Il grande caprone, opera di Goya
Il grande caprone (El gran cabròn) o “Sabba” è un quadro – olio su tela – di Francisco Goya realizzato tra il 1797-1798 su commissione. L’incarico gli è stato assegnato dai duchi di Osuna. Questo dipinto è parte di un ciclo di otto tele commissionate per la residenza di campagna dei dichi, l’Alameda, vicino Madrid. Il tema richiesto dai committenti è quello di rappresentare scene di stregoneria, esorcismo e satanismo. Va considerato che sono temi molto diffusi tra l’aristocrazia di questo periodo. Così Goya realizza il grande caprone, protagonista della tela.
Il grande caprone: descrizione del dipinto
Il caprone è un simbolo diabolico, che si erge sulle robuste zampe posteriori mentre attende di ricevere dalle streghe i corpi dei bambini, vittime sacrificali di quella notte o di quella mattina. Goya rappresenta in questa tela volti grotteschi e deformi, con un cielo segnato dalla presenza dei pipistrelli che danno ancora più il senso alla pittura.
La scena rappresentata è quella di un rito satanico. “Il sabba” è un’opera tra le più famose dell’artista spagnolo. E’ conservata presso il museo Làzaro Galdiano di Madrid, e misura 44×31 centimetri. Si vedono rappresentate le streghe e i due bambini che stanno per essere offerti in sacrificio.
Uno dei due bambini è in carne, ben nutrito, l’altro è scheletrico. Mentre un altro piccolo è a terra esanime, anche lui scheletrico. Gli altri sono appesi a un bastone, sorretto da una vecchia strega. Dall’atmosfera non si comprende bene se si tratta di un rito svolto durante il tramonto o all’alba.
In alto a sinistra, si intravede la luna, in posizione simbolica. Questo perché la sinistra è vista nell’interpretazione come la posizione del male, tema rafforzato dal fatto che il caprone tende in alto la zampa sinistra per afferrare il bambino che gli viene offerto. Goya si ispira nella realizzazione di quest’opera all’antica tradizione popolare spagnola e non solo. Trae ispirazione anche alle opere drammatiche realizzate per il teatro da Antonio Zamora, oppure ai racconti di Leandro Fernàndez de Moratìn.
L’animale protagonista dell’opera di Goya, Il grande caprone, è rappresentato con un mantello nero, il muso bianco e con delle corna enormi. Vi sono rametti di quercia intrecciati sulle corna. I suoi occhi sono rossi.
Il significato del quadro
Goya con questo quadro approfondisce un’intimità psicologica, le paure intime, le angosce esistenziali dell’uomo. Charles Baudelaire descriveva con queste parole ne “I Fiori del Male” la pittura dell’artista spagnolo:
“Goya: incubo colmo d’arcani senza fine; feti cotti in un sabba, su qualche orrida balza; laide streghe allo specchio; ignude ragazzine che per tentare il diavolo si tiran su la calza.”
E ancora ne “Quelques caricaturistes étrangers”, pubblicato in “Le Présent” il 15 ottobre 1857, Baudelaire lo descriveva così:
“Goya è sempre un artista grande e spesso spaventoso. All’allegria, alla giovialità, alla satira spagnola degli anni di Cervantes, egli unisce uno spirito assai più moderno, o se non altro molto più perseguito nei tempi moderni, l’amore dell’inafferrabile, il sentimento dei contrasti violenti, dei terrori della natura e delle fisionomie umane stranamente deviate dalla circostanze a uno stato di animalità. […] tutte le dissolutezze del sogno, tutte le iperboli dell’allucinazione, e poi tutte quelle spagnole alte e slanciate che certe vecchie perpetue lavano e preparano per il sabba, o per la prostituzione della sera, il sabba della nostra civiltà! […]
Il merito grande di Goya sta nel creare il mostruoso verosimile. I suoi mostri sono nati pieni di vita, di armonia. Nessuno più di lui ha osato nel senso dell’assurdo possibile. Tutti quei contorcimenti, quelle facce bestiali, quei ghigni diabolici, sono pervasi di umanità.”