San Matteo, scultura di Michelangelo
Non ancora trentenne Michelangelo Buonarroti era già considerato uno dei massimi artisti di tutti i tempi. Quel periodo della sua vita è per l’artista un momento di lavoro intenso. Mentre scolpisce due rilievi marmorei tondi, ambedue rappresentanti la Madonna col Bambino e San Giovannino e quattro statue di santi per il Duomo di Siena, inizia per il duomo di Firenze il primo di dodici apostoli, San Matteo (1505, marmo, altezza metri 2,16, Firenze, Galleria dell’Accademia). Il complesso non è mai stato compiuto.
San Matteo stesso è incompiuto. Si tratta di un abbozzo, che reca in sé però tutti i caratteri michelangioleschi. È una statua, infatti, che ci permette di studiare la concezione originale del grande scultore. Il non finito michelangiolesco ha un significato preciso: il blocco sbozzato lascia solo intravedere l’immagine che l’artista viene liberando dalla materia, l’idea compiuta è irraggiungibile perché eterna. Il non finito toglie alla statua la perfezione del modello, il significato di ciò che, essendo compiuto, è immutabile.
Tutto questo nel San Matteo è visibile con chiarezza: l’apostolo tenta di uscire dalla materia con fatica, con sofferenza, tenta di realizzare se stesso, di dar corpo alla propria vita di uomo, senza potervi arrivare. Questa statua ci aiuta anche a capire il processo creativo di Michelangelo e, come conseguenza, l’unicità del punto di vista frontale.
Michelangelo cavando la forma dal blocco di marmo, fa arretrare sempre più il piano anteriore della materia e rende visibili via via le parti più sporgenti, che sono anche le più compiute. Il piano dell’acqua corrisponde alla faccia anteriore del blocco: ambedue arretrano via via che se ne estrae l’immagine.