I Vespri siciliani
Con il termine Vespri siciliani si fa riferimento all’evento storico avvenuto nel XIII secolo in cui la Sicilia si rese indipendente dall’occupazione angioina. La parola vespro indica letteralmente l’ora del tramonto.
I fatti storici
Siamo in Sicilia, durante il regno degli Angioini. La tirannide del sovrano Carlo dura ormai da tanto tempo, il popolo siciliano è stanco e vessato dai continui soprusi inferti dal regno angioino, e medita vendetta. Intanto il Re Carlo prepara la guerra contro Costantinopoli, prepara le milizie all’attacco e allestisce i castelli e i luoghi strategici delle principali città dell’isola per la difesa.
Il Re angioino si avvale della collaborazione del vicario Erberto d’Orleans a Messina, mentre a Palermo c’è il ministro Giovanni di San Remigio. Da loro autorizzati, gli ufficiali dell’esercito compiono violenze e rapine seminando il terrore in tutta l’isola.
Gli abitanti della Sicilia sono al limite della sopportazione. Durante il periodo pasquale, i cittadini di Palermo si radunano a pregare in Chiesa. Anche in questo luogo sacro sono costretti a tollerare i soprusi dagli agenti del fisco che, senza alcun rispetto, irrompono nel tempio e prelevano con la forza i debitori che non hanno pagato le tasse.
Dopo aver ammanettato i malcapitati per trasportarli in carcere, gli agenti lanciano invettive e ingiurie verso la folla che intanto è accorsa. Gli episodi di oltraggio da parte dei Francesi nei confronti della popolazione locale si susseguono, ma quello più grave che sfocia nella storica rivolta dei “Vespri siciliani” avviene alla sera del lunedì dopo Pasqua (all’ora dei vespri – le preghiere del tramonto): è il 30 marzo 1282.
Nella Chiesa palermitana dello Spirito Santo, si tiene una celebrazione religiosa. Nelle ore del vespro accorrono molte persone: si tratta di donne, uomini, famiglie che vogliono pregare in pace e tranquillità. Alcuni si trattengono nei prati che circondano la Chiesa approfittando dei primi tepori della primavera, altri danzano accompagnati dal suono di strumenti musicali. In questo contesto gioioso e di festa campestre compaiono all’improvviso alcuni Francesi che si mescolano alla gente, assumendo comportamenti arroganti e poco cortese nei confronti delle donne presenti.
Subito alcuni uomini reagiscono intimando agli stranieri di lasciar perdere le loro donne. I Francesi però non hanno alcuna intenzione di andare via, e proseguono con le provocazioni. Ad un certo punto un Francese fruga nel petto di una donna alla ricerca di eventuali armi nascoste, e lei per la paura cade svenuta a terra. A questo ennesimo oltraggio il marito, che è con lei, comincia a gridare: “A morte questi Francesi”.
L’odio e la rabbia per tanto tempo repressi nell’animo dei Siciliani esplodono violentemente. Nei pressi della Chiesa si crea una mischia indicibile, e i Francesi, nonostante siano armati, soccombono tutti. La rivolta non si placa e raggiunge la città di Palermo, alla guida di un certo Ruggero Mastrangelo. Comincia una caccia spietata dei siciliani verso gli Angioini che ad un certo punto, spaventati da tanta ferocia, non reagiscono neanche ed implorano pietà.
Non c’è scampo neppure per quei Francesi che cercano un ricovero all’interno di chiese e conventi, perché una volta trovati vengono trucidati comunque. Giovanni di San Remigio, il ministro del Re Carlo, si barrica nel suo palazzo, ma la folla forza il portone di entrata con l’intenzione di ucciderlo. L’uomo però riesce a salvarsi e a fuggire con i familiari.
Circa quattromila Francesi muoiono durante la rivolta, i cadaveri vengono lasciati per strada o gettati in grandi fosse scavate qua e là. Nella notte del 31 marzo 1282 i Siciliani si riuniscono in parlamento e dichiarano la città di Palermo libera dagli Angioini. In seguito organizzano una Federazione accettando la protezione della Chiesa. All’incirca un mese dopo l’episodio dei Vespri Siciliani, quasi tutta l’isola è libera dalla oppressione angioina.