L’assassinio di Guido Rossa
Negli anni Settanta la lotta armata scuote la vita sociale e politica dell’Italia, e le ripercussioni sono notevoli in ogni settore. A Genova, nel 1974, si costituisce la colonna genovese delle Brigate Rosse, guidata da Rocco Micaletto. Tra i militanti aderenti all’organizzazione vi sono: Riccardo Dura, Fulvia Maglietta, Francesco Lo Bianco e Livio Bistrocchi. Si può ben dire che l’attività della colonna genovese, portata avanti per circa quindici anni, termina proprio con l’uccisione dell’operaio Guido Rossa, che avviene il 24 gennaio 1979.
Guido Rossa è un operaio dell’Italsider, ed è un fervido sindacalista aderente al Pci e alla CGIL. Durante le ore di lavoro, si accorge che un collega distribuisce volantini di propaganda delle Brigate Rosse. All’interno dell’armadietto, che viene perquisito, Berardi conserva documenti e copie di rivendicazioni da parte di brigatisti: la sua appartenenza all’organizzazione è inconfutabile. A differenza di altri, che pur vedono ciò che succede senza parlare, Guido Rossa decide coraggiosamente di esporre denuncia contro Francesco Berardi, suo compagno di lavoro. Alla denuncia segue anche un processo, cui Rossa partecipa in qualità di testimone.
In questi anni nelle fabbriche le Brigate Rosse raccolgono un gran numero di simpatizzanti, ed è in tali ambienti in particolare che si diffonde lo slogan “Né con lo Stato, né con le BR”. Guido Rossa firma la denuncia contro Berardi, ma è subito consapevole di essere in pericolo, esposto alla vendetta dei brigatisti. Francesco Berardi intanto prova a fuggire ma viene arrestato: subito si dichiara prigioniero politico.
Condannato a quattro anni e mezzo di reclusione, l’operaio muore suicidandosi in carcere. Nei primi tempi seguenti l’arresto di Berardi a Guido Rossa viene offerta una scorta, alla quale però lui stesso rinuncia poco dopo. A proteggerlo durante gli spostamenti sono due operai dell’Italsider, che lo fanno volontariamente.
All’alba del 24 gennaio, come ogni giorno, Guido Rossa esce di casa per andare al lavoro. Mentre sta per mettere in moto la macchina, il finestrino va in frantumi e viene raggiunto da un colpo di pistola. A questo ne seguono altri, a raffica. Rimasto ferito, uno degli aggressori si avvicina per sparargli il colpo di grazia. E’ la prima volta che le Brigate Rosse uccidono un operaio militante nel Partito Comunista. La morte di Guido Rossa, definito da tutti come una persona umile ma con il carisma di un leader, lascia il segno in quegli anni di piombo, tanto che alle esequie vi partecipano circa duecento mila persone, compreso il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Quali sono le conseguenze dell’omicidio di Guido Rossa?
Le BR uccidono Guido Rossa perché, avendo denunciato un infiltrato brigatista in fabbrica, crea un rischioso precedente che potrebbe ripetersi altrove. La reazione dei brigatisti, quindi, deve essere immediata e soprattutto violenta. Poiché colpisce un esponente di sinistra, la reazione di sindacati e partiti appartenenti a questa corrente è molto forte. Secondo le testimonianze acquisite durante il processo, pare che l’iniziale intenzione delle BR è di gambizzare l’operaio senza ucciderlo.
E’ Riccardo Dura, capo dell’organizzazione genovese, a tornare indietro ed esplodere il colpo mortale a Guido Rossa. Dopo l’omicidio l’organizzazione delle BR viene messa pesantemente in discussione dai suoi stessi partecipanti, perché sembra che la decisione di uccidere Rossa sia solo di una persona, e non frutto di una precisa volontà politica. La biografia di Guido Rossa viene documentata in una pellicola cinematografica curata dal regista Giuseppe Ferrara. Il titolo del film è: “Guido che sfidò le Brigate Rosse”.
Al ricordo dell’operaio ucciso dalle Brigate Rosse sono state dedicate scuole, piazze e monumenti. Guido Rossa è un esempio di impegno civico e coraggio che va ricordato, un modello di vita cui dovrebbe ispirarsi sempre chi lavora nelle istituzioni e crede nei valori della libertà e della democrazia.
Oltre ad essere un fervente sindacalista, Guido Rossa è un alpinista di nota fama che, ad un certo punto, decide di mettere da parte la sua passione sportiva per dedicarsi al lavoro all’interno delle fabbriche.