La questione tra Cina e Tibet

Nel 1949, dopo la proclamazione della repubblica popolare cinese, fu chiaro a tutte le diplomazie del mondo che Mao era intenzionato ad usare la forza della sua macchina da guerra per riprendersi quei territori che riteneva, per motivazioni storiche e sociali, appartenenti alla Cina comunista. Mao, infatti, il 1° ottobre del 1949 dichiarò che alcuni territori fra cui il Tibet sarebbe dovuti rientrare all’ interno dei confini cinesi. Il 7 ottobre del 1950, dopo inutili trattative diplomatiche fra i rappresentanti del governo tibetano e di quello cinese, 40.000 soldati dell’esercito di liberazione popolare cinese entrarono in Tibet, occupando la parte orientale del paese. L’esercito tibetano venne completamente sbaragliato, senza che i cinesi subissero gravi perdite.

Manifestanti tibetani
Tibetans are dying for freedom (I tibetani stanno morendo per la libertà)

Negli stessi giorni il Dalai Lama, Tenzin Gyatso, veniva proclamato sovrano del Tibet, avocando a sé sia i poteri spirituali che quelli temporali. Il 9 settembre il governo tibetano accettò la presenza di 3000 soldati cinesi nella sua capitale, Lhasa, accettando ufficialmente l’occupazione del suo Stato. A questo punto alcuni rappresentanti della diplomazia tibetana  firmarono un trattato di pace in 17 punti che  limitava la sovranità del Tibet, rendendolo di fatto una regione della Cina.

Tenzin Gyatso
Il Dalai Lama Tenzin Gyatso

Le riforme e le imposizioni conseguenti al patto, vennero applicate nell’arco dei sei anni successivi in quasi tutte le regioni del Tibet, tranne in due: Kham e Amdo dove furono applicate riforme e sanzioni tali da provocare ribellioni che l’esercito cinese represse con la forza. Il patto fu fortemente criticato dal Dalai Lama, che dichiarò di non  averlo autorizzato; comunque i cinesi non mantennero le promesse e dopo aver applicato le restrizioni, le riforme di ridistribuzione territoriale ed economica e dopo aver riorganizzato il sistema fiscale, colpirono duramente i simboli religiosi tibetani, depredando i monasteri.

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Il 28 marzo del 1959 scoppiò una ribellione organizzata dal movimento per la resistenza tibetana che aveva gruppi in tutto il paese. La ribellione, però, fallì e come conseguenza della repressione cinese, morirono diverse migliaia di cittadini tibetani, alcune stime parlano di circa 65.000 – 70.000 persone, comprese donne e bambini. Il Dalai Lama, insieme a parte del suo governo e a circa 80.000 persone dovette, in segreto, lasciare il paese e rifugiarsi in India. Da allora è un esiliato che lotta senza sosta per l’emancipazione e l’indipendenza del suo paese.

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Fulvio Caporale

Fulvio Caporale è nato a Padova e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche svolge la professione di consulente editoriale e pubblicitario. Collabora con case editrici e giornali cartacei e online occupandosi di libri, arte ed eventi culturali. Ha tradotto testi letterari e tecnici dallo spagnolo, dal portoghese, dall'inglese e dal catalano.

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