Il teatro a Roma: breve storia e riassunto del teatro romano
Il pubblico ateniese assisteva alla rielaborazione ed alla reinterpretazione di miti e di storie che rappresentavano il nucleo centrale della loro cultura: il teatro, per loro, fu quindi uno strumento importantissimo. A Roma la situazione è opposta, in un certo senso. Il teatro romano è uno strumento che serve ad analizzare ed assimilare una cultura estranea alla tradizione indigena, per adeguarla alle nuove esigenze sociali e politiche.
La produzione teatrale, al contrario di quella letteraria, doveva rivolgersi ad un pubblico più vasto. Per conquistare il pubblico si potevano quindi seguire due strade: inserire temi e motivi della cultura popolare, ed è questa la strada seguita da Plauto, o in alternativa, trovare argomenti che fossero in grado di suscitare stupore e altre sensazioni. La tragedia è stata la forma drammatica che meno ha goduto del favore sulla scena romana. Dopo Livio Andronico, Nevio, Accio, la cui produzione è scomparsa, fu Seneca a rielaborare nei suoi drammi, scritti attorno al 50 d.C. durante il regno di Nerone, i temi classici della tragedia greca.
La maschera tragica era di grandi dimensioni, caratterizzata dall’alta pettinatura a riccioli che coprivano la fronte e incorniciavano il viso. A riccioli era anche la barba dei maschi, con la bocca spalancata e il tondo foro degli occhi che gli conferiva un’espressione di doloroso stupore. Il personaggio assunse sempre più un aspetto imponente e poi terribile.
Già con Seneca venivano rappresentati episodi violenti, uccisioni e suicidi. La messa in scena posteriore li rese sempre più crudeli per compiacere il gusto del macabro, i personaggi diventano deformi. Di conseguenza la tragedia, da eletta forma ideale, diventa un grottesco intrattenimento per il popolino. Tuttavia, dalla tragedia deriva in epoca agustea un nuovo genere di spettacolo, ovvero la pantomima.
La pantomima
La pantomima era rappresentata da un coro o un cantore che cantavano i passi di note tragedie, mentre un attore con una maschera a tre volti interpretava tutti i personaggi.
Meno movimentata fu invece la storia della commedia che rimase inalterata con le sue avventure amorose complicate da travestimenti, scambi di persone, trucchi di servi sino all’avvento dell’impero.
Forme di rappresentazione teatrale popolare
La produzione popolare si può distinguere in tre generi principali: l’atellana, il fescennino e il mimo. L’atellana era un gioco di personaggi fissi di maschere, che avevano un proprio carattere personale, che rimaneva invariato attraverso infinite brevi avventure; fu gradita alle classi elevate.
Il fescennino ebbe una vita più breve, a causa della sua tematica politica e della sua propensione a introdurre elementi di satira personale. Il mimo romano era caratterizzato dalla tematica volgare, quotidiana, e dalla presenza di attori che recitavano senza la maschera. Il mimo divenne la forma teatrale per eccellenza del popolo romano.
A Roma, anche il teatro ufficiale si trasformò istituzionalmente in divertimento, percepito più che come strumento di cultura come circensis: veniva quindi offerto alla plebe alla stessa maniera di giochi sportivi e gladiatori.