Correre o morire (libro di Kilian Jornet)
mi fa un pochino male parlare di questo libro.
questo libro è correre o morire, di kilianjornet – priuli & verlucca, 2012.
kilian jornet è uno che corre. ma non corre e basta, lui corre in salita. e scia, anche. vive la montagna come noi non saremmo capace di viverla mai. in realtà in montagna kilian non corre, vola. perché i piedi quasi non toccano terra. vola perché veloci come lui sono in pochi.
è a kilian che penso quando provo a fare dei trail e in salita io non ce la faccio mica, arranco, maledico tutto e tutti ma poi, quando inizia la discesa, è bellissimo. e lo so la discesa è più pericolosa e difficile ma io non lo so che cosa ho, forse l’incoscienza. e riesco, e recupero, e mi sento libera da tutto. mi farò male un giorno, sbatterò la faccia per terra o mi spaccherò una caviglia, ma la libertà della discesa che ho sentito a vobarno o al giir di mont, non me la toglie nessuno. grazie filo, per aver detto a mamma signora, sua figlia in discesa è pazzesca. perché la mia mamma non è che proprio ci ha mai creduto in questa cosa della corsa o altre.
e kilian? kilian nel libro racconta cose che noi umani. il kilimangiaro, e la corsa dall’atlantico al mediterraneo, e corse di mille giorni senza dormire. è sovrumano. ed è anche un figo a vederlo, ma questo non conta. non molla mai.
invece, io. io un giorno sono tornata dalle vacanze e ho fatto una corsetta non so nemmeno più dove e mi faceva un po’ male l’inguine. pazienza ho detto. il giorno dopo ferma e la domenica, 30 agosto, dico vado a fare il trail. devo continuare ad allenarmi, ho monza tra poco e lugano e le due maratone e mille cose. parto e si sale e sono con antonio e come al solito siamo tra gli ultimi. sento un po’ il male ma che vuoi che sia. ci sono pochi ristori, a sto trail. tanto asfalto e pochi ristori. e penso alla mia cri che è davanti, che brava che è la mia cri. e le discese? e quando arriva l’ultimo ristoro? eccola la discesa e lo vedo il ristoro, è là e mancano solo 5 km alla fine. dai anna. vola al ristoro, vola, allarga le braccia e sorridi, ché a breve bevi. scusa antonio sono andata avanti, avevo sete, tantissima. che buona, questa coca-cola. un altro bicchiere dai. antonio vai pure avanti, io devo concentrarmi che ho un po’ male alla gamba non voglio che mi aspetti, vai che è discesa e ti raggiungo.
appoggio il piede e mi crolla il mondo. urlo fortissimo. riprovo. urlo di nuovo, piango. fatemi sedere non posso più mettere giù il piede destro il male è ovunque, sembra mi abbiano sparato. aiutatemi vi prego non posso arrivare nemmeno lì sull’erba, anche se sono solo 2 metri. aiutatemi. piango. e tu fotografo perché sei lì con il tuo obbiettivo e continui a scattare io ho male, ho tanto male. aiutatemi.
poi scendo col furgone e cri davvero non preoccuparti starò bene ho male alla gamba ma si aggiusta. martin vieni a prendermi. prez, mi sono fatta male. qualcuno mi dica che cosa ho.
ferma, stai ferma anna. ferma fino a monza ci sono i 30 km perché non provo? c’è la maratona. e io quella medaglia di monza la voglio. e la prima metà è perfetta sono super concentrata ma poi, ci metto una vita e piove e non sento quasi il male ma il garmin dice che sto correndo pianissimo. molto, piano. e all’arrivo me ne vado e non saluto quasi nessuno perché non c’è più, quasi nessuno. grazie franco, sei rimasto. grazie prez. vado a casa, datemi le stampelle.
martin andiamo al pronto soccorso. come dice dottoressa? due settimane e sono a posto? e tra un mese? perché tra un mese c’è monaco. tra un mese perfetta? ottimo.
salta lugano anna, salta il city trail e salta monaco e tu ci vai lo stesso perché tanto hai pagato e io quando vi ho visti andare alla partenza ho pianto tanto.
ho pianto quasi tutti i giorni in questi mesi che sono quattro ma sembrano mille. quando ho cancellato atene ho singhiozzato, ogni domenica mattina, ho i lacrimoni. quando ho ritirato la risonanza, quando l’ortopedico ha detto ancora qualche mese ferma, ciao milano, mi è mancato il respiro.
perché la corsa, non è il mio sport.
mi annoio faccio fatica, ho risultati pessimi.
ma arrivavo alla fine.
ora alla fine non ci arrivo più.
fare cose che non avrei mai pensato di poter fare, dirmi brava per la prima volta, guardare le medaglie – che sono gentili eh, nelle corse ti danno la medaglia anche se arrivi ultima – mi serviva per capire che sì, potevo andare avanti.
perché le cose nella vita a cui terrei di più, quelle che mi farebbero sentire importante, non le posso avere. non le posso volere. e allora riuscivo a far passare i giorni perché sapevo che la domenica, magari c’era un trail. o una tapasciata. o una corsa in un posto dove non sono mai stata. sveglia sempre prima delle 6, freddo, caldo, non mi importa, fino a quando vedo che ce la posso fare. io, che fino ad ora che cosa ho combinato?
certo, dormo. e leggo. e sto sul divano. la mia vita, quella di sempre. proprio quella però che mi faceva sentire nulla. perché io no, non me la sento di uscire il weekend, ho paura dell’ansia della gente di fare tardi e lui invece deve andare a lavorare e se trova traffico?
e i miei amici della corsa, non li scrivo tutti ma lo sapete chi siete, loro non mi hanno lasciato la mano mai. purtroppo a volte non è abbastanza.
cosa ho per far passare le settimane? quando cammino un po’ e sento ancora male cosa ho per dire che non importa? e ogni giorno vorrei urlare come quando ero su là in cima, aiutatemi, vi prego.
e kilian jornet che c’entra? c’entra, perché lui quando si è infortunato non ha mollato, e io invece vorrei tantissimo.
è facile sorridere e dire che sì, ho pazienza, e che sì, sono cose che succedono. e che dai, tanto mica dovevo fare le olimpiadi, chissenefrega se sto un po’ ferma, mi riposo.
però, no, non è vero.
kilian, tienimi la mano. portami in cima a questa salita ti prego. per la discesa poi mi arrangio te lo prometto.