Intervista ad Andrea Apollonio

Andrea Apollonio. Pugliese, 25 anni, laureato cum laude in Giurisprudenza. E’ studioso dei fenomeni mafiosi in Italia e all’estero, soggiornando regolarmente presso università straniere e istituzioni europee. E’ giornalista opinionista per numerose testate, scrive sul suo blog Civesalentini.com. Nel 2010 pubblica “Sacra corona unita”, volume che ottiene un importante riscontro di pubblico e che promuove in conferenze e incontri in tutta Italia.

Andrea Apollonio
Andrea Apollonio

Inoltre, con questo libro, che si addentra con metodo e analisi all’interno del mondo mafioso pugliese, l’autore è stato presente in molte trasmissioni televisive nazionali, oltre ad aver preso parte a diversi incontri con gli alunni delle scuole, non solo nella sua regione. Collabora inoltre con il Quotidiano di Puglia. A marzo 2012 pubblica il suo nuovo libro, dal titolo “Cosa Nuova. Viaggio nei feudi della ‘Ndrangheta con lo Squadrone Cacciatori”, edito dalla storica casa calabrese Pellegrini Editore. Intervistato in materia di mafia e criminalità, Andrea Apollonio ha risposto ad alcune domande specifiche, in qualità di esperto.

Due libri, uno pubblicato e molto apprezzato, l’altro stampato a marzo 2012. Il primo sulla “Sacra corona unita”, fenomeno perlopiù pugliese, almeno a quanto superficialmente si sa. Il secondo, incentrato sulla ‘Ndrangheta calabrese. Quali differenze hai riscontrato tra i due universi criminali, così lontani e vicini allo stesso tempo?

Sono effettivamente due mafie molto diverse. La ‘Ndrangheta è attualmente la mafia più forte e strutturata al mondo. Visitandone i luoghi ed i santuari, si ha la percezione che sia invincibile. Ovviamente non lo è, perché nessuna mafia lo può essere, ma è davvero coriacea, impenetrabile. La Scu ha invece una natura più ambigua, meno percepibile. Alcuni credono sia scomparsa del tutto: io stesso ho sostenuto che una delle ragioni di sopravvivenza dell’organizzazione pugliese fosse il contrabbando, oggi debellato. A riguardo, il dibattito tra gli studiosi è aperto.

Che tipo di riscontri hai trovato da parte del pubblico, durante le presentazioni della tua inchiesta sulla Sacra corona? E, soprattutto, i giovani, i ragazzi delle scuole, come reagiscono dinanzi ad un fenomeno che sembra essere sempre così lontano, ma che non lo è mai del tutto?

Sono rimasto molto colpito dalle reazioni dei ragazzi nelle scuole e da quelli che sono venuti a trovarmi in libreria. Ho notato un grande interesse verso le logiche economiche ed imprenditoriali che oggi muovono le mafie, dalla più piccola alla più importante. Questo è fondamentale. Oggi i giovani sono disorientati: si parla tanto di mafia, quando poi per le strade quasi non si spara più. Il compito indegno e ingrato di chi si occupa di tali fenomeni è proprio questo: far capire, nella maniera più semplice e intuitiva, cosa siano diventate oggi le mafie. E non a caso, ho scelto di titolare il mio libro “Cosa Nuova”.

Nel nuovo libro, hai lavorato gomito a gomito con i carabinieri dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria (giornalisticamente noti come “baschi rossi”). Che tipo di esperienza è stata?

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Unica. Perché loro sono i veri “campioni” dello Stato nella lotta alla ‘Ndrangheta in Calabria. E l’unico modo per poter comprendere le sensazioni fortissime che ho provato è leggere il libro. Non lo dico per “promozione” editoriale: devi leggere le storie che li riguardano, per capire chi sono i Cacciatori di Calabria. Io ho avuto l’immensa fortuna di ascoltarle e viverle, quelle storie, e ho ritenuto giusto che tutti gli altri le sapessero. Tanto che il primo titolo immaginato con l’Editore era “Per tutti gli altri”. Molto indicativo, direi.

Definisci la ‘Ndrangheta una mafia invincibile e nuova. Perché? E, soprattutto, come si fa a lottare e sconfiggere qualcosa che uno studioso come te definisce in questi termini?

Come detto, nessuna mafia è invincibile. Anche se, è un dato di fatto, alcune di esse insistono da secoli sui territori di appartenenza. Credo che grandi passi siano stati fatti, e la Puglia può essere presa ad esempio come regione che ha deciso di espellere dal suo tessuto sociale il malcostume mafioso. Perché la mafia è una questione di cultura “deviata”, che si decide di accettare, o di rifiutare in toto. In Calabra, ho notato proprio questa voglia di rinascita, e di rifiuto.

In relazione alla tua recente esperienza presso il Parlamento europeo. Che percezione hanno all’estero (tanto studiosi e colleghi, quanto politici e persone della società civile) dei fenomeni mafiosi e criminali italiani?

La percezione è netta, la consapevolezza è assoluta. Non più di un mese fa, il Parlamento ha organizzato una conferenza sul potere delle mafie in Europa: un evento del genere sarebbe stato impensabile una decina di anni fa. Del resto, posso affermare per esperienza diretta che all’Europarlamento vi sono personalità politiche lungimiranti e preparate, molto attente alle esigenze del territorio. Da Bruxelles, si possono dare risposte concrete al problema della criminalità organizzata: qui la politica fa la sua parte.

Come giudichi il lavoro fatto da parte dell’ultimo governo contro il fenomeno mafioso?

Credo sia necessaria un’operazione di verità, e smetterla con la demagogia. Il Governo precedente ha fatto il suo, così come ha fatto quello che l’ha preceduto e come sta facendo quello attuale. Non sono d’accordo con chi critica incondizionatamente. La lotta alla mafia richiede tempo, e non sono i Governi a gestirla (meglio, non del tutto), ma le amministrazioni locali (le cellule “politiche” più vicine al cittadino), le procure inquirenti e le forze di intelligence sul territorio.  Il Governo può dare atti d’impulso, e legiferare, nulla di più. Ma, da “giurista”, posso dire che la legislazione antimafia è già abbastanza violenta, talvolta persino ingiusta. Credo il mio prossimo scritto riguarderà proprio le leggi antimafia: anzi, l’ho già cominciato.

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