La pietra dello scandalo: significato
L’espressione “essere la pietra dello scandalo“, che significa essere oggetto di clamore per azioni riprovevoli, veniva usata nell’antica Roma. In quel periodo, i debitori e i commercianti disonesti o falliti venivano esposti ad una pubblica umiliazione. Costretti ed obbligati alla “bonorum cessio culo nudo super lapidem”, ossia alla cosiddetta “cessione dei beni, a natiche denudate, sopra una pietra”. In quella circostanza, i debitori e i commercianti dovevano pronunciare apertamente ed urlando la seguente frase: “cedo bona” o “cedo bonis” (svendo tutto o tutti i miei beni), ossia “cedo i miei averi”.
I malcapitati si trovavano, per tre volte, costretti ad alzarsi e violentemente a sedersi su di una pietra per espiare la loro colpa. Dopo tale pubblica umiliazione, la colpa veniva espiata ed i creditori non potevano più avvalersi su di loro. Secondo studi, l’inventore di questo tipo di pena fu Giulio Cesare che rimpiazzò una delle Leggi delle XII tavole che permettevano ai creditori addirittura di uccidere il debitore o ridurlo in schiavitù secondo l’istituto della “manus iniectio” che assoggettava il debitore che, a quel punto, era completamente alla mercé del creditore.
A Roma, la cosiddetta pietra dello scandalo, era un macigno che si trovava nei pressi della porta del Campidoglio e sul quale era scolpita la figura di un leone. Coloro che erano definiti debitori inevasi oppure coloro che erano stati dichiarati falliti si dovevano sedere su detta pietra. Ma anche in altre città, in periodi posteriori, ritroviamo la pietra dello scandalo. Per esempio, a Firenze, si trova nella loggia del Mercato Nuovo: è un tondo di pietra che rappresenta la ruota del Carroccio, simbolo della Repubblica Fiorentina. Qua avveniva il rito dell’“acculata”: il fondo-schiena di debitori e disonesti vi veniva sbattuto violentemente, a braghe calate, fra gli sberleffi di coloro che presenziavano alla pena.
A Modena, in Piazza Grande, invece si trova la pietra “ringadora”. Si tratta di un grande masso di forma rettangolare, collocato in prossimità del porticato del Palazzo Comunale della città emiliana.
Il termine significa “pietra che arringa”: molti storici sostengono che questa pietra fosse servita da pulpito agli oratori modenesi che nel Medioevo, durante le adunanze popolari, parlavano ai cittadini. Un’altra ipotesi, invece, sostiene che la pietra venisse usata come pena per i debitori che a forza venivano messi su di essa per ammettere la restituzione dei beni da loro truffati ai creditori.