La tristezza del re (opera di Henri Matisse): analisi del collage
Approfondimento
Un’opera che racconta per immagini la vecchiaia di Henri Matisse e che rappresenta un’autobiografia
Si intitola “La tristezza del re” (La Tristesse du roi, Sorrows of the King), a volte indicata anche solo come Tristezza. Quest’opera è stata realizzata nel 1952. Si tratta di una pittura a guazzo su carta ritagliata e poi incollata su tela, di centimetri 292 x 386. La tela è custodita presso il Centre Georges Pompidou di Parigi. Un’opera questa, che fa parte delle sue opere tarde, caratterizzata dalla tecnica dei papiers découpés, realizzata da Henri Matisse e che consiste nel rappresentare un collage di elementi ritagliati su un foglio di carta, sullo sfondo dipinto a guazzo. E’ così che diventa possibile:
“disegnare direttamente con il colore, anziché disegnare delle linee di contorno per poi colorarle”.
La tristezza del re: analisi del collage
L’anziano sovrano vestito di nero è posto al centro dell’opera intento a suonare una chitarra con alle spalle un servitore che suona con lui, accompagnandolo con uno strumento a percussione e una donna dalle movenze eleganti, vestita di bianco, balla con lui.
Matisse celebra con la sua arte temi relativi alla musica, alla danza e alla poesia. Con “La tristezza del re“, l’artista francese racconta della vecchiaia, quasi si trattasse di un’autobiografia, evidenziando ancora una volta la sua gioia di vivere, ma che in quest’opera assume anche un carattere nostalgico.
Il soggetto del collage diventa il simbolo e l’eredità della sua arte. Le figure sono caratterizzate da linee curve, che sembrano vibrare in armonia con tinte vivaci dello sfondo. Il fondo è dipinto con colori vivaci, gioiosi: verde, lilla, azzurro mare. Il movimento è conferito dalle foglie gialle, che prendono spazio, dando l’idea di movimento, appunto. Le forme quasi astratte, sono stilizzate.
Matisse e la continua ricerca
I papiers découpés rappresentano il bisogno continuo di Henri Matisse di ricerca, che si può bene sintetizzare nelle sue parole:
“Creare è il fine dell’artista; quando egli non ha creatività, l’arte non esiste. Ma ci s’inganna se si attribuisce questo potere a un dono innato […], per l’artista la creazione comincia dalla visione. Vedere è già una operazione creatrice e che esige uno sforzo. Tutto ciò che noi vediamo, nella vita quotidiana, subisce più o meno la deformazione che producono le abitudini acquisite […]. Lo sforzo necessario per liberarsene esige una sorta di coraggio; e questo coraggio è indispensabile all’artista che deve vedere tutte le cose come se le vedesse per la prima volta: egli vedrà tutta la vita come quando era bambino; la perdita di questa possibilità non permette di esprimersi in modo originale, cioè personale”.
L’opera La tristezza del re è il racconto per immagini della sua vecchiaia, un’autobiografia dell’artista. Se da una parte esprime la gioia di vivere appunto dell’artista, dall’altra assume una dimensione nostalgica. La gioia di vivere è espressa dalla musica che si diffonde attraverso l’uso di colori allegri, interrotta dalla massa scura centrale, che conferisce turbamento, tristezza, interrompendo la serenità dell’evento.
Le forme si discostano dalla realtà, ma riescono ad evocarla. Immagini, o meglio forme, che sono concepite come se fossero realizzate e sviluppate nella mente di un bambino.