Aristofane e la commedia antica
Ad Atene le commedie venivano rappresentate in prevalenza nel corso delle feste Lenee, che si svolgevano nei mesi di gennaio-febbraio, e furono prese sotto la tutela dello Stato a partire dal 442 a.C., ma anche nelle Grandi Dionisie una giornata veniva dedicata agli spettacoli comici. I filologi dividono la storia della commedia greca in tre fasi: antica, di mezzo e nuova.
Approfondimento
La commedia antica
Nella commedia antica la struttura letteraria è libera: l’elemento centrale è costituito dalla parabasi, una sorta di sfilata di coro e attori accompagnata da versi mordaci, ai quali si aggiunge l’agone, contrasto tra due o più attori o tra semicori, e i veri e propri episodi.
Le commedie di Aristofane (450-388) hanno una trama molto esile: Evelpide e Pistetero vanno a costruire una città tra il cielo e la terra negli “Uccelli”, le donne si rifiutano ai loro mariti maniaci della guerra nella “Lisistrata”, Trigeo va in cielo a riconquistare la pace perduta nella “Pace”. Ma sono tutte ricche di temi e di contenuti: essi non vertono sul mito, né sui problemi eterni dell’umano destino, come nella tragedia, ma direttamente sulle problematiche politiche e sociali. Dalla struttura letteraria delle commedie di Aristofane è possibile dedurre che nella commedia la funzione spettacolare del coro sia stata ancora più intensa e più varia della tragedia e, soprattutto, più strettamente integrata nell’insieme della rappresentazione.
Il coro infatti interviene di frequente, come complesso, nell’azione e lo svolgersi dei suoi movimenti era suggerito anche dalla struttura del teatro di Dioniso, dove a lungo si tennero i concorsi comici: un’unica gradinata rettilinea si innalzava di fronte alla skenè sul lato a questa opposto dell’orchestra, che era rettangolare.
Nell’insieme dello spettacolo il coro aveva la funzione di creare quella dimensione fantastica, che in qualche caso, come “Rane” e “Uccelli”, era anche nel testo e investiva l’intero significato del dramma e della rappresentazione. In questa fantastica duplicità dell’essenza umana del coro si inseriva senza soluzione di continuità l’azione dei personaggi. Questi agivano su un piano più decisamente caricaturale di quanto il testo lascia prevedere, esprimendosi con una mimica intensa e assai vivace. I personaggi avevano il ventre e il deretano imbottiti e gonfi, e spesso avevano tra le gambe un enorme fallo. Nella maggior parte delle commedie rimaste il coro non è costituito da personaggi fantastici o allegorici, ma semplicemente da uomini.
Non esistono al mondo creature più sfrontate delle donne.
Aristofane, Lisistrata
Le farse fliaciche
Per comprendere meglio il significato spettacolare della commedia antica è utile ricordare i temi e le forme della farsa italiota, il flyax. Le farse fliaciche si svolgevano su un palco molto piccolo, di legno, eretto nell’orchestra stessa dei teatri o forse anche nelle piazze: il fondo del palco era certe volte chiuso da una piccola struttura architettonica di materiale leggerissimo, che costituiva la scenografia, a volte sostituita da una tenda o da una tela dipinta. Il palco era eretto su colonnine tra le quali venivano stesi dei drappi, ed era sempre connesso all’orchestra o la piazza per mezzo di una piccola scala: così l’azione poteva spostarsi frequentemente dall’orchestra alla scena.
Tematicamente, la farsa fliacica è stata messa in relazione con la hylarotragodia, la parodia tragica: in effetti si tratta di una parodia mitologica, in cui dei ed eroi vengono spietatamente messi alla berlina, anche se non mancano temi borghesi e quotidiani. Ma qui la caricatura si trasforma nel grottesco più spinto: i personaggi, deformati sino al limite del verosimile nel volto e nella figura, sviluppano un’azione tanto concentrata nello spazio quanto violenta e dilatata nella mimica, che a tratti si raccoglie in movenze di danza. Anche gli accessori venivano utilizzati per accentuare gli aspetti caricaturali e grotteschi: il grande Zeus, ad esempio, aveva in uno di questi spettacoli gambette cortissime e veniva fatto sedere su un alto trono, nel quale appariva come un bimbetto in un seggiolone.
La commedia di mezzo
È probabile che la commedia di mezzo abbia attenuato l’importanza del coro e il personaggio perde gradualmente la sua dimensione caricaturale. Questa tendenza la troviamo nell’ultima commedia di Aristofane, “Pluto”, che risale al 388 a.C. In essa non vi è più la parabasi, e la funzione del coro si riduce agli interventi del corifeo. La tematica non è più di tipo politico, ma si concentra su un problema di ordine morale, e vi intervengono personaggi allegorici.
La commedia nuova
Per quanto riguarda invece la commedia nuova, i maggiori esponenti furono Filemone di Soli e Menandro. Con essa si stabilizzano due elementi strutturali: l’intreccio ed il carattere. Gli episodi vengono realizzati in uno schema rigidamente logico e dei personaggi viene dato risalto ad un tratto psicologico dominante. Si tratta di storie di amori impediti, di bambini esposti e ritrovati, di matrimoni in pericolo, narrati senza alcuna forzatura caricaturale. Dal punto di vista scenico è probabile che siano scomparsi quegli elementi che deformavano, ma al contempo ingigantivano l’immagine dell’uomo: i simboli fallici, le pance e le gobbe. La smorfia mimica del viso viene accentuata nella maschera.