Madama Butterfly
Nel libretto e nello spartito l’opera Madama Butterfly è definita “tragedia giapponese“. Composta dal grande Giacomo Puccini, è dedicata alla regina d’Italia Elena di Montenegro. Il libretto fu scritto da Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Madama Butterfly è un’opera in tre atti (in origine furono due). La prima rappresentazione andò in scena la prima volta al Teatro alla Scala di Milano, il 17 febbraio 1904.
L’opera è ispirata al dramma “Madame Butterfly” del drammaturgo statunitense David Belasco.
Il riassunto della trama e l’analizi musicale che seguono sono state redatte dal Maestro Pietro Busolini, di Trieste.
Approfondimento
I personaggi dell’opera
- Madama Butterfly [Cio-cio-san] (Soprano);
- Suzuki, servente di Cio-cio-san (Mezzosoprano);
- Kate Pinkerton (Mezzosoprano);
- F.B. Pinkerton, tenente della marina degli Stati Uniti (Tenore);
- Sharpless, console degli Stati Uniti a Nagasaki (Baritono);
- Goro, nakodo (Tenore);
- Il principe Yamadori (Tenore);
- Lo zio bonzo (Basso);
- Yakusidé (Baritono);
- Il commissario imperiale (Basso);
- L’ufficiale del registro (Basso);
- La madre di Cio-cio-san (Mezzosoprano);
- La zia (Soprano);
- La cugina (Soprano);
- Dolore (bambino, mimo);
- Parenti, amici e amiche di Cio-cio-san, servi
La genesi di Madama Butterfly, di Puccini
Uscito dal trionfale successo di Tosca (Roma 1900), Puccini aveva preso in considerazione numerosi progetti, avanzati per lo più da quell’autentica miniera di idee e di stimoli che fu Luigi Illica: da Tartarino di Tarascona a Notre Dame de Paris, da Memorie di una casa di morti all’ Adolphe di Benjamin Constant.
Tuttavia niente riuscì a cancellare l’impressione suscitata da Madame Butterfly vista dal musicista a teatro a Londra, anche se aveva capito ben poco del testo, recitato in inglese.
Nel 1898 John Luther Long aveva pubblicato un racconto omonimo, poi ridotto ad atto unico da David Belasco, uno dei più abili uomini di teatro americani, a cui Puccini ricorrerà anche per La fanciulla del West, subito dopo aver scritto Butterfly.
La lacrimevole storia della giapponesina sedotta, abbandonata e suicida era una vicenda umana che gli consentiva di esplicare tutta la sua capacità di commuovere, di esercitare quel “ricatto dei sentimenti” al quale le platee di tutto il mondo, allora come oggi, difficilmente riescono a sottrarsi.
La scelta del soggetto cadeva dunque su un’opera che aveva superato il fuoco del palcoscenico e che possedeva già una teatralità esplicita, di cui la musica sarebbe stata un ulteriore potenziamento. Certamente dovette molto stimolare la fantasia musicale di Giacomo Puccini l’ambientazione esotica, quell’estremo Oriente che, allo scadere del secolo XIX, aveva sostituito – nella “moda” letteraria e teatrale – le turcherie in voga nel Settecento e in età rossiniana.
Giappone: incanto e curiosità
Il Giappone si stava affacciando sulla ribalta politica internazionale, e la guerra russo-giapponese del 1905 sancirà questa volontà di emergere del paese orientale; le suppellettili, i paraventi laccati, i delicati acquerelli, alcuni vocaboli (ikebana, harakiri, kimono, obi) cominciavano a entrare nelle case della borghesia europea e a suggestionare i pittori dell’Art Nouveau e della Sezession viennese.
Gli scrittori avevano tratto sottili suggestioni da questa terra incantata e misteriosa, delicata e terribile; ed è d’obbligo citare il romanzo Madame Chrysanthème di Pierre Loti, che fornì numerosi elementi a tutto il primo atto di Madama Butterfly, principalmente alla scena di nozze della quale non v’è traccia né nel racconto di Long né nell’adattamento teatrale.
C’erano stati, ancora nel dominio del teatro leggero, Arthur Sullivan che nel 1885 aveva musicato The Mikado e Sidney Jones con The Geisha (1896); ma su Giacomo Puccini maggiore suggestione esercitò l’Iris di Mascagni, anch’essa di ambiente giapponese, accolta con favore nel 1898.
