L’arte buddhista
L’arte buddhista nasce intorno al 600 a. C. Lo scopo era la diffusione della storia e dell’insegnamento del Buddha, maestro spirituale del buddhismo, religione che si diffuse dall’India settentrionale in tutta l’Asia centrale e orientale.
L’arte buddhista: breve storia
Nei primi secoli, gli artisti raccontarono la vita del Buddha senza rappresentarlo in forma umana, ma richiamandolo con una simbologia misterica: un fiore, un’impronta o uno spazio vuoto. Inoltre, lo studio delle opere avrebbe dovuto, attraverso la comprensione della simbologia in esse racchiusa, portare all’illuminazione dei fedeli.
L’arte buddhista aveva infatti lo scopo, come l’arte sacra in generale, di indottrinare i fedeli sulla storia che rappresentava e nella maggior parte delle opere veniva rappresentata la vita del Buddha. Ma non solo. L’arte aveva anche il compito di sviluppare e stimolare l’attenzione dei fedeli verso un percorso spirituale che avrebbe dovuto portarli ad una maggiore consapevolezza degli insegnamenti del Buddha.
Verso la fine del I secolo d. C. vennero realizzate le prime opere in cui il Buddha veniva raffigurato come un uomo. Gli artisti del tempo presero spunto dall’arte greca e dalla scultura e pittura di epoca romana. Infatti, il Buddha veniva spesso raffigurato come un dio greco e con acconciature e fattezze mediterranee. In seguito, ci furono delle differenze interpretative nel modo di raffigurare il Buddha. Ad esempio, nell’India settentrionale vennero create opere in cui il Buddha, benché fosse sempre circondato dalla simbologia tradizionale, appariva pervaso dalla serenità e veniva raffigurato nella posizione del loto con le mani giunte e gli occhi verso il basso. L’abito era una toga che circondava il corpo e la spalla sinistra. Nell’India meridionale, invece, il Buddha veniva raffigurato con un atteggiamento più serioso e la toga copriva la spalla destra.
Simbologia dell’arte buddhista
La simbologia utilizzata dagli artisti manteneva sempre alcuni punti di riferimento, in modo tale che lo spettatore potesse ritrovare, in tutte le opere, alcuni aspetti che ne contraddistinguevano lo scopo. I simboli che venivano ripetuti erano gli occhi, i quali emanavano uno sguardo di serenità e saggezza, il fiore di loto, che ricordava il percorso spirituale che ogni fedele doveva intraprendere per raggiungere l’illuminazione, la svastica che rappresentava il benessere e il parasole che spesso veniva utilizzato, prima che venisse introdotta la figura umana del Buddha, come una sorta di protezione dalla sfortuna e da tutto ciò che impedisce di arrivare all’illuminazione e che è fonte di distrazione per la meditazione.
La simbologia comune alle opere buddhiste non si limitava alla raffigurazione ma venivano utilizzati anche alcuni colori, che simbolicamente dovevano rappresentare per i fedeli un significato univoco. Il bianco, ad esempio, rappresenta la conoscenza, il blu la profonda saggezza meditativa e il verde la forza e l’energia spirituale e fisica.
Un altro canone abbastanza comune nell’arte buddhista era la rappresentazione dei Bodhisattva, esseri illuminati che cercavano di diventare come Buddha e che pertanto dedicavano la loro vita alla ricerca dell’illuminazione attraverso l’altruismo e la meditazione. Venivano rappresentati come giovani belli e appagati, il cui volto esprimeva serenità e beatitudine.