Intervista a Vittoria Coppola

Vittoria Coppola. Ventisei anni, leccese, laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha visto cambiare la sua vita, dal punto di vista letterario e professionale, quando la redazione del Tg1 del format “Billy”, dedicato ai libri, ha eletto all’interno del proprio concorso il suo romanzo, “Gli occhi di mia madre” (Lupo Editore), come il più bello della stagione 2011. Ad influire in modo determinante per quanto riguarda la diffusione della sua opera, è stato senza dubbio il web, grazie al passaparola su Facebook e ai vari siti e blog che si occupano di letteratura emergente, ben lontani dai salotti televisivi ma molto più aggiornati e versati tra le nuove promesse letterarie italiane. Fino a qualche mese prima, Vittoria lavorava come receptionist in un albergo dei dintorni di Gallipoli, dedicandosi alla scrittura, sua grande passione, esclusivamente nei momenti liberi dal lavoro. Intervistata, ha raccontato la sua piccola favola letteraria e le sue aspettative dopo il successo ottenuto grazie al premio del Tg1.

Innanzitutto da dove nasce l’esigenza di raccontare questa storia e come mai hai preferito per il tuo romanzo ambientazioni così lontane da quelle da cui provieni, sia dal punto di vista temporale che spaziale?

La storia nasce istintivamente. Tuttavia, credo che sia anche il frutto di un’attenta osservazione di ciò che mi circonda. La stessa ambientazione temporale, fissata negli anni ’70, può essere attualizzata facilmente, grazie alle vicende narrate. Non ho scelto invece il Salento, da cui provengo, esclusivamente perché in questo momento sto usando la letteratura soprattutto per creare il sogno, come può essere l’ambientare una storia a Parigi, così lontana da me. Ora è il momento di fantasticare.

Quali sensazioni hai provato durante l’evoluzione che ti ha portato dallo scrivere di straforo, durante il tuo mestiere di receptionist, a ricevere un premio nazionale così importante?

Il concorso del Tg1 è stato un dono del cielo, vero e proprio. Il romanzo è stato scoperto per caso, in una pagina dedicata ai libri, sulla rete. Dopo però, il libro si è fatto avanti da solo, ha suscitato delle emozioni in un giornalista del Tg1, della redazione di Billy, il quale ha deciso di premiarlo con il titolo di “migliore scoperta letteraria della rete”. Dopodiché, il romanzo è stato inserito all’interno di questo concorso attivo da cinque anni e da lì, è arrivato il premio. L’iter è stato lungo ed emozionante, ma è andata bene alla fine.

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Quanto è stata importante la rete per la tua affermazione?

La rete è fondamentale. Tra l’altro internet, se utilizzato come promozione della cultura, può essere un mezzo immediato e molto, molto potente, come lo è stato nel mio caso. Ho cominciato questa storia tra il 2009 e il 2010: ho delineato i personaggi, di notte, e ho scritto la storia, questo di giorno. È così che lavoro. Solitamente, dedico tempo alla scrittura soprattutto d’inverno, per poi, a partire da maggio, impegnare tutto il mio tempo nella promozione, inviando il materiale alle varie case editrici, cosa che ho fatto anche per questo libro.

I tuoi modelli letterari?

Ti posso dire sicuramente i libri che mi hanno emozionato di più. Il primo si intitola “Da quando non ci sei”, di Louise Candlish, una storia che ha lasciato proprio il segno dentro di me. Il secondo è “La ragazza di carta”, molto bello, di Guillaume Musso. E poi c’è “Storia di una capinera”, di Verga, e “Il tempo di Daisy”, di Sue Miller, che è uno dei libri che ho letto mentre scrivevo il romanzo.

È l’inizio di una brillante carriera letteraria? Ti ci butterai in tutto e per tutto?

Sì, assolutamente. Spero di arrivare un giorno a fare solo la scrittrice nella vita, anche se so che è molto difficile. Sicuramente continuerò a scrivere, anche se dovrò alternarlo al mio lavoro, almeno agli inizi.

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