La cornice orientale, dunque, affascinò intensamente il compositore, tanto che volle documentarsi ampiamente sulle musiche, sugli strumenti giapponesi, giungendo addirittura a citare più di una decina di temi autentici nella nuova partitura; Mascagni, invece, si era limitato a pochi spunti e aveva lavorato tutto d’invenzione.
Per la recitazione, Puccini seguì i consigli di una specie di Sarah Bernhardt nipponica, la celebre Sada Jacco; per le usanze e il décor ricorse alle indicazioni della moglie dell’ambasciatore giapponese. Una volontà di documentazione puntigliosa, di un «naturalismo disarmante», che stupisce e quasi indispone, solo al pensiero, che negli anni in cui l’opera Madama Butterfly vedeva la luce, la grande stagione naturalistica si stava consumando: nella letteratura, nel teatro, nella musica.
La composizione e le varie modifiche dell’opera
Iniziata nel 1901, la composizione procedette con numerose interruzioni; l’orchestrazione venne avviata nel novembre 1902 e portata a termine nel settembre dell’anno seguente, e soltanto nel dicembre del 1903 l’opera poté dirsi completata in ogni sua parte.
La sera del 17 febbraio 1904, nonostante l’attesa e la grande fiducia dei suoi artefici, la Butterfly cadde clamorosamente alla Scala di Milano. Il fiasco indusse autore ed editore a ritirare lo spartito e a sottoporre l’opera ad un’accurata revisione che, attraverso l’eliminazione di alcuni dettagli e l’opportuna modifica di scene e situazioni, la rese più agile e proporzionata.
Appena tre mesi dopo, il 28 maggio, Madama Butterfly venne accoltanella nuova veste con entusiasmo al teatro Grande di Brescia. Tale versione tuttavia non è quella che si ascolta oggi sulle scene, poiché Puccini, nella sua connaturata incontentabilità, ritornò ancora sullo spartito, tanto che si conoscono addirittura quattro differenti edizioni a stampa.
Ci furono alleggerimenti: la soppressione di parte delle battute “colonialiste” di Pinkerton, che ironizza sulle abitudini giapponesi; minor rilievo per la figura dello zio ubriacone Yakusidé, che si avventa sul buffet preparato per le nozze; altri piccoli tagli nel primo atto. Più vistoso lo smembramento del lunghissimo secondo atto (soluzione proposta già da tempo dallo stesso Giacosa), mentre il nuovo terzo atto veniva arricchito dalla “romanza” per il tenore “Addio, fiorito asil” e presentava varie modifiche nella scena fra il console, Butterfly e Kate.
Inoltre venne modificata la melodia d’entrata di Butterfly (che ritorna nel duetto d’amore), vennero eseguiti tagli all’aria del secondo atto “Che tua madre” e aggiustamenti alla frase di Butterfly “O a me, sceso dal trono“, nel suo canto finale “Tu, tu, piccolo Iddio“.
Nella versione definitiva del 1906 Madama Butterlfy si stabiliva nel repertorio, diventando in breve volgere di anni una delle partiture più rappresentate di tutta la storia dell’opera, anche se riserve continuano a essere avanzate dagli studiosi, non esclusi i pucciniani più convinti, come Claudio Casini, che insiste sul «manierismo» di Butterfly , o Leonardo Pinzauti, che riprende la formula dell’opera «peso piuma» (come la definì il vecchio Ricordi) negandole la qualifica di capolavoro: «un lavoro discontinuo, tenuto insieme soprattutto da un consumatissimo mestiere».
Indubbiamente Madama Butterfly , con la sua vicenda sentimentale, con i suoi personaggi esemplati sul reale, poteva apparire forse un prodotto fuori stagione, diagnosi avanzata da Claudio Sartori per giustificare il fiasco della “prima”. Tuttavia la strepitosa rivincita che l’opera ottenne nella rappresentazione a Brescia significò che, pur con un apparente “vecchio gioco”, l’autore aveva fatto centro ancora una volta.
Riassunto e trama
Atto primo
A Nagasaki, in epoca presente.
