Le muse inquietanti (quadro di De Chirico)
“Le muse inquietanti” è un dipinto realizzato dal pittore italiano Giorgio De Chirico in un periodo che si snoda tra il 1917 e il 1918. Si tratta di un dipinto ad olio su tela delle dimensioni di 97 × 67 cm. Secondo fonti recenti, il dipinto sarebbe situato presso la Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera, in Germania.
Le muse inquietanti: analisi del quadro
Il dipinto venne realizzato dal pittore proprio quando si trovava a Ferrara, durante l’inizio di un percorso che lo portò a perfezionare i canoni della pittura metafisica. Compare in questo periodo anche il suo interesse per il tema archeologico, un omaggio alla classicità reinventata però in modo inquietante. La sua opera fa riferimento alla figura del manichino, ispirandosi “all’uomo senza volto”, personaggio di un dramma di Alberto Savinio, pseudonimo del fratello Andrea, pittore e scrittore.
Il dipinto è caratterizzato dalla ricorrenza di architetture essenziali, proposte in prospettive non realistiche immerse in un clima di trascendenza e spettralità. I colori sono caldi ma fermi, la luce è statica e intensa. Nel dipinto, possiamo ammirare uno spazio aperto, una piazza dove sono collocate due statue classiche. Una statua si trova in una posizione eretta e si presume che sia la raffigurazione di Ippodamia, personaggio mitologico che durante la battaglia dei Centauri e dei Lapiti, attese l’esito dello scontro con inquietudine, mentre l’altra statua è seduta su un basamento con la testa smontata ed appoggiata ai suoi piedi. Questa testa ricorda fortemente quelle maschere africane che fornirono grandi spunti artistici a Pablo Picasso e all’ambiente parigino artistico degli inizi del XX secolo.
Entrambe le figure hanno la testa di un manichino da sartoria. Intorno, troviamo una serie di oggetti dal significato illogico come, secondo alcuni critici, una scatola di fiammiferi o scatole colorate, dove probabilmente venivano riposti i giochi, un uovo e altri oggetti che ricordano l’infanzia dei bambini, come un bastoncino di zucchero colorato. Gli oggetti sono totalmente incongrui rispetto al contesto e vengono rappresentati con una minuzia ossessiva, una definizione tanto precisa da sortire un effetto contrario a quello del realismo. In fondo, vediamo una terza statua maschile.
Sullo sfondo appare a destra il Castello Estense di Ferrara, città dove nacque la pittura metafisica, teatro del cruciale incontro di De Chirico con Carlo Carrà, che darà luogo a fondamentali riflessioni estetiche. Mentre sulla sinistra del dipinto intravediamo una fabbrica rappresentata da alte ciminiere. Possiamo notare che il castello è disabitato e le finestre sono buie, mentre la fabbrica ha le ciminiere che non fumano, segno che in realtà non vi si svolge alcuna attività lavorativa al suo interno.
Nell’opera tutto è silenzio e inquietudine. Il clima di angoscia e di disperazione lo si percepisce anche dalle figure senza occhi e dai loro volti prosciugati: destando l’immediata impressione di un silenzio stupefatto e lacerante. Secondo i critici di quel tempo, la “disumanità” de “Le Muse Inquietanti” ci riporta ad un’umanità arcaica e originaria, veggente, eroica, abitatrice di tempi lontani e misteriosi e, in questo senso, disumana.