Differenza tra separazione e divorzio
Oggigiorno si parla spesso di coppie che si separano e che divorziano. Dai recenti dati statistici infatti, ben tre famiglie su dieci si sfasciano. Il problema è molto più complesso del previsto. Molto spesso si fa confusione sui due termini: divorzio e separazione.
La “separazione” è solo una situazione considerata transitoria, l’iter dura per ben tre anni a detta di legge e, finché si è solo separati, si è ancora di fatto e di diritto coniugi. La separazione non sospende il matrimonio tra i due coniugi ma solo gli effetti, nell’attesa o di una riconciliazione o di un’eventuale provvedimento di divorzio.
Esistono diverse tipologie di separazioni: quella di fatto, che prevede l’allontanamento spontaneo di uno dei coniugi per volontà unilaterale, o per accordo, ma senza l’intervento di un Giudice, o quella legale (consensuale o giudiziale) che rappresenta una delle condizioni (la più frequente) per poter procedere poi al divorzio.
Durante il periodo della separazione, i coniugi sono ancora a tutti gli effetti marito e moglie e non perdono gli effetti civili. Inoltre si può ritornare sui propri passi qualora i due coniugi cambiassero idea.
Diverso è invece il “divorzio”. Introdotto e disciplinato dalla legge 1.12.1970 n. 898, prevede lo scioglimento del rapporto matrimoniale e la cessazione degli effetti civili (nel caso si tratti di un matrimonio concordatario che era stato celebrato con rito cattolico o di altra religione riconosciuta dalla Stato italiano).
Decadono completamente gli effetti del matrimonio, che riguardano la sfera personale della persona (uso del cognome del marito, presunzione di concepimento, ecc.), sia quella patrimoniale.
Solo dopo la sentenza di divorzio, si può procedere eventualmente a seconde nozze. Il divorzio può essere chiesto immediatamente da uno dei coniugi (o da entrambi in caso di ricorso congiunto), se uno dei due risulta, per esempio, condannato per una serie di reati anche qualora il coniuge sia poi stato assolto dall’aver commesso i reati e se la convivenza tra i due coniugi risulta insostenibile; tra gli altri casi: se il rapporto matrimoniale non è stato consumato, in caso di eventuale cambio di sesso, (sentenza di ratificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982 n. 164) e se il coniuge è straniero ed ha già ottenuto l’annullamento del rapporto matrimoniale all’estero.