L’arte di vincere
Lo sport americano per eccellenza è il baseball. Gli altri sport come ad esempio il football e la boxe hanno un ruolo indubbiamente importante nel tessuto sociale americano ma il baseball ha una radice più profonda.
In Europa lo si pratica poco ed è per questo, che malgrado ci siano molti film prodotti in Usa che lo raccontano, pochi hanno attecchito nel nostro continente. L’ultimo film su questo magico sport, in cui si riconoscono i tratti antropologici della civiltà degli Usa: la lotta disperata per il territorio, il riscatto e l’eleganza selvaggia nella sconfitta o nella vittoria, forse troverà migliore accoglienza dalle nostre parti.
Il titolo richiama il senso del film, la voglia di riscatto e la ricerca continua del risultato. Non a caso, infatti, si chiama “L’arte di vincere”. E’ tratto da un libro: “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis e racconta la storia del General Manager degli Oakland Athletics, Billy Beane, che attraverso un complicato meccanismo statistico (sabermetrica) cerca di trovare il giocatore migliore per un dato ruolo in modo tale da prevedere le performance di una specifica squadra.
Non si tratta di un film sullo sport, perché il baseball potrebbe esserci come anche potrebbe non esserci ma è un film che utilizza il pretesto di un sport sentito e amato per raccontare una storia che attraverso il baseball diventa universale. La storia di una determinazione senza fine e di una lotta quasi senza speranza in cui la vittoria sembra non arrivare mai anche quando sembra impossibile che non arrivi.
E’ un racconto costruito sul filo della tensione dove i meccanismi narrativi costruiscono un personaggio memorabile interpretato da Brad Pitt che affronta la sua vita a testa bassa con momenti di passione, cedimento e rinascita. Un film che commuove ma che stimola a riflettere su come il fare possa avere infinite implicazioni.
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