Intervista a Elio Veltri

Elio Veltri. Giornalista, politico, ex parlamentare e cofondatore dell’Idv (per poi allontanarsene dopo alcuni anni in aperta polemica con il leader Antonio Di Pietro), può essere considerato una delle figure più forti della politica e della pubblicistica italiana. Elio Veltri ha firmato, infatti, da solo e con altri giornalisti, alcune delle inchieste più scottanti degli ultimi tempi, legate al mondo della politica e delle tangenti. Da sempre attivo sul fronte delle norme anticorruzione, antimafia e sulla trasparenza, fondatore, nel 1997, dell’associazione “Democrazia e Legalità”, ha scritto numerosi volumi, tra i quali si ricorda “L’odore dei soldi”, realizzato con Marco Travaglio, datato 2001 e capostipite di un genere saggistico tradotto all’estero e con oltre 300.000 copie vendute.

Elio Veltri
Elio Veltri

Nel 2012, la sua ultima fatica si intitola “I soldi dei partiti” (Marsilio Editore), scritto con Francesco Paola e forte di un sottotitolo inequivocabile: “Tutta la verità sul finanziamento alla politica italiana”. Una vera e propria immersione in un sistema che, solo dal 1974 al 2012, ha cavato agli italiani qualcosa come € 5.944.533.428.  Di seguito, alcune delle considerazioni e delle proposte colte dalla viva voce di Elio Veltri, carpite nel corso di una presentazione del suo libro incentrato sulle ingenti somme di denaro che gravitano attorno – e dentro – ai partiti italiani.

In cosa è diverso il libro “I soldi dei partiti”, scritto da Elio Veltri e Francesco Paola, rispetto ai filoni e a tutte le pubblicazioni giornalistiche degli ultimi anni? E qual è il punto di vista di Veltri sui partiti, da ex parlamentare  e politico, oltre che da giornalista?

Questo libro è molto diverso dai soliti libri, mi riferisco ai cosiddetti “libri anticasta” come quelli di Rizzo e Stella, ottimamente realizzati ma differenti dal mio. Sarebbe stato inutile, infatti, fare la stessa cosa, affrontare le questioni da un punto di vista folkloristico, parlando del costo della sogliola al Senato rispetto al mercato tradizionale, per fare un esempio. È un libro diverso, anzitutto perché abbiamo fatto i conti seriamente, con tutte le gazzette ufficiali pubblicate dal ’74 in poi, anno della prima legge sul finanziamento ai partiti. Si parla di tutti i finanziamenti pubblici, dunque, ma anche di altre questioni, come il finanziamento indiretto: ossia la lottizzazione, che è un altro cancro del sistema. Si pensi agli istituti delle case popolari, che alla fine, nella maggior parte dei casi, vengono assegnati ai cosiddetti trombati della politica. O alle società partecipate, ad esempio, il grande business degli ultimi anni: è mai possibile che una città come Bergamo ne debba avere una quarantina? E perché mai, poi, queste società, vanno ad investire in altri territori, come in Puglia e in Calabria, com’è successo in molti casi, talvolta fallendo e facendo rimettere i soldi alla collettività?

Qual è il suo parere sull’attualità politica e partitica italiana?

Io non conosco democrazie senza partiti, ma se i partiti sono così indispensabili ad un sistema democratico, non possono essere questi di oggi. Questi non sono il meglio della politica, ma sono essi stessi la malattia e non possono di certo curare una democrazia malata. La politica è una cosa seria. Sia d’esempio un’altra questione di cui si parla nel libro, ossia gli affari e l’altra faccia degli affari: la corruzione. Ebbene, c’è un provvedimento dell’Onu, una convenzione del 2003, sulla corruzione mondiale, che l’Italia ha recepito nel 2009, per giunta senza applicarla come richiesto dall’Onu e così come applicato in tutti gli altri paesi europei. Siamo tra i paesi più corrotti al mondo in assoluto, al settantesimo posto come corruzione, molto più corrotti di certi paesi africani. Nel caso specifico, il Governo di allora ha fatto un provvedimento di ricezione nel quale però viene negato, anzi cancellato, il cardine della convenzione Onu: ossia fare un’autorità anticorruzione terza, indipendente dal Governo e dagli altri Organi. Il tentativo fatto, in breve, e per metà riuscito, è stato quello di ficcare questa commissione a Palazzo Chigi: può mai essere una cosa seria?

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Perché è così importante la legge sul finanziamento ai partiti e come si è giunti a questo punto di non ritorno?

Per realizzare questo libro, ho letto tutti i dibattiti parlamentari sulle varie leggi sul finanziamento pubblico, la prima risale appunto al 1974. Ci sono state molte modifiche, durante gli anni. Ebbene, nel ’74, il finanziamento fu introdotto con una motivazione precisa, in quanto c’erano stati dei grandi scandali, da quello dei petroli a quello della banane a quello dei tabacchi. Questi scandali avevano avuto chiare connivenze con i partiti, i quali avevano ricevuto miliardi di lire di tangenti, per giunta non perseguibili penalmente, in quanto i partiti, come si ammise chiaramente, avevano bisogno di fondi, di liquidità, se volevano campare. Io stesso, all’epoca, ero favorevole a questo tipo di finanziamento, in quanto i promotori volevano riportare la moralità nei partiti attraverso un finanziamento che fosse pubblico, appunto, allo scopo proprio di recidere i legami con finanziamenti differenti, interessati. Solo i liberali si opposero, i quali furono gli unici a capire la situazione. Secondo il loro punto di vista, i partiti ne sarebbero usciti distrutti, sarebbe diminuita la militanza e gli stessi partiti si sarebbero trasformati in appendici assistite dallo Stato, oltre al fatto, sacrosanto, che in termini economici l’Italia non poteva permettersi questo tipo di risorse. Inoltre, altra cosa che poi si è verificata, i liberali dissero che i presidenti dei gruppi parlamentari sarebbero stati scelti solo in base alla fedeltà perché, secondo quella legge, sarebbe stato esclusivamente attraverso i gruppi che sarebbero transitati i soldi. Alla fine, è proprio così che è andata.

Quali proposte, ad oggi, per uscire da una situazione politica e civile sempre più critica?

Ho preparato tre leggi di iniziativa popolare. Ho fatto anche un sito, ho scritto io le leggi, con grande fatica. Queste riguardano, in sostanza, la riforma dei partiti, il precariato, l’economia sommersa, il riciclaggio e l’evasione fiscale. Ho ricevuto consulenze in giro per l’Italia che mi hanno dato per cortesia, impegnandomi in prima persona. Ho cercato disperatamente, con le leggi pronte, di farmi seguire dalle associazioni di precari, dai movimenti, dagli studenti, ma senza alcun risultato: nessuno mi ha appoggiato. Ho deciso allora, di non portare questa proposta in Cassazione, non ancora, proprio per non farla fallire, perché non ho ancora raccolto le firme. Sto aspettando il momento giusto, che le persone coinvolte in questa legge, si facciano avanti.

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