Speranza I e Speranza II, opere di Gustav Klimt
L’opera “Speranza I” di Gustav Klimt venne esposta al pubblico sei anni dopo la sua creazione, in occasione della Kunstschau del 1908. Essa fu un imponente plurimostra, considerata cruciale nella storia dell’arte moderna di Vienna: l’evento fu concepito da numerosi artisti e coincise con le celebrazioni del Sessantesimo anniversario del regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I. Difficilmente, altrimenti, la Vienna benpensante avrebbe accettato l’opera di Klimt Speranza I con il suo soggetto scabroso.
Ed è proprio per questo motivo l’artista austriaco decise di non esporla nel 1903, in occasione di una sua mostra personale organizzata dalla Secessione. Addirittura il primo proprietario di Speranza I, l’industriale Fritz Wärndorfer – finanziatore delle Wiener Werkstätte – la tenne coperta.
Approfondimento
Speranza I: descrizione e significato
Klimt con questa opera si spinge nella direzione di un sovvertimento dei valori positivi tradizionali: la Speranza è allegoricamente rappresentata da una giovane donna in gravidanza, nuda completamente. Un’immagine che in contemporanea allude all’incontro intimo che è avvenuto dentro e fuori di lei.
E’ la rappresentazione di un incontro d’amore da cui è sorto il corpo che ora è dentro di lei. Il pubblico tradizionale vorrebbe infatti rappresentato un corpo morbido, accogliente, opulento, una poetica esaltazione della carne femminile: nell’opera di Gustav Klimt invece non si trova nulla di tutto questo. La ragazza è pallida, magrissima, dipinta sotto una massa di capelli rossi, che avvolgono un viso ossuto, dagli zigomi sporgenti, gli occhi cerchiati, mentre le labbra sono serrate.
Il seno appare cadente e piccolo, le braccia e le gambe sono magre e i glutei sono addirittura scavati. Poi, su tutto, viene sottolineato un ventre sproporzionatamente prominente, che emerge ancor di più dalla posizione di profilo della figura, quasi a dare l’impressione di essere estraneo al resto del corpo.
La donna non ha le mani sul ventre come a voler raffigurare un atto di carezza spontanea; al contrario la ragazza gravida raccoglie le braccia al seno; intreccia le mani come a volersi proteggere, in un gesto di difesa; non assume l’abituale posa di madri in dolce attesa.
Lo sguardo è puntato sull’osservatore con la testa girata, l’espressione è seria, con la nudità del pube quasi esibita. Speranza I, non è un dipinto che raffigura la dolcezza di una donna incinta: è al contrario una maternità che non conosce dolcezza, pervasa da un vago senso di inquietudine.
Le figure sullo sfondo
Sullo sfondo si intravedono oscure presenze: sono volti femminili, più o meno deformati. C’è anche un teschio all’altezza dei capelli rossi della futura madre. Sono figure che richiamano quelle di un dipinto di qualche anno prima, dal titolo Amore, realizzato nel 1895: si tratta di una contaminazione tra il tema della Vanitas e quello delle età dell’uomo, affrontato poi nel 1905 con l’opera Le tre età della donna (o Le tre età della vita).
Ad attendere la nascita del bambino vi è anche un mostro nero, con la coda di serpente. E’ un “grande divoratore” che avvolge in un laccio le caviglie della madre, che si protende verso il ventre della donna con un’orribile zampa artigliata. Mentre sulla testa del mostro si vede una fila di fiorellini bianchi, come a voler rappresentare una metamorfosi, un presagio di trasformazione, forse, della donna inconsapevole.
È una figura che curiosamente tende ad anticipare di qualche anno l’archetipo della Grande Madre di Jung (1912). Così da una parte si trova il polo positivo della femminilità, che rappresenta in sé fecondità, nutrimento, protezione (la madre buona), dall’altra parte il polo negativo: l’abisso, il segreto, l’oscuro, il mondo dei morti, ciò che seduce, divora, intossica (la madre cattiva), simbolo questo dell’inquietudine e delle ombre che vivono nell’inconscio.
Speranza II
Quattro anni dopo, nel 1907, Klimt riprende lo stesso tema con “Speranza II”. Il sottotitolo dell’opera è: Visione, fecondità, leggenda. Klimt realizza il quadro con una tela quadrata, tipica dell’età degli anni della sua maturità. Il fondo è d’oro puntinato. Tale sfondo annulla la percezione dello spazio della figura reale ponendola in un’ambientazione cosmica. Si tratta della medesima tecnica utilizzata da Klimt per la celeberrima tela “Bacio”, che è appunto dello stesso periodo.
L’unica protagonista dell’opera Speranza II è la madre, posta questa volta in posizione centrale, quasi sospesa. Il volto è di profilo, lo sguardo rivolto verso il suo ventre, i seni sono scoperti e il corpo è avvolto in preziosi tessuti arabeschi.
La mano destra della donna è leggermente sollevata: sembra quasi che vi sia un dialogo silenzioso tra madre e figlio in grembo. Il tema però si allontana da “Speranza I”: lo sguardo, l’oro di sfondo, la cromia accesa, l’atteggiamento meditativo e dolce della madre, sono completamente differenti dalla prima opera.
Tuttavia discostando lo sguardo dalla protagonista e spostandolo nella parte inferiore della tela, si vedono elementi che riconducono all’opera creata nel 1903: ci sono, tra gli arabeschi dell’abito, tre figure femminili, in atteggiamento di preghiera dolente, con il capo chino, gli occhi chiusi; e le mani delle figure sono rappresentate alzate. Poi, risalendo con lo sguardo sul ventre della madre, si vede un teschio sospeso, appena appoggiato; lo si intravede dalla decorazione.
Questa seconda tela, Speranza II, offre una visione della maternità meno disperata, seppure sempre pervasa dall’oscura presenza di un presagio.