La famiglia Karnowski (Singer)
singer – non la macchina da cucire
di israel j. singer ho già parlato recentemente.
ho letto in questi giorni di vacanza [mia, non vostra, lo so], la famiglia karnowski – newton compton 2015 (ma adelphi già l’aveva pubblicato) e yoshe kalb – newton compton 2015.
non c’è niente da dire. io che non sono super fan della letteratura ebraica e non mi riesco ad appassionare all’osannato philip roth, anche se capisco perché c’è chi sì. un po’ come murakami in fondo. sto perdendo il filo della frase, ricomincio.

io che blablabla, ho adorato questi libri. forse più i karnowski, dove viene presentato – in tutto il suo orrore – il crescere di quel nuovo ordine che forse dovrei scrivere con le maiuscole ma la tastiera si rifiuta. e le migrazioni, quelle che ancora si potevano fare, e l’ammeriga dove tutti han dei parenti e una comunità e non ti rendi conto cazzo, che ti ha salvato la vita? no. ma anche tutto quello che viene prima, la donna indipendente e quella che s’innamora. solomon che capisce le cose prima, figlioli prodighi e meno prodighi. bello.
poi yoshe, più enigmatico forse. in breve è uno che c’ha dei sensi di colpa grandi così e cerca di espiarli e gli viene bene ma non benissimo.
ma tipo a voi non viene un po’ di dispiacere a pensare che suo fratello ha preso il nobel e lui no? cioè, facendo lo stesso mestiere. però vabbe’ è morto prestissimo, la guerra non era manco finita. poarì. ma poi, anche la sorella scrittrice. che ansia.
fortuna che mio fratello fa il piercer.