Il Carnevale di Arlecchino, quadro di Miró: storia e interpretazione
Dopo il periodo impressionistico, Joan Mirò si dedica al Surrealismo. Una delle opere più rappresentative di questo periodo è Il Carnevale di Arlecchino. E’ un dipinto realizzato dal pittore e scultore spagnolo nel periodo che va dal 1924 al 1925.
Si tratta di un quadro con tecnica a olio su tela, eseguito nello studio Blomet a Parigi. E’ conservato attualmente nella Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, nello stato di New York (Stati Uniti d’America).
Il Carnevale di Arlecchino: breve storia e analisi del quadro
Nella sua opera sono evidenti le impronte surrealiste: il pittore, dopo la Prima Guerra Mondiale, aderì a questa corrente artistica.
Il dipinto venne realizzato prima che Breton scrisse il “Manifesto surrealista” e venne interpretato come un “chiarimento del subconscio umano”.
Venne definito uno dei capolavori del movimento surrealista; ciò perché esprime gli obiettivi e i traguardi di questo movimento culturale molto diffuso nella cultura del Novecento, che nasce come evoluzione del Dadaismo.
Nell’opera è evidente il gusto per la vivacità cromatica e il senso del fantastico di tradizione mediterranea. L’artista non rappresenta più, come nel precedente “La fattoria”, la realtà visibile, ma solo quella del suo inconscio. Joan Miró utilizza nella sua opera uno stile sempre più marcato: si distacca dalla pittura convenzionale e mette in atto la tecnica surrealista dell’automatismo psichico; il corpo viene messo a dura prova per permettere all’immaginazione di perdersi in visioni fantastiche e surreali.
In questo modo, Miró si propone di esprimere, con la sua pittura, il reale funzionamento del pensiero o comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.
Il carnevale rappresentato da Miró è definito come un momento di baldoria che nel calendario cristiano si conclude il giorno prima del Mercoledì delle Ceneri.
Il Carnevale di Arlecchino: il quadro
Nel dipinto Carnevale di Arlecchino, possiamo ammirare:
- un gatto,
- un tavolo,
- un pesce,
- una scala.
E’ anche quasi un gioco cercarli e trovarli.
Dalla finestra, si intravede un triangolo nero che emerge; esso simboleggia con tutta probabilità la bellissima Tour Eiffel.
Nel quadro, si notano anche minuscole forme in un grande spazio vuoto:
- note musicali,
- oggetti fantastici,
- piccole figure indecise tra l’essere umano e l’animale;
- infine un cerchio verde trafitto da una freccia sottile, posto su di un tavolo; questo simboleggia probabilmente un mappamondo.
Tutti questi non sono altro che elementi della realtà che si trasformano, dando origine alla visione pittorica.
Il pittore nella sua opera tende a ricreare un ambiente surreale che però non si discosta dall’ambiente reale.
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Nel dipinto compare ancora una volta la scala a pioli, ricorrente nei suoi lavori. E’ evidente che la scala simboleggia la fuga dalla realtà e rappresenta un trampolino di lancio che parte dalla realtà e va oltre: è la fantasia, il surreale.
Gli animali sono quelli che Joan ha sempre rappresentato e amato: il gatto è quello che era sempre al suo fianco anche quando lui dipingeva; il triangolo fuori dalla finestra rappresenta la Tour Eiffel (il monumento più famoso di Parigi) e la sfera che simboleggia la Terra attraverso un mappamondo.