Cristo Morto (opera di Andrea Mantegna)

Il “Cristo Morto” (conosciuto anche come “Lamento sul Cristo morto” o “Cristo morto” e tre dolenti) è uno tra i più celebri dipinti di Andrea Mantegna, realizzato con tempera su tela, risalente al periodo compreso tra il 1475 e il 1478.

Cristo Morto - Mantegna
Cristo Morto, celebre quadro di Andrea Mantegna

Conservata oggi all’interno della Pinacoteca di Brera di Milano, quest’opera è particolarmente conosciuta e apprezzata per l’incredibile scorcio prospettico della figura del Cristo disteso che sembra seguire lo sguardo dello spettatore che, scorrendo davanti al quadro, fissa la tela a partire dai piedi.

Considerato uno dei capolavori artistici del Mantegna, questo dipinto ha una forza espressiva e allo stesso tempo una compostezza severa, e senza eguali,  che ne fanno senza alcun dubbio uno dei simboli più rappresentativi del Rinascimento italiano.

La storia del dipinto

Il “Cristo Morto” del Mantegna risale molto probabilmente al periodo compreso tra il 1475 e il 1478. Ma questa al momento è solo una delle ipotesi più accreditate, in quanto non si conosce ancora una datazione precisa, perché quest’opera risale ad un cinquantennio di produzione mantegnesca che va dall’era mantovana alla morte dell’artista.

In ogni caso questo celebre dipinto viene messo in relazione alla “Camera degli Sposi“, altro capolavoro di Andrea Mantegna, realizzato tra il 1465 ed il 1474, per via del suo contenuto illusionistico e della prospettiva utilizzata, molto più evoluta rispetto alle tecniche fino ad allora conosciute.

Una strana curiosità

Un “Cirsto in scurto”, destinato molto probabilmente alla devozione privata del Mantegna, è citato tra le opere rimaste all’interno della bottega del pittore dopo la sua morte, avvenuta nel 1506. Poco dopo però lo stesso dipinto veniva acquistato dal cardinale Sigismondo Gonzaga, nel 1507, e tutt’ora non è chiaro se si trattasse della stessa opera o di una fedele imitazione realizzata da un altro artista, anche se l’opera del cardinale appare piuttosto uguale a quella oggi esposta a Brera. Tuttavia, dopo diversi anni di studi e ricerche, alcuni studiosi sono giunti alla conclusione che le opere del “Cristo Morto” realizzate dal Mantegna fossero in realtà due.

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Il percorso successivo della tela, che è passata attraverso le corti di diversi Re e Cardinali, è infatti documentato in maniera soltanto parziale e alquanto confusa.

Il pellegrinaggio della tela

Secondo alcune ricostruzioni essa sarebbe appartenuta, intorno al 1531, a Margherita Paleologa, futura sposa di Federico II Gonzaga. Nel XVII secolo, invece, l’opera si sarebbe sdoppiata perché nel 1603 era elencata tra i quadri di Pietro Aldobrandini mentre un secondo quadro, nel 1627, è elencato tra le proprietà di Ferdinando Gonzaga. Successivamente, secondo alcune ricostruzioni, la stessa tela sarebbe stata venduta, nel 1628, a Carlo I d’Inghilterra, assieme ai dipinti più prestigiosi dei Gonzaga. L’ultima traccia del “Cristo Morto” risale invece al mercato antiquario ed alla raccolta del cardinale Mazzarino. Da allora se ne persero le tracce per circa un secolo, finché nel 1806 il segretario dell’Accademia di Brera, Giuseppe Bossi, chiedeva ad Antonio Canova, il celebre autore di “Amore e Psiche“, di mediare per l’acquisto del suo “desiderato Mantegna”, che giunse in Pinacoteca nel 1824.

Le altre versioni del Cristo Morto

Una seconda versione del Cristo Morto del Mantegna  è invece riconosciuta in una collezione privata di Glen Head, ma gli studiosi più esperti la ritengono una copia modesta della tela originale ad opera del genio di Andrea Mantegna.

Cristo Morto - Glen Head
La copia del “Cristo Morto” di Glen Head

Tuttavia in essa non sono rappresentati i tre dolenti al capezzale del Cristo, che alcuni ipotizzano essere stati inseriti solo successivamente dall’autore, e sono presenti altre varianti che la rendono simile e allo stesso tempo del tutto differente dal famoso dipinto tardo-cinquecentesco.

Esiste inoltre un disegno a penna di un uomo giacente su una lastra di pietra, che attualmente si trova nel Trustee del British Musum di Londra, che presenta anch’essa alcune profonde similitudini con il capolavoro del Mantegna.

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Giovanni Di Maggio

Giovanni Di Maggio è nato a Palermo, ha vissuto a Valencia e a Bologna, dove si è laureato in Scienze della Comunicazione. Terminati gli studi ha deciso di ritornare nella sua città natia, dove ha cominciato a lavorare come giornalista, blogger e copywriter per diverse testate giornalistiche sia online che cartacee. Ama scrivere e lo fa con passione, ma soprattutto ama tenersi costantemente informato su tutto ciò che gli accade intorno.

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