La libertà di stampa dopo il fascismo
La stampa dopo il fascismo (così come la libertà di stampa) visse un periodo che potremmo definire di libertà vigilata. Stampa e media iniziarono a dipendere infatti dal governo militare alleato (angloamericani), che agì attraverso il PWB (Psycological Walfare Branch).
Approfondimento
La stampa dopo il fascismo: il contesto storico e le pubblicazioni
In Sicilia e in Calabria escono i primi fogli di piccolo formato a due facciate. A Palermo, nel 1943, esce “Sicilia liberata”. A Bari la “Gazzetta del Mezzogiorno” e a Napoli, dove non viene concessa la ricomparsa de “Il Mattino”, esce il “Risorgimento”.
Nei primi mesi i partiti stanno ricostituendosi e i giornali sono come sempre lo strumento della lotta e delle manovre politiche: al centro del dibattito vi è la questione monarchia o repubblica. È aprile quando la situazione politica cambia. Nasce il governo Badoglio (antifascista) e compaiono gli organi di partito: a Napoli “La voce” socialcomunista, “Il giornale” liberale e “Il domani d’Italia democristiano.
A Roma, tutti i partiti pubblicano i loro organi: “L’Avanti!”, “L’Unità”, “Il popolo”, “L’Italia liberata”. Nasce “Il Tempo” creato da Angiolillo e Leonida Répaci, d’impronta moderata, che si diffonde per l’assenza dalle edicole de “Il Messaggero” e del “Giornale d’Italia”. A Palermo, riprendono le pubblicazioni del “Giornale di Sicilia”, mentre a Catania nasce “La Sicilia”. Il ministero della cultura popolare (Minculpop) viene sostituito dal sottosegretariato per la stampa, il titolare è il democristiano Spataro.
La nascita della Rai (radio) e dell’Ansa
I partiti sono tutti concordi, per quanto riguarda la radio, alla creazione di un ente pubblico monopolistico: nasce nel 1944 la Rai (Radio Audizioni Italia). Un altro problema era quello di avere un’agenzia nazionale di notizie; con il consenso degli alleati, gli editori dei giornali, compresi quelli di partito, avevano fondato l’Ansa (Agenzia nazionale stampa associata).
I nuovi giornali e gli accordi sul futuro della stampa
A Milano e nelle altre città del nord si discute del futuro della stampa: c’è chi vorrebbe cancellare le testate compromesse dal fascismo e col nazismo, c’è chi sostiene che nel nuovo Stato democratico dovranno esserci solo giornali di partito. Gli alleati sostengono la necessità di far circolare nelle maggiori città anche i quotidiani indipendenti. Ma il comitato stampa stabilisce che accanto ai giornali del Pwb, escano soltanto gli organi di partito, i fogli cattolici non compromessi e i quotidiani promossi dai comitati di liberazione. Così avviene in tutte le città appena liberate intorno al 25 aprile 1945.
A Milano, compare per primo “L’Italia liberata”, seguito dall’”Unità” e dall’”Avanti!”. Mario Borsa, insieme ad altri giornalisti, prepara l’uscita de “Il nuovo Corriere”, ma i comitati di liberazione e il prefetto di Milano bloccano il giornale. Il 2 maggio 1945 compare anche il quotidiano del Pwb che s’intitola “Giornale lombardo”, che si differenzia dagli altri per il formato (tabloid) e per la foliazione che è di quattro pagine, al contrario degli altri giornali che hanno un formato grande e sono a due pagine.
Le richieste degli alleati si fanno sempre più pressanti affinché compaiano anche quotidiani indipendenti e che vengano scelti direttori e redattori che non abbiano precedenti col fascismo. Si arriva dunque ad un compromesso, il “Corriere” esce sotto un altro titolo, ovvero “Corriere d’Informazione” e così pure “La stampa” diventa “La nuova stampa”, mentre la “Gazzetta del popolo” diventa la “Gazzetta d’Italia”.