La guerra del Kosovo
Il Kosovo è una provincia autonoma della Serbia che, all’epoca del conflitto, era compresa nella Jugoslavia (Repubblica Federativa Jugoslava), insieme a Croazia e Slovenia, che però ne uscirono subito a causa degli interessi contrapposti e degli esasperati nazionalismi.
Agli inizi degli anni Ottanta gli appartenenti all’etnia albanese, che rappresentavano la maggior parte degli abitanti del Kosovo (divisi in cristiani e musulmani), pur avendo la regione kosovara ottenuto una certa indipendenza ed autonomia dalla Serbia, chiedevano insistentemente di costituire la settima repubblica della Jugoslavia staccandosi del tutto dalla Serbia, così come avevano fatto in precedenza la Croazia e la Slovenia.
Alla fine degli anni Ottanta l’equilibrio, già precario, cominciò a vacillare. Dal 1989 in poi gli animi si esasperarono: venne revocata l’indipendenza della Repubblica jugoslava di Tito da parte del governo serbo; la lingua albanese-kosovara perse lo status paritario, gli insegnanti e gli impiegati amministrativi furono sostituiti da persone “fidate” mandate dalla Serbia; le scuole autonome chiusero i battenti.
La guerra del Kosovo
Gli appartenenti all’etnia albanese abitanti in Kosovo manifestarono la loro volontà indipendentista dapprima in modo non violento, aderendo al partito LDK sotto la guida di Ibrahim Rugova, poi si organizzarono in vere e proprie formazioni armate. Dal 1996 al 1999 i separatisti albanesi, riunitisi nell’Esercito di “liberazione del Kosovo”, compirono numerosi attentati di matrice terroristica e omicidi nei confronti di serbi di etnia non albanese. La polizia mise in atto una violenta e sanguinosa repressione.
Nel 1999 la NATO intervenne contro la Serbia, attuando una politica di dissuasione nei confronti della Repubblica federale jugoslava, che aveva come leader Slobodan Milosevic. L’Alleanza Atlantica, attraverso minacce e forti pressioni, avviò una serie di negoziati (che furono denominati di “Rambouillet”), che condussero all’autonomia del Kosovo. Ma l’indipendenza restava ancora un lontano miraggio, che si realizzò solo più tardi, grazie all’intervento degli USA.
Nel momento in cui dovevano discutersi gli aspetti tecnici ed organizzativi dell’accordo la delegazione serba abbandonò la riunione, dichiarando di non accettare la proposta. Questo comportamento provocò la reazione dei Serbi, che l’avvertirono come una vera e propria provocazione.
Ma perché la parte serba abbandonò il negoziato di Rambouillet?
Pare ci fossero almeno due motivi. Il primo è che Madeleine Albright, segretario di Stato americano, prima che avvenisse l’accordo, si era impegnato nei confronti dei kosovari, ad assicurare il distacco del Kosovo dalla Federazione entro i tre anni successivi. Il secondo motivo è che, nell’Appendice dell’accordo, era stata prevista l’occupazione militare da parte della Federazione Serba.
Il testo dell’accordo di Rambouillet di fatto autorizzava lo stanziamento di truppe NATO in tutta la Jugoslavia, e questo avrebbe autorizzato l’inizio delle ostilità. Anche l’Italia autorizzò l’uso dello spazio aereo a favore della NATO per fini militari. Nel conflitto giocò un ruolo importante della Albright che caldeggiava l’intervento militare degli Stati Uniti (allora sotto la presidenza di Bill Clinton).
Gli Americani in genere, invece, erano piuttosto distaccati, in quanto consideravano il problema del Kosovo una questione europea. Per alcuni giornalisti la guerra del Kosovo fu più che altro “mediatica”, gonfiata dalle immagini trasmesse in tv delle stragi compiute dai Serbi e dai reportage televisivi. Avendo compreso che gli accordi erano miseramente falliti, il 24 marzo 1999 l’Alleanza Atlantica mise in atto alcune operazioni militari di dissuasione, che dovevano servire a far tornare i Serbi sul tavolo delle trattative e porre fine al conflitto.
Purtroppo le cose non andarono per il verso giusto: Milosevic mirava a dividere il Kosovo tra l’Albania e la Serbia, e per realizzare tale obiettivo intendeva servirsi di alcune alleanze: Cina e Russia, per una serie di diverse circostanze, erano dalla sua parte. La NATO cominciò a bombardare la Serbia in modo incessante: le perdite umane nei raid aerei furono circa un migliaio.
Durante la guerra del Kosovo vi furono alcuni gravi episodi che contribuirono ad alimentare la tensione già alta: il lancio del missile che per errore colpì la Bulgaria (per fortuna senza provocare alcun danno), la distruzione della torre televisiva serba e la conseguente morte di 16 persone che erano all’interno, il bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado, che fu colpita credendo si trattasse della radiotelevisione serba.
Tale episodio ebbe qualche ripercussione nei rapporti con la Cina. L’esercito serbo, attaccato dalle forze militari della NATO, cominciò a spingere la popolazione albanese ad allontanarsi verso l’Albania e la Macedonia. All’esodo albanese seguì ben presto quello serbo. Migliaia di persone lasciarono il Kosovo temendo di subire ritorsioni da parte degli Albanesi.
Sebbene la guerra del Kosovo sia terminata il 9 giugno 1999 (con la firma del trattato di pace tra la NATO e la Repubblica Federale di Jugoslavia), questa tensione è tutt’ora esistente tra le due etnie. Il presidente Milosevic è stato arrestato il 1° aprile 2001 dal Tribunale dell’Aja per il reato di “crimini contro l’umanità”, ma è morto prima che il processo fosse concluso.