Piersanti Mattarella
Piersanti Mattarella, fratello maggiore di Sergio Mattarella, dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana, nasce a Castellamare del Golfo (Tp) il 24 maggio 1935 e muoreassassinato a Palermo il 6 gennaio 1980, vittima della mafia. Figlio di Bernardo Mattarella, esponente di spicco della Democrazia Cristiana (DC), riceve un’educazione cattolica presso i padri maristi del San Leone Magno a Roma, ove la famiglia si era trasferita. Divenuto responsabile dell’educazione giovanile all’interno dell’Azione Cattolica Italiana, è molto attivo all’interno della stessa associazione, dove coinvolge molti compagni in diverse attività sociali nei quartieri della periferia di Roma.
La passione e l’entusiasmo per ciò che fa sono sentimenti che accompagnano Piersanti Mattarella durante tutta la sua carriera universitaria e successivamente politica. Laureatosi in giurisprudenza presso “La Sapienza” di Roma, nel ‘58 torna a Palermo dove sposa Irma Chiazzese, dalla quale ha due figli: Bernardo e Maria.
Approfondimento
Attività politica
Divenuto assistente ordinario di diritto privato a Palermo, Piersanti si dedica alla politica come candidato della DC. Tra gli uomini che ispirano positivamente il giovane politico ricordiamo: Aldo Moro e Giorgio La Pira, la cui vocazione sociale si evince dalle sue stesse parole: « Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa brutta! No: l’impegno politico – cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico – è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità. ».
Negli anni ’60 Mattarella è eletto consigliere comunale di Palermo e rieletto per due legislature: ‘71 e ‘76. Assessore regionale alla Presidenza (dal ‘71 al ‘78) viene nominato dall’Ars (Assemblea regionale siciliana) presidente della Regione siciliana (‘78). Nel ‘79, a seguito di una crisi politica, forma un secondo governo.
Un uomo e i suoi valori
Piersanti Mattarella rappresenta una svolta nel modo di concepire il potere e la politica. I suoi provvedimenti sono pregni di legalità, volti ad imporre una nuova gestione dell’amministrazione regionale e a eliminare, all’interno delle strutture governative, qualsiasi tipo di clientelismo, privilegio, omertà e carrierismo. L’impegno per la riforma della burocrazia della Regione siciliana, che si esplica con “razionalizzazioni, meritocrazia, accorpamenti, responsabilizzazioni, controlli e divisioni di compiti” ha lo scopo di vivacizzare e rinnovare l’apparato burocratico stesso.
La linea politica di Mattarella è evidente nella “Conferenza regionale dell’agricoltura”, tenutasi a Palermo nel ‘79. Quando l’onorevole Pio La Torre (anch’egli vittima di Mafia) denuncia l’Assessorato all’Agricoltura come fulcro della corruzione isolana e lo stesso assessore come politico colluso con la Mafia, Mattarella non difende l’assessore, come ci si aspetta, ma ammette la necessità di rivedere la gestione dei contributi agricoli regionali. L’affronto, perpetrato da un senatore comunista e dal presidente democristiano, viene punito col sangue.
L’assassinio
È il 6 gennaio 1980. Piersanti Mattarella viene assassinato davanti la sua abitazione a colpi di pistola mentre si trova in macchina con la moglie, i figli e la suocera. In un primo momento, si pensa ad un assassinio di matrice terroristica, tesi avvalorata dalla rivendicazione di un gruppo neo-fascista. La modalità dell’omicidio solleva altre ipotesi. La requisitoria, sottoscritta da Giovanni Falcone in qualità di procuratore aggiunto e depositata il 9 marzo ‘91, porta ad individuare i responsabili materiali dell’omicidio in Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, combattenti di estrema destra del Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari).
Dopo la morte di Falcone (strage di Capaci) l’assassinio di Mattarella viene rimesso alla Mafia dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo. Ad ordinare l’uccisione è Cosa Nostra, a causa dell’opera di ammodernamento intrapresa da Piersanti Mattarella e dei contrasti con Vito Ciancimino (referente politico dei Corleonesi) che ha siglato un patto di collaborazione con Salvo Lima e la corrente andreottiana.
Nel ‘95 vengono condannati all’ergastolo come mandanti dell’omicidio i boss: Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Antonio Geraci. Durante il processo, la moglie di Mattarella, Cristiano Fioravanti (fratello di Valerio) e Angelo Izzo dichiarano di riconoscere in Valerio Fioravanti l’esecutore materiale dell’omicidio. La loro testimonianza non viene considerata attendibile.
In base alle dichiarazioni di Francesco Marino Mannoia, collaboratore di giustizia, Giulio Andreotti, è a conoscenza dell’insofferenza di Cosa Nostra per l’operato di Mattarella. Nel 2004, alla fine di un lungo processo, si accerta che ai tempi dell’accaduto Andreotti ha rapporti con la Mafia ma al contempo si dichiara il “non luogo a procedere per intervenuta prescrizione”.
Ad oggi (2015), sono stati condannati i mandanti ma non i responsabili materiali dell’esecuzione di Piersanti Mattarella.