L’omicidio di Yara Gambirasio

Un omicidio che per lungo tempo non ha avuto un colpevole: è il caso di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa a Brembate di Sopra il 26 novembre 2010 e trovata uccisa, dopo tre mesi, in un campo a Chignolo d’Isola. Sono stati comparati migliaia di Dna di residenti del territorio bergamasco; il confronto è stato fatto con quello ricavato dalle tracce organiche ritrovate sul corpo di Yara; la ragazzina fu uccisa lo stesso giorno della scomparsa, con ogni probabilità dopo un tentativo di violenza fallito.

Yara Gambirasio
Una foto di Yara Gambirasio

Il cadavere era pieno di colpi di arma da taglio, ma non mortali, tanto che dopo l’autopsia è stato ipotizzato che la ragazzina sia morta per diverse cause, freddo compreso. Il Dna è riconducibile a Giuseppe Guerinoni, conducente di autobus morto nel 1999. Secondo gli inquirenti, inzialmente l’assassino potrebbe essere un figlio illegittimo dell’autista morto a 61 anni, ma che non è stato ancora ritrovato.

La scomparsa di Yara

Sono le 18.30 quando Yara Gambirasio, atleta di ginnastica ritmica, esce dal palasport di Brembate per tornare a casa; dopo 15 minuti il suo telefono cellulare risulta spento. Gli investigatori iniziano le indagini, ascoltano i familiari, amici e parenti, ma non ci sono elementi utili per ritrovare la tredicenne. La procura di Bergamo apre un fascicolo per sequestro di persona. Un ragazzo di 19 anni del paese, Enrico Tironi, racconta di aver visto Yara parlare con due uomini accanto ad un’automobile rossa incidentata la sera del 26 novembre 2010. Gli investigatori non reputano attendibile la testimonianza.

Le ricerche

Il 30 novembre, attraverso il fiuto dei cani, si concentrano le ricerche in un cantiere a Mapello, un comune al confine con Brembate, dove si sta costruendo un centro commerciale: il sospetto degli inquirenti è che Yara sia stata prelevata proprio in questo cantiere. Il 3 dicembre, mentre continuano le ricerche, viene ritrovato un giubbotto nero simile a quello che indossava Yara il giorno della scomparsa. Il giubbotto viene trovato su indicazione di una signora, la quale racconta di aver visto buttare un sacchetto da una macchina in corsa.

L’arresto del marocchino Mohammed Fikri

Il 5 dicembre, su una nave diretta in Marocco, viene fermato un giovane marocchino di 22 anni, accusato del sequestro e dell’omicidio della tredicenne. Mohammed Fikri è un operaio del cantiere in costruzione a Mapello, dove i cani avevano fiutato tracce della ragazzina.

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Mohammed Fikri
Mohammed Fikri

Gli investigatori sono insospettiti dalla decisione del giovane marocchino di lasciare il lavoro e la casa all’improvviso e di imbarcarsi per l’Africa. Tuttavia, già dal giorno dopo l’arresto, le accuse contro Mohammed Fikri cadono: alcune frasi in arabo tradotte male e il biglietto per l’Africa acquistato già da tempo fanno cessare l’ipotesi della fuga. Il 7 dicembre il ragazzo viene rilasciato.

Il rapimento

Il 12 dicembre spunta l’ipotesi del possibile rapimento legato all’ambiente di lavoro del padre di Yara, Fulvio Gambirasio: la sua ditta avrebbe avuto rapporti con un’azienda coinvolta con la camorra. Il padre della tredicenne respinge l’ipotesi del rapimento, giustificandosi col fatto che lui non ha nemici.

Si susseguono gli appelli da parte dei genitori di Yara, poi la richiesta del silenzio stampa, il 15 gennaio, attraverso la voce del sindaco del paese. “La famiglia – si legge nel comunicato – chiede, vista la situazione venutasi a creare con i comunicati non corrispondenti alla verità e il coinvolgimento di persone che nulla hanno a che vedere con il grave fatto accaduto, l’assoluto silenzio stampa per dar modo agli inquirenti e alle forze dell’ordine di svolgere l’attività investigativa con maggior serenità e tranquillità”.

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Le ricerche in altre località

Il 20 gennaio, Yara viene cercata per due giorni in provincia di Udine, nel comune di Socchieve. Le ricerche sono scattate dopo una segnalazione anonima. In pratica, una veggente ha inviato un esposto in cui descriveva il suo sogno: Yara morta, distesa in un corso d’acqua. Da qui le ricerche dei militari a Viario, una frazione di Socchieve.

“Ignoto 1” e Massimo Bossetti

Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, muratore di Mapello incensurato, il cui DNA nucleare è risultato sovrapponibile con quello dell’uomo definito “Ignoto 1“, rilevato sugli indumenti intimi di Yara nella zona colpita da arma da taglio e ritenuto dall’accusa l’unico riconducibile all’assassino.

A Bossetti si è arrivati attraverso un lungo percorso. L’uomo si dichiara fin da subito innocente e sostiene il trasferimento accidentale di DNA da alcuni attrezzi che gli sarebbero stati rubati, sporchi del suo sangue a causa di epistassi, di cui soffrirebbe regolarmente. La moglie di Bossetti afferma che il marito era con lei a casa la sera del delitto, mentre la sorella gemella denuncia misteriose aggressioni, accuse che per la procura sono infondate.

Il processo e la conclusione

Il 26 febbraio 2015 la Procura della Repubblica di Bergamo chiude ufficialmente le indagini.

Il procedimento giudiziario conclude il 12 ottobre 2018 con la definitiva condanna all’ergastolo di Massimo Giuseppe Bossetti, riconosciuto come unico colpevole.

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Serena Marotta

Serena Marotta è nata a Palermo il 25 marzo 1976. "Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi" è il suo primo libro. È giornalista pubblicista, laureata in Giornalismo. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia e con La Repubblica, ha curato vari uffici stampa, tra cui quello di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l'altra di musica, scrive per diversi quotidiani online ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

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