In una casa in collina il tenente della marina americana, Pinkerton, attende il corteo nuziale della sua sposa, la geisha Cio-cio-san. Durante l’attesa, Goro, sensale di matrimoni, gli mostra la casa, magnificandone gli accessori, poi gli presenta i servitori e Suzuki, cameriera di Cio-cio-san.
Giunge il console americano Sharpless (duetto “Ah!… quei ciottoli m’hanno sfiaccato!“); Pinkerton gli rivela la sua morale libertina e cinica (“Dovunque al mondo lo Yankee vagabondo“) e infine non tralascia di descrivere i pregi della futura consorte (“Amore o grillo“), dichiarando di volerla sposare secondo la legge giapponese, con il diritto di ripudiarla anche dopo un mese.
Intanto la giovane donna, ignara e innamorata, esprime la sua gioia alle amiche (voce di Butterfly: “Spira sul mar“) e, appena entrata in scena, presenta i parenti al futuro marito. Terminata la cerimonia nuziale, irrompe lo zio bonzo, maledicendo la nipote per aver rinnegato la religione degli avi (aria di Butterfly: “Ieri son salita tutta sola in secreto alla Missione“); Pinkerton lo scaccia e rimane finalmente solo con Butterfly (duetto “Viene la sera… Bimba dagli occhi pieni di malia“).
Atto secondo
In una stanza della casa Butterfly discorre con Suzuki: Pinkerton è partito, promettendo di tornare in primavera, ma da tre anni non dà notizie di sé. Nonostante i dubbi dell’ancella, Butterfly, forte di un amore ardente e tenace, è convinta di non essere stata abbandonata dal proprio marito e fiduciosa l’attende (“Un bel dì vedremo“).
Sharpless giunge con Goro, con lo scopo di leggerle la lettera in cui si annuncia l’arrivo del tenente e il suo nuovo matrimonio con un’americana (duetto “Chiedo scusa…“), ma dopo inutili tentativi non osa riferire tale messaggio.
Intanto Goro propone a Butterfly nuovi facoltosi pretendenti, dal momento che, per la legge giapponese, la donna abbandonata è considerata di nuovo libera, ma perfino il nobile e ricco Yamadori viene respinto: ella dichiara ostinatamente di ritenersi sempre maritata.
Quando Sharpless tenta di prepararla alla notizia dell’abbandono, Butterfly gli mostra il figlio di cui Pinkerton ignora l’esistenza (“Che tua madre“). Intanto al porto sta approdando una nave americana, ed è proprio quella di Pinkerton; Butterfly la identifica col cannocchiale e, commossa, corre felice sul terrazzo seguita dalla sua ancella (“Scuoti quella fronda di ciliegio“), adorna la casa di fiori (valzer dei fiori: “Gettiamo a mani piene“), indossa per la particolare occasione le vesti nuziali e veglia tutta la notte in attesa dell’amato (coro a bocca chiusa).
Atto terzo
È l’alba (preludio orchestrale, coro di marinai). Butterfly, dopo aver aspettato inutilmente, si allontana dalla stanza col bimbo addormentato e sale a riposare. Poco dopo Pinkerton, accompagnato da una giovane donna, Kate, da lui sposata negli Stati Uniti, giunge con l’intento di prendersi il bambino – della cui esistenza è stato messo al corrente dal console Sharpless -, portarlo in patria ed educarlo secondo gli usi occidentali.
Egli contempla la casa con grande rimpianto (“Addio, fiorito asil“) e preso dal rimorso si allontana, proprio nel momento in cui Cio-cio-san fa il suo ingresso con il figlio.
Sharpless le consiglia di affidare il bambino ai Pinkerton (“Io so che alle sue pene“) ed ella a malincuore acconsente; tuttavia, ormai privata di tutti gli affetti più cari, decide di togliersi la vita. In silenzio, senza clamori, dopo aver abbracciato disperatamente il figlio (“Tu, tu, piccolo Iddio“), si uccide con un pugnale; quando Pinkerton entrerà nella casa di Butterfly per chiedere il suo perdono, sarà ormai troppo tardi.
Puoi continuare a leggere la bella analisi musicale sia tre atti, sia quella generale dell’opera, nell’articolo successivo, redatto dal Maestro Pietro Busolini: Madama Butterfly (Puccini): analisi musicale.