il loro tenore di vita e mostrando per la prima volta al grande pubblico i vissuti della povera gente.
A differenza del Verismo, il Neorealismo ebbe un intento positivo e costruttivo: non solo la denuncia e il racconto ma soprattutto la costruzione di modelli per migliorare la situazione post bellica italiana.
I romanzi neorealisti
Il Neorealismo privilegiò la forma del romanzo, che divenne così strumento per testimoniare degli orrori della guerra. Diverse furono le tematiche affrontate. In primis la guerra stessa, i campi di sterminio e la Resistenza, raccontati attraverso testimonianze sia dirette che indirette.
A questa tematica si associarono i seguenti romanzi: Se questo è un uomo di Primo Levi, narrazione autobiografica dell’autore del periodo trascorso nei campi di sterminio; Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, che raccontò il periodo della Resistenza in Italia vista attraverso gli occhi di un bambino; La casa in collina di Cesare Pavese; Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio.
Un’altra tematica affrontata fu quella della rappresentazione delle varietà regionali e della vita del popolo. Si ricordi il romanzo Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi, e le opere di Alberto Moravia La ciociara e La romana. L’attenzione venne focalizzata soprattutto sulla vita della povera gente e l’accento venne posto sulla miseria delle loro condizioni.
Le tecniche narrative
Oltre alle tematiche innovative, il Neorealismo utilizzò anche diverse tecniche narrative. Gli scrittori abbandonarono lo sperimentalismo dell’inizio del Novecento. Tornarono invece ad un intreccio della trama lineare e al narratore onnisciente, su modello proprio della narrativa ottocentesca.
Ciò che colpì maggiormente fu proprio la lingua utilizzata. Non mancò l’utilizzo di termini appartenenti al dialetto o all’italiano popolare, per rendere i romanzi più leggibili e ampliare il pubblico di destinatari.
Il Neorealismo nacque proprio come movimento spontaneo, intorno al quale si legarono intellettuali che avevano il desiderio di denuncia e volevano utilizzare la scrittura come mezzo per la sensibilizzazione. Ciò accadde nei primi anni successivi alla nascita.
La fine del Neorealismo
Intorno agli anni Cinquanta, però, il movimento rischiò di diventare uno strumento nelle mani della propaganda politica socialista. Il romanzo Metello di Vasco Pratolini, pubblicato nel 1955, diventò il baluardo della letteratura impegnata. Venne però aspramente criticato per essere troppo schierato politicamente. Questo stesso anno segnò così la fine del movimento, che rischiò di essere considerato troppo populista.
Al di là della sua fine, il Neorealismo ebbe comunque il merito di aver riportato sulle scene della grande letteratura le classi sociali svantaggiate. Oltre a quello di aver risvegliato la coscienza degli intellettuali italiani.
Il Neorealismo cinematografico
Il cinema italiano incontrò la filosofia neorealista rappresentando gli aspetti quotidiani della realtà, anche i più crudi e cinici, usando un’aderenza tipica dei resoconti e dei riassunti di cronaca. E’ proprio nel periodo del secondo dopoguerra che il cinema vive i suoi anni d’oro, grazie alle opere neorealiste. I registi di questa epoca sono anche i più apprezzati della storia del cinema italiano: Federico Fellini e Roberto Rossellini.