Lo tsunami nell’Oceano Indiano del 2004

Lo tsunami che ha colpito l’Oceano Indiano è stata la catastrofe naturale più dirompente dell’ultimo secolo, causando la distruzione di case, città e la morte di 230 mila persone. Il maremoto, con magnitudo superiore a 9 della scala Richter, si è verificato il 26 dicembre 2004: l’epicentro è stato localizzato, in mezzo al mare, a pochi chilometri dall’isola di Sumatra (160 km a una profondità di 30 km). Il sisma è stato così violento, da toccare tutto il Sud-Est dell’Asia, raggiungendo anche le coste dall’Africa orientale.

Una foto dello tsunami asiatico (Oceano Indiano, 26 dicembre 2004)
Una foto dello tsunami asiatico (Oceano Indiano, 26 dicembre 2004)

I paesi più colpiti

I paesi maggiormente interessati sono stati l’Indonesia, lo Sri Lanka, ma anche la Thailandia, la Birmania, il Bangladesh, le Maldive e l’India intera. Inoltre, le scosse hanno coinvolto buona parte del Kenya e le zone costiere della Somalia.

Lo tsunami del 2004 è stato sicuramente un fenomeno devastante: la scossa principale, quella più lunga di ben 8 minuti, è stata praticamente avvertita in tutta la Terra.

La violenza di questo sisma è stata tale, che gli esperti hanno dovuto elaborare una nuova stima della magnitudo, arrivando a registrare 9.3. I sismologi hanno paragonato l’evento all’esplosione delle bombe atomiche nella seconda guerra mondiale: la forza del maremoto è stata di 1 milione e mezzo di volte superiore. Un altro paragone è quello che ha associato l’energia di questo terremoto all’energia liberata dall’esplosione di 100 milioni di tonnellate di tritolo. Una forza davvero enorme, inimmaginabile.

Il Grande Terremoto Cileno del 1960

Nella storia moderna si ricorda solo un altro evento ancor più forte e d‘impatto ed è il Grande Terremoto Cileno (Valdivia), verificatosi il 22 maggio 1960, provocando migliaia di vittime. Questo sisma, che ha fatto tremare contemporaneamente sia la terra sia il mare, ha causato onde da 15 metri, veri e propri palazzi d’acqua. La sua forza (magnitudo 9.5) è stata tale da provocare le oscillazioni libere della Terra e permetterne la loro misurazione, per la prima volta.

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Una catastrofe fuori dal comune

Il maremoto dell’Oceano indiano rappresenta sotto tanti punti di vista una catastrofe fuori dal comune. Tra le cose maggiormente interessanti, sicuramente l’enorme zona di interesse: le stime hanno calcolato che la placca indiana è scivolata sotto quella Birmana alzandola di circa 10 metri. Questo movimento ha causato la generazione di onde gigantesche, capaci di viaggiare a 800 chilometri all’ora e di raggiungere le coste dei Paesi affacciati sull’Oceano Indiano.

I giorni successivi

Un terremoto non termina mai però con un’unica scossa, seppur fortissima.

Nei giorni successivi la terra ha continuato a tremare a causa di scosse di forza inferiore, ma sempre devastanti (magnitudo dal quinto al settimo grado).  Lo tsunami è stato in grado di modificare anche l’angolazione dell’asse terrestre di 1,5 gradi. Che cosa può causare? Potrebbe aver diminuito la durata di un giorno di circa 3 µs (microsecondo). Nulla di impattante per la vita dell’uomo, perché la “relazione” tra Terra e Luna causa un allungamento annuo della giornata di circa 15 µs e ciò vuol dire che nel giro di pochi anni, il Pianeta avrà totalmente azzerato l’impatto del sisma, almeno da questo punto di vista.

Sempre in tema di effetti, più o meno calcolabili, alcuni studiosi sostengono che lo tsunami abbia fatto scivolare di 20 metri anche le isole di Sumatra. È una tesi però che deve ancora essere verificata.

Il ricordo dello tsunami è presente negli occhi di tutto il mondo: paesini rasi al suolo, case distrutte, ridotte in cumuli di macerie, morti, orfani, feriti e tanta disperazione. Si sono contate 226 mila vittime dirette, ma la zona è talmente vasta e talmente povera che fare un censimento è stato praticamente impossibile. Si sostiene che si potrebbe arrivare anche a 400 mila persone e che di questi un terzo sarebbero bambini.  Alcune zone (nel Sud dell’India e in Sri Lanka), tra l’altro, avrebbero potuto avere delle conseguenze meno gravi, se fosse stato diffuso l’arrivo dell’onda per tempo, tenendo conto che ha impiegato circa 3 ore ad attraversare il Golfo del Bengala.

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